Il
Vangelo dello
Pseudo Matteo
[1.1] I genitori
di Maria. In
quei giorni
c'era a
Gerusalemme un
uomo di nome
Gioacchino,
della tribù di
Giuda. Pascolava
le sue pecore e
temeva il
Signore con
semplicità e
bontà.
All'infuori dei
suoi greggi non
aveva altra
preoccupazione;
da essi nutriva
tutti i timorati
di Dio, e
offriva il
doppio a coloro
che lo servivano
faticando nella
dottrina. Degli
agnelli, delle
pecore, della
lana e di tutte
le altre cose
che possedeva,
egli faceva tre
parti: una parte
la dava agli
orfani, alle
vedove, ai
pellegrini e ai
poveri; la
seconda parte la
dava alle
persone
consacrate al
culto di Dio; la
terza parte la
riservava per sé
e per casa sua.
[1.2] Mentre
egli così agiva,
il Signore gli
moltiplicava i
greggi, sicché
nel popolo
d'Israele non
c'era uomo come
lui. Aveva
iniziato a
comportarsi così
dall'età di
quindici anni. A
vent'anni, prese
in moglie Anna,
figlia di Achar
della sua tribù,
cioè della tribù
di Giuda, della
stirpe di
Davide. Ma pur
avendo
convissuto con
lei per
vent'anni, da
lei non ebbe
figli, né
figlie.
[2.1] E avvenne
che nei giorni
festivi, tra
quanti offrivano
incenso al
Signore si
trovasse pure
Gioacchino a
preparare le sue
offerte alla
presenza del
Signore. Un
sacerdote di
nome Ruben,
avvicinatosi,
gli disse: "Non
ti è lecito
stare tra quelli
che offrono
sacrifici a Dio,
poiché Dio non
ti ha benedetto
dandoti una
discendenza in
Israele". Pieno
di vergogna
davanti al
popolo si
allontanò
piangendo dal
tempio del
Signore; e non
ritornò a casa,
ma si recò dalle
sue bestie
portando con sé,
nei monti, i
pastori in una
terra lontana; e
così per cinque
mesi Anna, sua
moglie, non pot‚
avere sue
notizie.
[2.2] Essa
piangendo nella
sua preghiera
diceva:
"Signore, Dio
santissimo di
Israele, non mi
hai dato figli,
e perché mi hai
tolto il marito?
Ecco che sono
già due mesi che
non vedo mio
marito. Non so
neppure se è
morto! Se lo
sapessi morto
gli darei la
sepoltura".
Mentre piangeva
abbondantemente,
entrò nell'orto
di casa sua, si
prostrò in
preghiera, e
innalzò
suppliche
davanti al
Signore. Poi,
levatasi dalla
preghiera, alzò
gli occhi a Dio
e vide un nido
di passeri su di
un albero di
alloro;
sospirando, levò
una voce al
Signore dicendo:
"Signore Dio
onnipotente che
hai dato figli a
ogni creatura,
alle bestie e ai
giumenti, agli
animali
domestici, agli
uccelli e ai
pesci, e tutti
gioiscono dei
loro figli, solo
me hai escluso
dal dono della
tua bontà. Tu
Dio conosci il
mio cuore e sai
che all'inizio
del mio
matrimonio ho
fatto voto che,
qualora tu, Dio,
mi avessi dato
un figlio o una
figlia, te li
avrei offerti
nel tuo tempio
santo".
[2.3] Mentre
diceva queste
cose,
improvvisamente
le apparve
davanti un
angelo del
Signore,
dicendo: "Non
temere, Anna,
poiché la tua
discendenza è
nel consiglio di
Dio: infatti ciò
che nascerà da
te, susciterà
l'ammirazione
per tutti i
secoli fino alla
fine". Ciò
detto, si
allontanò dai
suoi occhi.
Tremante e
timorosa per
aver visto
questa visione e
udito il
discorso, entrò
in camera, si
gettò sul letto
mezza morta e
rimase giorno e
notte in gran
timore e in
preghiera.
[2.4] Chiamò poi
la sua ragazza e
le disse: "Tu mi
vedi delusa e
angosciata per
la vedovanza, e
non hai voluto
venire da me?".
Con un leggero
sussurro lei
rispose: "Se Dio
ti ha chiuso
l'utero e ha
tolto da te il
marito, che cosa
ti posso fare
io?". Udito
questo, Anna
emise un grido e
pianse.
[3.1] Nello
stesso tempo,
mentre
Gioacchino era
sui monti ove
pasceva i suoi
greggi, gli
apparve un
giovane e gli
disse: "Perché
non ritorni da
tua moglie?".
Rispose: "L'ho
avuta per
vent'anni e Dio
non mi volle
concedere figli
da lei. Io
quindi, dopo che
questo mi fu
rinfacciato, mi
allontanai dal
tempio del
Signore con
grande vergogna.
Perché dovrei
ritornare da
lei, una volta
che sono stato
respinto e
disprezzato?
Resterò qui con
le mie pecore
fino a quando il
Dio di questo
mondo mi vorrà
concedere la
luce. Per mezzo
dei miei servi
darò
generosamente ai
poveri, agli
orfani, e alle
persone addette
al culto di
Dio".
[3.2] Allorché
egli finì di
parlare, il
giovane gli
rispose: "Io
sono un angelo
di Dio e oggi
sono apparso a
tua moglie
piangente e
orante, e l'ho
consolata; sappi
che dal tuo seme
concepì una
figlia e tu
l'hai lasciata
ignorandola.
Questa starà nel
tempio di Dio;
su di lei
riposerà lo
Spirito santo;
la sua
beatitudine sarà
superiore a
quella di tutte
le donne sante;
nessuno potrà
dire che prima
di lei ce ne sia
stata un'altra
uguale: e in
questo mondo,
dopo di lei
un'altra non ci
sarà. Discendi
perciò dai
monti, ritorna
dalla tua sposa
e troverai che è
in stato
interessante.
Dio infatti ha
suscitato in lei
un seme, del
quale devi
ringraziarlo. Il
suo seme sarà
benedetto, e lei
stessa sarà
benedetta e sarà
costituita madre
di una
benedizione
eterna".
[3.3] Dopo avere
adorato
l'angelo,
Gioacchino gli
disse: "Se ho
trovato grazia
davanti a te,
siediti un po'
nella mia tenda
e benedici il
tuo servo".
L'angelo gli
rispose: "Non
dirti servo, ma
conservo; siamo
infatti servi di
uno stesso
Signore. Ma il
mio cibo è
invisibile e la
mia bevanda non
può essere vista
da alcun
mortale. Perciò
non mi devi
pregare di
entrare nella
tua tenda. Se
hai intenzione
di darmi
qualcosa,
offrila in
olocausto al
Signore".
Gioacchino prese
allora un
agnello
immacolato e
disse
all'angelo: "Non
avrei osato
offrire un
olocausto al
Signore se il
tuo ordine non
mi avesse dato
il potere
sacerdotale per
offrirlo".
L'angelo gli
rispose: "Non ti
avrei invitato
ad offrire, se
non avessi
conosciuto la
volontà del
Signore". Mentre
Gioacchino
offriva il
sacrificio a
Dio, salirono in
cielo sia
l'angelo sia il
profumo del
sacrificio.
[3.4] Allora
Gioacchino cadde
bocconi, e
rimase in
preghiera
dall'ora sesta
fino alla sera.
I servi e i
mercenari che
erano con lui,
vedendolo e
ignorando il
motivo per cui
giaceva,
pensavano che
fosse morto; si
avvicinarono a
lui, a stento lo
sollevarono da
terra. Dopo che
narrò ad essi la
visione
angelica, spinti
da grande timore
e ammirazione lo
esortarono
affinché, senza
indugio,
portasse a
compimento la
visione
dell'angelo
tornando
prontamente alla
sua moglie.
Mentre
Gioacchino
soppesava in
cuor suo se
ritornare o
meno, fu preso
da un sopore e
vide in sogno
l'angelo, che
gli era apparso
quand'era
sveglio, e che
gli disse: "Io
sono l'angelo
che Dio ti ha
dato per
custode:
discendi sicuro
e ritorna da
Anna, poiché le
opere di
misericordia che
avete fatto tu e
tua moglie Anna
sono state
riferite al
cospetto
dell'Altissimo.
Dio darà a voi
un frutto che
fin dall'inizio
non ebbero mai i
profeti né mai
avrà santo
alcuno".
Destatosi dal
sonno,
Gioacchino
chiamò a sé
tutti i servi e
mercenari e
indicò loro il
suo sogno. Essi
adorarono il
Signore e gli
dissero: "Guarda
di non
trascurare oltre
le parole
dell'angelo.
Piuttosto
alzati, partiamo
di qui e
ritorniamo
lentamente
facendo
pascolare i
greggi".
[3.5] Dopo che
da trenta giorni
erano in cammino
per ritornare e
ormai vicini
all'arrivo,
l'angelo del
Signore apparve
ad Anna mentre
se ne stava
ritta in
preghiera, e le
disse: "Va ora
alla porta che è
detta Aurea,
fatti incontro a
tuo marito, oggi
infatti verrà da
te". Svelta essa
gli corse
incontro con le
sue ragazze e,
supplicando il
Signore, restò
in lunga attesa
presso la porta.
Quando ormai per
la prolungata
attesa lei stava
venendo meno,
alzò gli occhi e
vide lontano
Gioacchino che
veniva con le
bestie. Gli
corse incontro,
si appese al suo
collo rendendo
grazie a Dio e
dicendo: "Ero
vedova ed ecco
non lo sono più;
ero sterile ed
ecco ho già
concepito".
Quindi dopo
avere adorato il
Signore,
entrarono. A
questa notizia,
grande fu la
gioia di tutti i
suoi vicini e
amici, sicché
tutta la terra
d'Israele si
rallegrò di
questa notizia.
[4.1] Natività e
infanzia di
Maria. Passati
nove mesi, Anna
partorì una
figlia e la
chiamò Maria. Al
terzo anno, dopo
averla slattata,
Gioacchino e
Anna sua moglie
andarono insieme
al tempio del
Signore per
offrire a Dio
delle vittime e
affidarono la
bimbetta di nome
Maria al
collegio delle
vergini; qui le
vergini
restavano giorno
e notte nelle
lodi a Dio.
Giunta davanti
alla facciata
del tempio,
Maria salì
velocemente i
quindici gradini
senza neppure
voltarsi
indietro né -
come suole fare
l'infanzia -
darsi pensiero
dei genitori.
Perciò i
genitori si
affrettarono
entrambi
stupiti, e
cercarono la
bambina fino a
quando la
trovarono nel
tempio. Anche i
pontefici del
tempio si erano
meravigliati.
[5.1] Allora,
Anna, ripiena di
Spirito santo,
alla presenza di
tutti disse: "Il
Signore, Dio
degli eserciti,
ricordatosi
della sua
parola, ha
visitato il suo
popolo con una
visita buona e
santa per
rendere umili i
loro cuori e
rivolgerli a sé.
Ha aperto le sue
orecchie alle
nostre preghiere
e ha allontanato
da noi la gioia
di tutti i
nostri nemici.
La sterile è
diventata madre
e ha partorito
l'esultanza e la
gioia di
Israele. Ecco i
doni da offrire
al mio Signore;
i miei nemici
non hanno potuto
vietarmelo. Dio
volse il loro
cuore verso di
me e mi ha dato
un gaudio
sempiterno".
[6.1] Maria
destava
l'ammirazione di
tutto il popolo
di Israele.
All'età di tre
anni, camminava
con un passo
così maturo,
parlava in un
modo così
perfetto, si
applicava alle
lodi di Dio così
assiduamente che
tutti ne
restavano
stupiti e si
meravigliavano
di lei. Essa non
era considerata
una bambinetta,
ma una persona
adulta; era
tanto assidua
nella preghiera,
che sembrava una
persona di
trent'anni. Il
suo volto era
così grazioso e
splendente che a
stento la si
poteva guardare.
Era assidua nel
lavoro della
lana; e nella
sua tenera età,
spiegava quanto
donne anziane
non riuscivano a
capire.
[6.2] Si era
imposta questo
regolamento:
dalla mattina
sino all'ora
terza attendeva
alla preghiera;
dall'ora terza
alla nona si
occupava nel
lavoro tessile;
dalla nona in
poi attendeva
nuovamente alla
preghiera. Non
desisteva dalla
preghiera fino a
quando non le
appariva
l'angelo di Dio,
dalla cui mano
prendeva cibo:
così sempre più
e sempre meglio
progrediva nel
servizio di Dio.
Inoltre, mentre
le vergini più
anziane si
riposavano dalle
lodi divine,
essa non si
riposava mai, al
punto che nelle
lodi e nelle
vigilie non
c'era alcuna
prima di lei,
nessuna più
istruita nella
conoscenza della
Legge, nessuna
più umile
nell'umiltà, più
aggraziata nei
canti, più
perfetta in ogni
virtù. Era
costante, salda,
immutabile e
progrediva in
meglio ogni
giorno.
[6.3] Nessuno la
vide adirata né
l'udì maledire.
Ogni suo parlare
era così pieno
di grazia che si
capiva come
sulle sue labbra
c'era Dio.
Assidua nella
preghiera e
nella
meditazione
della Legge, nel
parlare era
attenta a non
mancare verso le
compagne.
Vigilava inoltre
a non mancare in
alcun modo con
il riso, con il
tono della bella
voce, con
qualche
ingiuria, con
alterigia verso
una sua pari.
Benediceva Dio
senza posa, e
per non
desistere dalle
lodi a Dio
neppure nel suo
saluto, quando
era salutata
rispondeva: "Deo
gratias".
Quotidianamente
si nutriva
soltanto con il
cibo che
riceveva dalla
mano
dell'angelo; il
cibo che le
davano i
pontefici lo
distribuiva ai
poveri.
Frequentemente
si vedevano gli
angeli di Dio
parlare con lei
e obbedirle
diligentemente.
Se qualche
malata la
toccava, nello
stesso istante
se ne tornava a
casa salva.
[7.1] Il
sacerdote
Abiatar presentò
ai pontefici un
numero infinito
di doni per
prenderla come
sposa di suo
figlio. Maria li
respinse
dicendo: "Non
può essere che
io conosca un
uomo o che un
uomo conosca
me". I pontefici
e tutti i suoi
parenti le
dicevano: "Dio
si venera nei
figli e si adora
nei discendenti,
come è sempre
stato in
Israele". Maria
tuttavia
rispondeva
dicendo: "Dio si
venera nella
castità come
risulta provato
dall'inizio.
Prima di Abele
infatti tra gli
uomini non vi fu
alcun giusto ed
egli piacque a
Dio a motivo
delle offerte e
fu spietatamente
ucciso da colui
che a lui non
era piaciuto.
Ricevette dunque
due corone,
quella
dell'offerta e
quella della
verginità non
avendo mai
ammesso una
macchia sulla
sua carne. Elia
invece, essendo
in carne, fu
assunto in
carne, poiché
aveva custodito
vergine la sua
carne. Io poi
dalla mia
infanzia, nel
tempio di Dio,
ho appreso che
la verginità può
essere assai
gradita a Dio. E
poiché posso
offrire qualcosa
di gradito a
Dio, in cuor mio
ho stabilito di
non conoscere
assolutamente
uomo".
[8.1] Maria va
sposa a
Giuseppe.
Avvenne che al
quattordicesimo
anno di età, i
farisei ebbero
l'occasione di
fare rilevare
come, per
consuetudine,
una donna di
quell'età non
poteva più
restare nel
tempio. Fu presa
allora la
decisione di
inviare un
banditore di
tutte le tribù
di Israele,
affinché, nel
giorno terzo,
tutti si
radunassero nel
tempio del
Signore. Quanto
tutto il popolo
fu radunato, si
alzò il
pontefice
Abiatar e salì
sul gradino più
alto per essere
udito e veduto
da tutto il
popolo. Fattosi
un gran
silenzio, disse:
"Figli di
Israele uditemi,
prestate
orecchio alle
mie parole. Da
quando questo
tempio fu
edificato da
Salomone, in
esso ci sono
state figlie
vergini di re e
figlie di
profeti, di
sommi sacerdoti
e di pontefici:
sono cresciute
grandi e
ammirevoli. Ma
giunte all'età
legale hanno
preso marito
seguendo la
consuetudine di
quelle che le
avevano
precedute, e
sono piaciute a
Dio. Soltanto
Maria ha trovato
un modo nuovo di
vivere
promettendo a
Dio di
mantenersi
vergine. Mi pare
dunque che per
mezzo di una
nostra domanda e
della risposta
di Dio potremmo
conoscere a chi
dobbiamo
affidarne la
custodia".
[8.2] Questo
discorso piacque
a tutta
l'adunanza. E
dai sacerdoti si
gettò la sorte
sopra le dodici
tribù e la sorte
cadde sulla
tribù di Giuda.
Il sacerdote
allora disse:
"Chiunque non ha
moglie, venga
domani e porti
in mano un
bastone".
Avvenne così che
Giuseppe,
insieme ai
giovani, portò
un bastone.
Dettero i loro
bastoni al sommo
pontefice,
questi offrì un
sacrificio al
Signore Dio e lo
interrogò. Il
Signore gli
rispose:
"Introduci i
bastoni di tutti
nel santo dei
santi; i bastoni
restino lì.
Ordina poi loro
che vengano da
te domani a
riprendere i
loro bastoni;
dalla cima di un
bastone uscirà
una colomba e
volerà in cielo.
Maria sarà data
in custodia a
colui nella cui
mano il bastone
restituito darà
questo segno".
[8.3] Il giorno
dopo tutti
giunsero assai
presto. Il
pontefice,
compiuta
l'offerta
dell'incenso,
entrò nel santo
dei santi e
trasse fuori i
bastoni.
Distribuitili
tutti, da nessun
bastone uscì la
colomba. Il
pontefice si
rivestì allora
con i dodici
campanelli e con
la veste
sacerdotale,
entrò nel santo
dei santi,
accese il
sacrificio ed
elevò preghiere.
Apparve l'angelo
del Signore e
gli disse: "C'è
qui un bastone
piccolissimo,
del quale tu non
hai fatto caso
alcuno, l'hai
messo con gli
altri, ma non
l'hai tirato
fuori con essi.
Quando l'avrai
tirato fuori e
dato a colui al
quale
appartiene, in
esso si avvererà
il segno del
quale ti ho
parlato". Quello
era il bastone
di Giuseppe il
quale, essendo
vecchio, era
avvilito di non
poterla
prendere; perciò
neppure lui
voleva ricercare
il suo bastone.
Mentre se ne
stava umile e
ultimo, il
pontefice con
voce chiara gli
gridò:
"Giuseppe, vieni
e prendi il tuo
bastone, tu
infatti sei
atteso".
Giuseppe,
spaventato che
il sommo
sacerdote lo
chiamasse con
tanto clamore,
si accostò. Non
appena tese la
mano e ricevette
il bastone,
dalla cima uscì
fuori una
colomba più
bianca della
neve e
straordinariamente
bella: dopo
avere volato a
lungo per le
sommità del
tempio, si
lanciò verso il
cielo.
[8.4] Tutto il
popolo allora si
congratulò con
il vecchio,
dicendo: "Nella
tua vecchiaia
sei stato fatto
beato, o padre
Giuseppe, tanto
che Dio ti ha
indicato degno
di ricevere
Maria". Quando i
sacerdoti gli
dissero:
"Prendila! In
tutta la tribù
di Giuda,
infatti, tu solo
sei stato scelto
da Dio",
Giuseppe prese a
venerarli con
vergogna,
dicendo: "Sono
vecchio e ho
figli, perché mi
affidate questa
bimbetta la cui
età è inferiore
a quella dei
miei nipoti?".
Allora, il sommo
pontefice
Abiatar gli
disse:
"Ricordati,
Giuseppe, che
Datan, Abiron, e
Core morirono
perché
disprezzarono la
volontà di Dio.
Così accadrà
pure a te se
disprezzerai
quanto ti è
ordinato da
Dio". Giuseppe
gli rispose: "Io
non disprezzo la
volontà di Dio,
sarò custode
fino a quando
saprò, secondo
la volontà di
Dio, quale dei
miei figli la
potrà avere in
moglie. Le si
diano alcune
vergini tra le
sue compagne,
con le quali
frattanto possa
passare il
tempo". Il
pontefice
Abiatar rispose:
"Per passare il
tempo, le
saranno date
cinque vergini
fino al giorno
stabilito nel
quale la
prenderai: non
potrà, infatti,
unirsi ad altri
in matrimonio".
[8.5] Allora
Giuseppe prese
Maria con le
cinque vergini
che dovevano
restare con lei
nella casa di
Giuseppe. Queste
vergini erano:
Rebecca, Sefora,
Susanna, Abigea
e Cael. Il
pontefice diede
ad esse seta,
giacinto, bisso,
scarlatto,
porpora e lino.
Tra esse,
trassero a sorte
che cosa ognuna
doveva fare: a
Maria toccò la
porpora per il
velo del tempio
del Signore.
Quando la prese,
le altre vergini
le dissero:
"Essendo tu
l'ultima, umile
e più piccola di
tutte hai
meritato di
ottenere la
porpora". Così
dicendo, quasi
per gioco,
iniziarono a
chiamarla regina
delle vergini.
Mentre tra di
loro facevano
questo, apparve
in mezzo a loro
l'angelo del
Signore e disse:
"Questa
espressione non
sarà un gioco,
bensì
l'espressione di
una verissima
profezia".
Spaventate dalla
presenza
dell'angelo e
dalle sue
parole, la
pregarono di
perdonarle e
pregare per
loro.
[9.1]
Annunciazione -
Maria incinta.
Il giorno dopo,
mentre Maria era
alla fontana a
riempire la
brocca, le
apparve un
angelo del
Signore, che le
disse: "Sei
beata, o Maria,
poiché nel tuo
utero hai
preparato una
abitazione per
il Signore. Ecco
che dal cielo
verrà la luce e
abiterà in te e,
per mezzo tuo,
risplenderà in
tutto il mondo".
[9.2] Di nuovo,
il terzo giorno,
mentre con le
sue dita
lavorava la
porpora, entrò
da lei un
giovane di
inesprimibile
bellezza.
Vedendolo, Maria
ebbe paura e
tremò. Ma egli
le disse: "Ave
Maria, piena di
grazia, il
Signore è con
te, benedetta tu
tra le donne e
benedetto il
frutto del tuo
seno". All'udire
ciò, tremò ed
ebbe paura.
Allora l'angelo
del Signore
proseguì: "Non
temere, o Maria.
Hai trovato
grazia presso
Dio: ecco che
concepirai
nell'utero e
genererai un re
che riempie non
soltanto la
terra, ma anche
il cielo, e
regna nei secoli
dei secoli".
[10.1] Mentre
accadevano
queste cose,
Giuseppe era
intento alla
edificazione di
padiglioni nelle
regioni vicino
al mare; era,
infatti,
falegname. Dopo
nove mesi
ritornò a casa
sua e trovò
Maria incinta.
Profondamente
angustiato tremò
e esclamò
dicendo:
"Signore Dio,
prendi il mio
spirito. Per me,
infatti, è
meglio morire
che vivere". Le
vergini che
erano con Maria
gli dissero:
"Che dici,
signor Giuseppe?
Noi sappiamo che
nessun uomo l'ha
toccata, noi
siamo testimoni
che in lei
restano purezza
e integrità. Noi
abbiamo vigilato
su di lei:
rimase sempre
con noi nella
preghiera;
angeli di Dio
parlano
quotidianamente
con lei; ogni
giorno ha
ricevuto il cibo
dalla mano del
Signore. Non
sappiamo come in
lei ci possa
essere un
qualche peccato.
Se vuoi che ti
confessiamo il
nostro sospetto,
non altri la
rese incinta se
non l'angelo del
Signore".
[10.2] Rispose
Giuseppe:
"Perché mi
lusingate
affinché io
creda che
l'angelo del
Signore l'ha
ingravidata? Può
essere che
qualcuno l'abbia
ingannata
fingendosi
angelo del
Signore". Così
dicendo
piangeva, e
aggiunse: "Con
qual fronte
oserò guardare
il tempio del
Signore, e con
quale faccia
vedrò i
sacerdoti di
Dio? Che farò
io?". Così
dicendo pensava
di fuggire o
allontanarla.
[11.1] Mentre
pensava di
allontanarsi, di
nascondersi e di
abitare in
luoghi deserti,
nella notte gli
apparve in sogno
un angelo del
Signore, e gli
disse:
"Giuseppe,
figlio di
Davide, non
temere di
prendere Maria
come tua moglie:
infatti, quanto
è nel suo utero,
proviene dallo
Spirito santo.
Partorirà un
figlio e il suo
nome sarà Gesù:
egli salverà il
suo popolo dai
suoi peccati".
Giuseppe,
alzatosi dal
sonno, rese
grazie a Dio e
narrò la sua
visione. Si
rallegrò a
proposito di
Maria, dicendo:
"Ho peccato
nutrendo dei
sospetti a tuo
riguardo".
[12.1] "L'acqua
della gelosia".
Dopo di questo
si diffuse la
notizia della
gravidanza di
Maria. Giuseppe
allora fu preso
dagli
inservienti del
tempio e con
Maria fu
condotto al
pontefice che,
insieme con i
sacerdoti, prese
a rimproverarlo,
dicendo: "Perché
hai ingannato
una vergine così
eccelsa, che fu
nutrita dagli
angeli di Dio
nel tempio, che
mai volle vedere
o avere un uomo,
che aveva
un'istruzione
ottima nella
Legge di Dio? Se
tu non le avessi
usato violenza,
ella sarebbe
rimasta nella
sua verginità".
Giuseppe
assicurò, con
giuramento, che
non l'aveva mai
neppure toccata.
Il pontefice
Abiatar gli
rispose:
"Quant'è vero
Dio, ti farò
portare ora
l'acqua della
bevanda del
Signore, e
subito si
svelerà il tuo
peccato".
[12.2] Si radunò
allora una
grande
moltitudine di
popolo, e Maria
fu condotta al
tempio.
Sacerdoti,
affini e
parenti,
piangevano
dicendo a Maria:
"Confessa ai
sacerdoti il tuo
peccato. Tu
infatti eri come
una colomba nel
tempio di Dio, e
ricevevi il cibo
dalla mano di un
angelo". Di
nuovo Giuseppe
fu chiamato
all'altare e gli
fu data l'acqua
della bevanda
del Signore: se
un bugiardo
l'avesse
gustata, dopo
avere compiuto
sette giri
attorno
all'altare,
avrebbe ricevuto
da Dio un
qualche segno
sulla faccia.
Giuseppe dunque
bevette sicuro,
compì i sette
giri attorno
all'altare, e in
lui non apparve
alcun segno di
peccato. Allora
tutti i
sacerdoti, gli
inservienti e la
folla lo
dichiararono
giusto,
esclamando: "Sei
stato
beatificato
perché in te non
fu trovata colpa
alcuna".
[12.3]
Chiamarono poi
Maria e le
dissero: "E tu
che scusa puoi
avere? Qual
segno può
apparire in te
che sia maggiore
della gravidanza
del tuo ventre?
Questa ti
tradisce. Poiché
Giuseppe è puro
a tuo riguardo,
a te domandiamo
che confessi chi
è colui che ti
ha tradito.
Poiché è meglio
che tu lo sveli
con la tua
confessione
piuttosto che
l'ira di Dio ti
manifesti
infedele in
mezzo al popolo
imprimendo un
segno sulla tua
faccia". Maria
allora,
intrepida, disse
con fermezza:
"Signore Dio, re
di tutti, tu
conosci i
segreti: se in
me vi è qualche
macchia o
peccato,
concupiscenza o
impudicizia,
manifestalo al
cospetto di
tutti i popoli
affinché per
tutti io diventi
esempio di
emendazione".
Così dicendo si
appressò
fiduciosa
all'altare del
Signore, bevve
l'acqua della
bevanda, fece
sette giri
intorno
all'altare, e in
lei non apparve
macchia alcuna.
[12.4] Il popolo
era fuori di sé
dallo stupore:
vedeva il ventre
gravido e non
scorgeva alcun
segno sulla di
lei faccia;
incominciò
allora un
subbuglio e un
parlare vario e
concitato.
Alcuni dicevano:
è santa e
immacolata;
altri invece: è
cattiva e
contaminata.
Maria allora
vedendosi
sospettata dal
popolo e
ritenuta non
totalmente
esente da colpa,
disse a voce
chiara per
essere sentita
da tutti:
"Quant'è vero
che vive il
Signore Adonai,
Signore degli
eserciti,
davanti al quale
sto, io non ho
mai conosciuto
uomo; sono
invece
conosciuta da
colui al quale
ho consacrato la
mia mente
dall'età della
mia infanzia.
Dalla mia
infanzia ho
fatto a Dio il
voto di restare
integra per
colui che mi ha
creato. Io ho
fiducia di
vivere solo per
lui, e di
servire solo
lui. Fino a
quando vivrò,
rimarrò in lui
senza alcuna
macchia". Tutti
allora presero a
baciare i suoi
piedi e ad
abbracciare le
sue ginocchia,
supplicandola di
perdonare i loro
cattivi
sospetti. La
folla, i
sacerdoti e
tutte le vergini
la condussero a
casa sua con
esultanza e
gioia grande,
gridando e
dicendo: "Sia
benedetto il
nome del Signore
nei secoli,
poiché ha
manifestato la
tua santità a
tutto il suo
popolo Israele".
[13.1] Nascita
di Gesù. Dopo un
certo periodo
accadde che si
facesse un
censimento a
motivo di un
editto di Cesare
Augusto, e tutta
la terra si fece
iscrivere,
ognuno nella sua
patria. Questo
censimento fu
fatto dal
preside della
Siria, Cirino.
Fu dunque
necessario che
Giuseppe, con
Maria, si
facesse
iscrivere a
Betlemme, poiché
Giuseppe e Maria
erano di qui,
della tribù di
Giuda e della
casata di
Davide. Mentre
Giuseppe e Maria
camminavano
lungo la strada
che conduce a
Betlemme, Maria
disse a
Giuseppe: "Vedo
davanti a me due
popoli, uno
piange e l'altro
è contento".
Giuseppe le
rispose:
"Stattene seduta
sul tuo giumento
e non dire
parole
superflue".
Apparve poi
davanti a loro
un bel giovane
vestito di abito
bianco, e disse
a Giuseppe:
"Perché hai
detto che erano
parole superflue
quelle dette da
Maria a
proposito dei
due popoli? Vide
infatti il
popolo giudaico
piangere,
essendosi
allontanato dal
suo Dio, e il
popolo pagano
gioire, perché
oramai si è
accostato e
avvicinato al
Signore, secondo
quanto aveva
promesso ai
padri nostri
Abramo, Isacco,
e Giacobbe: di
fatti, è giunto
il tempo nel
quale, nella
discendenza di
Abramo, è
concessa la
benedizione a
tutte le genti".
[13.2] Ciò
detto, l'angelo
ordinò di
fermare il
giumento,
essendo giunto
il tempo di
partorire;
comandò poi alla
beata Maria di
discendere
dall'animale e
di entrare in
una grotta sotto
una caverna
nella quale non
entrava mai la
luce ma c'erano
sempre tenebre,
non potendo
ricevere la luce
del giorno.
Allorché la
beata Maria
entrò in essa,
tutta si
illuminò di
splendore quasi
fosse l'ora
sesta del
giorno. La luce
divina illuminò
la grotta in
modo tale che né
di giorno né di
notte, fino a
quando vi rimase
la beata Maria,
la luce non
mancò. Qui
generò un
maschio,
circondata dagli
angeli mentre
nasceva. Quando
nacque stavte
ritto sui suoi
piedi, ed essi
lo adorarono
dicendo: "Gloria
a Dio nel più
alto dei cieli e
pace in terra
agli uomini di
buona volontà".
[13.3] Era
infatti giunta
la nascita del
Signore, e
Giuseppe era
andato alla
ricerca di
ostavriche.
Trovatele,
ritornò alla
grotta e trovò
Maria con il
bambino che
aveva generato.
Giuseppe disse
alla beata
Maria: "Ti ho
condotto le
ostavriche
Zelomi e Salome,
rimaste davanti
all'ingresso
della grotta non
osando entrare
qui a motivo del
grande
splendore". A
queste parole la
beata Maria
sorrise.
Giuseppe le
disse: "Non
sorridere, ma
sii prudente,
lasciati
visitare
affinché vedano
se, per caso, tu
abbia bisogno di
qualche cura".
Allora ordinò
loro di entrare.
Entrò Zelomi;
Salome non
entrò. Zelomi
disse a Maria:
"Permettimi di
toccarti". Dopo
che lei si
lasciò
esaminare,
l'ostavrica
esclamò a gran
voce dicendo:
"Signore,
Signore grande,
abbi pietà. Mai
si è udito né
mai si è
sospettato che
le mammelle
possano essere
piene di latte
perché è nato un
maschio, e la
madre sia
rimasta vergine.
Sul neonato non
vi à alcuna
macchia di
sangue e la
partoriente non
ha sentito
dolore alcuno.
Ha concepito
vergine, vergine
ha generato e
vergine è
rimasta".
[13.4] All'udire
questa voce,
Salome disse:
"Permetti che ti
tocchi e
sperimenti se è
vero quanto
disse Zelomi".
Dopo che la
beata Maria
concesse di
lasciarsi
toccare, Salome
mise la sua
mano. Ma quando
ritrasse la mano
che aveva
toccato, la mano
inaridì e per il
grande dolore
incominciò a
piangere e ad
angustiarsi
disperatamente
gridando:
"Signore Dio, tu
sai che io ti ho
temuto sempre, e
ho curato i
poveri senza
ricompensa, non
ho mai preso
nulla dalle
vedove e
dall'orfano, e
il bisognoso non
l'ho mai
lasciato andare
via da me a mani
vuote. Ma ora
eccomi diventata
miserabile a
motivo della mia
incredulità,
perché volli,
senza motivo,
provare la tua
vergine".
[13.5] Mentre
così parlava
apparve a fianco
di lei un
giovane di
grande
splendore, e le
disse:
"Avvicinati al
bambino,
adoralo, toccalo
con la tua mano
ed egli ti
salverà: egli
infatti è il
Salvatore del
mondo e di tutti
coloro che in
lui sperano".
Subito lei si
avvicinò al
bambino e,
adorandolo,
toccò un lembo
dei panni nei
quali era
avvolto, e
subito la sua
mano guarì.
Uscendo fuori
incominciò a
gridare le cose
mirabili che
aveva visto e
sperimentato, e
come era stata
guarita; molti
credettero a
causa della sua
predicazione.
[13.6] Anche i
pastori di
pecore
asserivano di
avere visto
degli angeli
che, nel cuore
della notte,
cantavano un
inno, lodavano
il Dio del cielo
e dicevano che
era nato il
Salvatore di
tutti, che è
Cristo Signore,
nel quale sarà
ridata la
salvezza a
Israele.
[13.7] Una
enorme stella
splendeva dalla
sera al mattino
sopra la grotta;
così grande non
si era mai vista
dalla creazione
del mondo. I
profeti che
erano a
Gerusalemme
dicevano che
questa stella
segnalava la
nascita di
Cristo, che
avrebbe
realizzato la
promessa fatta
non solo a
Israele, ma
anche a tutte le
genti.
[14.1] Tre
giorni dopo la
nascita del
Signore nostro
Gesù Cristo, la
beatissima Maria
uscì dalla
grotta ed entrò
in una stalla,
depose il
bambino in una
mangiatoia, ove
il bue e l'asino
l'adorarono. Si
adempì allora
quanto era stato
detto dal
profeta Isaia,
con le parole:
"Il bue
riconobbe il suo
padrone, e
l'asino la
mangiatoia del
suo signore".
Gli stessi
animali, il bue
e l'asino, lo
avevano in mezzo
a loro e lo
adoravano di
continuo. Si
adempì allora
quanto era stato
detto dal
profeta Abacuc,
con le parole:
"Ti farai
conoscere in
mezzo a due
animali".
Giuseppe con
Maria, rimase
nello stesso
luogo per tre
giorni.
[15.1] Il sesto
giorno entrarono
in Betlemme,
dove passarono
il giorno
settimo.
L'ottavo giorno
circoncisero il
bambino e gli
diedero nome
"Gesù", come era
stato chiamato
dall'angelo
prima che fosse
concepito.
Terminati i
giorni della
purificazione di
Maria, secondo
la Legge di
Mosè, Giuseppe
condusse il
bambino al
tempio del
Signore. Quando
il bambino
ricevette la
"peritomè"
("peritomo"
significa
circoncisione),
offrirono un
paio di tortore
o due piccini di
colombe.
[15.2] Nel
tempio c'era un
certo uomo di
Dio, perfetto e
giusto, di nome
Simeone, di anni
centododici.
Questi aveva
ricevuto da Dio
la promessa che
non avrebbe
gustato la morte
senza avere
prima visto,
vivo in carne,
il Cristo figlio
di Dio. Visto il
bambino, egli
esclamò a gran
voce: "Dio
visitò il suo
popolo, e il
Signore adempì
la sua
promessa". E
subito l'adorò.
Dopo lo prese
nel suo mantello
e baciando i
suoi piedi,
disse: "Ora, o
Signore, lascia
andare in pace
il tuo servo
poiché i miei
occhi videro la
tua salvezza che
hai preparato al
cospetto di
tutti i popoli,
luce per
illuminare le
genti, e gloria
del tuo popolo,
Israele".
[15.3] Nel
tempio c'era
pure la
profetessa di
nome Anna,
figlia di
Fanuel, della
tribù di Aser,
che aveva
vissuto con suo
marito sette
anni dalla sua
verginità: ed
era vedova già
da
ottantaquattro
anni. Non si era
mai allontanata
dal tempio del
Signore, ed era
dedita a digiuni
e preghiere.
Anche lei adorò
il bambino
affermando che
in lui c'è la
redenzione del
mondo.
[16.1] I magi e
la fuga in
Egitto.
Trascorso il
secondo anno,
dei magi vennero
dall'Oriente a
Gerusalemme
portando grandi
doni. E subito
interrogarono i
Giudei, dicendo:
"Dov'è il re che
vi è nato? In
Oriente infatti
abbiamo visto la
sua stella e
siamo venuti ad
adorarlo".
Questa voce
giunse al re
Erode e lo
spaventò così
tanto che radunò
scribi, farisei
e dottori del
popolo per
interrogarli
dove, secondo i
profeti, sarebbe
nato Cristo.
Essi risposero:
"In Betlemme di
Giuda. Sta
scritto infatti:
"E tu, Betlemme,
terra di Giuda,
non sei affatto
la più piccola
tra i principi
di Giuda. Da te,
invero, nascerà
il duce che
reggerà il mio
popolo
Israele"". Erode
allora convocò i
magi presso di
sé e da loro
indagò
diligentemente
quando era
apparsa ad essi
la stella.
Mandandoli poi
in Betlemme,
disse: "Andate e
informatevi
diligentemente
sul bambino.
Quando lo
troverete,
fatemelo sapere
affinché anch'io
venga ad
adorarlo".
[16.2] Mentre i
magi se ne
andavano, per la
strada apparve
loro la stella
che,
precedendoli
fino a quando
giunsero ove era
il bambino, fu
quasi la loro
guida. Vedendo
la stella, i
magi si
rallegrarono con
grande gioia e,
entrati nella
casa, trovarono
il bambino Gesù
seduto sul
grembo di sua
madre. Aprirono
allora i loro
tesori e
regalarono
grandi doni alla
beata Maria e a
Giuseppe. Al
bambino poi
offrirono
ciascuno una
moneta d'oro;
così pure uno
offrì oro, un
altro incenso,
il terzo mirra.
Volevano
ritornare dal re
Erode, ma in
sonno furono
avvertiti da un
angelo di non
ritornare da
Erode. Per
un'altra strada
se ne
ritornarono
nella loro
regione.
[17.1] Erode,
vedendo che era
stato burlato
dai magi, si
gonfiò in cuor
suo, e mandò per
ogni strada
volendo
prenderli e
ucciderli. Non
trovandoli,
mandò nuovamente
in Betlemme e in
tutti i suoi
confini a
uccidere tutti i
bambini che si
trovavano dai
due anni in giù,
in base al tempo
del quale era
stato informato
dai magi.
[17.2] Un giorno
prima che
avvenisse
questo, Giuseppe
fu avvertito in
sogno da un
angelo del
Signore che gli
disse: "Prendi
Maria e il
bambino e va in
Egitto per la
via del
deserto".
Giuseppe,
seguendo
l'ordine
dell'angelo,
partì.
[18.1] Prodigi
nel viaggio e in
Egitto. Giunti a
una grotta
vollero
riposarsi. La
beata Maria
discese dal
giumento e,
seduta, teneva
il bambino Gesù
sul suo grembo.
Con Giuseppe
c'erano tre
ragazzi e con
Maria una
ragazza che
facevano la
stessa strada.
Improvvisamente
dalla grotta
uscirono molti
draghi: i
ragazzi,
vedendoli,
furono presi da
gran timore e
gridarono.
Allora Gesù
scese dal grembo
di sua madre,
stavte dritto
sui suoi piedi
davanti ai
draghi: essi
però adorarono
Gesù e poi se ne
andarono via. Si
adempì allora
quanto era stato
detto dal
profeta Davide,
con le parole:
dalla terra
lodate il
Signore, o
draghi e abissi
tutti. Ma egli,
il bambinello
Gesù, camminando
davanti ad essi,
ordinò loro di
non fare più
male a nessuno.
Maria e Giuseppe
temevano che il
bambino fosse
morso dai
draghi; ma Gesù
disse: "Non
temete, e non
pensate che io
sia un bambino.
Io infatti sono
sempre stato
perfetto e lo
sono tuttora: è
necessario che
davanti a me
tutte le bestie
selvatiche
diventino
mansuete".
[19.1] I leoni e
i leopardi lo
adoravano e si
accompagnavano a
loro nel
deserto: ovunque
andavano
Giuseppe e
Maria, li
precedevano,
mostrando la
strada, chinando
la loro testa;
prestando loro
servizio,
facevano le
feste con la
coda e lo
adoravano con
grande
riverenza. La
prima volta che
Maria vide
leoni, leopardi
e altre specie
di fiere venire
attorno a loro
si spaventò
grandemente.
Guardandola in
faccia con volto
sereno, Gesù
disse: "Mamma,
non temere. Non
vengono per
farti del male,
bensì si
premurano di
ossequiare te e
me". Con queste
parole allontanò
il timore dal
suo cuore.
[19.2] I leoni
camminavano con
essi, con i
buoi, gli asini
e le bestie da
soma che
portavano le
cose necessarie,
e, pur restando
insieme, non
facevano male ad
alcuno, ma
rimanevano
mansueti tra le
pecore e i
montoni che
avevano condotto
seco dalla
Giudea e avevano
con sé.
Camminavano tra
i lupi e non
avevano paura di
nulla, e nessuno
era molesto
all'altro. Si
avverò allora
quanto era stato
detto dal
profeta: i lupi
pascoleranno con
gli agnelli. Il
leone e il bue
mangeranno
insieme la
paglia. C'erano
infatti due buoi
e un carro nel
quale portavano
le cose
necessarie e
lungo il cammino
li guidavano i
leoni.
[20.1] Nel terzo
giorno di
viaggio, gli
altri
camminavano, ma
la beata Maria
stanca per il
troppo calore
del sole del
deserto e
vedendo un
albero di palma
disse a
Giuseppe: "Mi
riposerò
alquanto
all'ombra di
quest'albero".
Giuseppe dunque
la condusse
premuroso dalla
palma e la fece
discendere dal
giumento.
Sedutasi, la
beata Maria
guardò la chioma
della palma, la
vide piena di
frutti e disse a
Giuseppe:
"Desidererei, se
possibile,
prendere dei
frutti di questa
palma". Giuseppe
le rispose: "Mi
meraviglio che
tu dica questo,
e che, vedendo
quanto è alta
questa palma, tu
pensi di
mangiare dei
suoi frutti. Io
penso piuttosto
alla mancanza di
acqua: è già
venuta meno
negli otri e non
abbiamo onde
rifocillare noi
e i giumenti".
[20.2] Allora il
bambino Gesù,
che riposava con
viso sereno sul
grembo di sua
madre, disse
alla palma:
"Albero, piega i
tuoi rami e
ristora mia
mamma con il tuo
frutto". A
queste parole,
la palma piegò
subito la sua
chioma fino ai
piedi della
beata Maria; da
essa raccolsero
i frutti con i
quali tutti si
rifocillarono.
Dopo che li
ebbero raccolti
tutti, la palma
restava
inclinata
aspettando, per
drizzarsi, il
comando di colui
al cui volere si
era inclinata.
Gesù allora le
disse: "Palma,
alzati, prendi
forza e sii
compagna dei
miei alberi che
sono nel
paradiso di mio
padre. Apri con
le tue radici la
vena di acqua
che si è
nascosta nella
terra, affinché
da essa
fluiscano acque
a nostra
sazietà". La
palma subito si
eresse, e dalla
sua radice
incominciò a
scaturire una
fonte di acque
limpidissime
oltremodo
fresche e
chiare. Vedendo
l'acqua sorgiva
si rallegrarono
grandemente e si
dissetarono con
essi anche tutti
i giumenti e le
bestie. Resero
quindi grazie a
Dio.
[21.1] Il giorno
dopo partirono
di là. Quando
incominciarono
il cammino, Gesù
si rivolse alla
palma e disse:
"Palma, ti dò il
privilegio, che
uno dei tuoi
rami sia
trasportato dai
miei angeli e
piantato nel
paradiso di mio
padre. Ti
conferisco la
benedizione che
a tutti coloro
che lottano e
vincono, si
dica: sei giunto
alla palma della
vittoria".
Mentre diceva
questo, l'angelo
del Signore
apparve dritto
sulla palma e,
preso uno dei
suoi rami, volò
al cielo con il
ramo in mano.
Ciò vedendo,
tutti caddero
con la faccia a
terra e
restarono come
morti. Gesù,
rivolto a loro,
disse: "Perché
la paura ha
afferrato il
vostro cuore?
Non sapete che
la palma che io
feci trasferire
in paradiso,
sarà nel luogo
di delizie a
disposizione di
tutti gli uomini
santi, come fu a
disposizione
nostra in questo
luogo
solitario?".
Quelli, allora,
tutti pieni di
gioia, divennero
forti, e si
alzarono.
[22.1] Dopo di
questo, mentre
erano in
viaggio,
Giuseppe disse a
Gesù: "Signore,
questo calore ci
cuoce. Se
gradisci,
seguiamo la
strada lungo il
mare affinché
possiamo
riposarci nelle
città
marittime". Gesù
gli rispose:
"Non temere,
Giuseppe. Io vi
accorcerò la
strada sicché,
quanto cammino
avreste percorso
in trenta
giorni, lo
compirete in
questo solo
giorno". Mentre
essi parlavano
così, spinsero
lo sguardo
innanzi e
incominciarono a
vedere i monti
dell'Egitto e le
sue città.
[22.2] Giunsero
contenti ai
confini di
Ermopoli, ed
entrarono in una
città
dell'Egitto
chiamata Sotine.
E siccome in
essa non vi era
nessun
conoscente al
quale potessero
chiedere
ospitalità,
entrarono in un
tempio che era
detto
campidoglio
d'Egitto. In
questo tempio vi
erano
trecentocinquantacinque
idoli, ai quali
ogni giorno
erano tributati,
in modo
sacrilego, onori
divini. Gli
Egiziani della
stessa città
entrarono nel
campidoglio ove
i sacerdoti
presero ad
ammonirli
affinché ogni
giorno, come era
richiesto
dall'onore
divino,
offrissero i
loro sacrifici.
[23.1] Ma
avvenne che,
entrata nel
tempio la
beatissima Maria
con il bambino,
tutti gli idoli
si prostrarono a
terra, sicché
giacevano tutti
con la faccia a
terra
completamente
rovinati e
spezzati,
mostrando così
che non erano
proprio nulla.
Si compì allora
quanto era stato
detto dal
profeta Isaia:
"Ecco, il
Signore verrà su
di una nube
leggera, entrerà
in Egitto e al
suo cospetto
saranno scosse
tutte le opere
manufatte degli
Egiziani".
[24.1] La
notizia fu
riferita a
Affrodisio,
governatore di
quella città, ed
egli venne al
tempio con tutto
il suo esercito.
Visto che
Affrodisio era
venuto al tempio
con tutto il suo
esercito, i
pontefici
pensavano che
fosse venuto
soltanto per
vendicarsi
contro coloro
che erano stati
causa della
caduta degli
idoli. Egli,
invece, entrato
nel tempio,
visti tutti gli
idoli giacere
prostrati faccia
a terra, si
appressò alla
beata Maria che
portava il
Signore sul suo
grembo, l'adorò
e disse a tutto
il suo esercito
e a tutti i suoi
amici: "Se
questi non fosse
il dio dei
nostri dèi, i
nostri dèi non
sarebbero caduti
faccia a terra
davanti a lui,
né giacerebbero
prostrati al suo
cospetto. Noi
tutti dunque se
non faremo con
maggiore
attenzione ciò
che vediamo fare
dai nostri dèi,
potremo
incorrere nel
pericolo della
sua indignazione
e andare tutti
incontro alla
morte, come
accadde al
faraone re
d'Egitto il
quale, non
avendo creduto a
numerosi
prodigi, fu
sommerso in mare
con tutto il suo
esercito". Tutto
il popolo di
quella città
credette,
allora, nel
Signore Dio per
mezzo di Gesù
Cristo.
[25.1] Ritorno
dall'Egitto e
primi prodigi.
Non molto tempo
dopo, un angelo
disse a
Giuseppe:
"Ritorna nella
tua terra di
Giuda. Coloro
che cercavano la
vita del
fanciullo, sono
morti".
[26.1] Dopo il
ritorno di Gesù
dall'Egitto,
mentre era in
Galilea, già al
principio del
quarto anno di
età, un giorno
di sabato
giocava con dei
fanciulli presso
il letto del
Giordano. Gesù,
sedutosi, fece
sette laghetti
di fango, dotò
ciascuno di
canaletti per
mezzo dei quali,
a un suo
comando, portava
acqua dal
torrente al lago
e di nuovo la
riportava. Uno
di quei
fanciulli, un
figlio del
diavolo, con
animo invidioso,
chiuse le
imboccature dei
canaletti che
portavano acque
nei laghetti e
mandò all'aria
quanto aveva
fatto Gesù.
Allora Gesù gli
disse: "Guai a
te, figlio di
morte, figlio di
Satana. Osi tu
distruggere
quanto io ho
compiuto?".
Colui che aveva
agito così,
subito morì.
[25.2] Alzarono
allora la voce i
genitori del
morto contro
Maria e
Giuseppe;
dicevano loro:
"Vostro figlio
ha maledetto il
nostro figlio ed
è morto".
Giuseppe e Maria
si recarono
subito da Gesù a
causa del
tumulto dei
genitori del
ragazzo e
dell'assembramento
dei Giudei.
Giuseppe disse
in segreto a
Maria: "Io non
oso parlargli.
Ammoniscilo tu,
dicendogli:
perché hai
suscitato contro
di noi l'odio
del popolo, e ci
tocca sopportare
l'odio molesto
della gente?".
Giunta da lui la
madre lo pregò
dicendo:
"Signore mio,
che ha fatto mai
costui per
morire?". Egli
le rispose: "Era
degno di morte,
avendo mandato
all'aria quanto
io avevo fatto".
[25.3] La madre
allora lo
pregava,
dicendo: "No,
Signore mio,
perché tutti
insorgono contro
di noi". Non
volendo
rattristare sua
madre, con il
suo piede destro
egli toccò il
sedere del morto
dicendogli:
"Alzati, figlio
iniquo. Non sei
degno, infatti,
di entrare nella
pace di mio
padre, avendo tu
mandato all'aria
quanto io avevo
fatto". Allora
colui che era
morto risuscitò
e se ne andò. E
Gesù, attraverso
un canaletto
conduceva, al
suo comando, le
acque nei
laghetti.
[27.1] Accadde
dopo che, alla
vista di tutti,
Gesù prese del
fango dai
laghetti che
aveva fatto e
con esso plasmò
dodici passeri.
Quando Gesù fece
questo era di
sabato e con lui
c'erano molti
fanciulli. Un
giudeo,
vedendolo fare
questo, disse a
Giuseppe: "Non
vedi, Giuseppe,
che il fanciullo
Gesù compie di
sabato ciò che
non gli è lecito
fare? Con il
fango, plasmò
dodici passeri".
Udito ciò,
Giuseppe lo
rimproverò,
dicendo: "Perché
fai di sabato
cose che non ci
è lecito fare?".
Udendo le parole
di Giuseppe e
picchiando una
mano contro
l'altra, disse
ai suoi passeri:
"Volate!". E
alla voce del
suo comando
presero a
volare. Mentre
tutti erano lì e
vedevano e
udivano, disse
agli uccelli:
"Andate e volate
per la terra e
per tutto il
mondo, e
vivete!". I
presenti vedendo
tali prodigi,
furono pieni di
grande stupore.
Alcuni lo
lodavano e
l'ammiravano, ma
altri lo
biasimavano.
Certuni andarono
dai principi dei
sacerdoti e dai
capi dei farisei
e annunziarono
loro come Gesù,
figlio di
Giuseppe, avesse
compiuto grandi
prodigi e
miracoli davanti
a tutto il
popolo di
Israele. Ciò fu
annunziato nelle
dodici tribù di
Israele.
[28.1] Di nuovo
avvenne che un
figlio del
sacerdote del
tempio, Anna,
giunse con
Giuseppe; alla
vista di tutti,
tenendo in mano
un bastone
distrusse con
rabbia i
laghetti che
Gesù aveva fatto
con le sue mani
e ne disperse
l'acqua che vi
aveva raccolta
dal torrente.
Chiuse e
distrusse gli
stessi canaletti
dai quali
entrava l'acqua.
Ciò visto, Gesù
disse a quel
ragazzo che
aveva mandato
all'aria i suoi
laghetti: "O
pessimo rampollo
di iniquità,
figlio di morte,
officina di
Satana, il
frutto del tuo
seme sarà
veramente senza
forza, le tue
radici senza
umore, i tuoi
rami aridi e
sprovvisti di
frutto". E alla
vista di tutti,
il ragazzo
rimase stecchito
e morì. Giuseppe
allora tremò,
prese Gesù, se
ne tornò a casa
sua con lui.
[29.1] Con lui
c'era la madre.
Improvvisamente,
dalla parte
contraria, un
altro ragazzo,
anch'egli
operaio di
iniquità, si
buttò di corsa
sulla spalla di
Gesù con
l'intenzione di
schernirlo o
fargli del male,
se avesse
potuto. Gesù gli
disse: "Che tu
non possa
tornare sano
dalla via sulla
quale cammini".
E subito cadde e
morì. I genitori
del morto, che
avevano visto
l'accaduto,
esclamarono:
"Donde è nato
questo ragazzo?
É evidente che
ogni parola che
dice è vera e
spesso si
realizza prima
ancora che la
pronunci". I
genitori del
ragazzo si
avvicinarono a
Giuseppe e gli
dissero: "Togli
Gesù da questo
luogo! Non può
abitare con noi
in questo
comune. O,
almeno,
insegnagli a
benedire e a non
maledire".
Giuseppe si
avvicinò a Gesù
e l'ammonì,
dicendo: "Perché
fai tali cose?
Sono già molti
quelli che si
lamentano di te;
a causa tua ci
odiano e
sopportiamo, a
causa tua, le
molestie degli
uomini". Gesù
rispose a
Giuseppe,
dicendo: "Nessun
figlio è saggio
se non colui che
è stato istruito
da suo padre
secondo la
scienza di
questo tempo, e
la maledizione
del padre nuoce
soltanto a
quelli che fanno
del male". Si
radunarono
allora contro
Gesù e lo
accusarono
presso Giuseppe.
Al vedere
questo, Giuseppe
fu oltremodo
spaventato,
temendo la
violenza e la
sedizione del
popolo di
Israele. Ma in
quel momento
Gesù prese per
l'orecchio il
fanciullo morto,
lo tenne sospeso
da terra alla
presenza di
tutti, e videro
Gesù parlare con
lui come fa un
padre con suo
figlio. Il suo
spirito ritornò
in lui ed egli
rivisse. E tutti
ne furono
stupiti.
[30.1] Gesù a
scuola. Un certo
maestro giudeo
di nome Zachia
udì Gesù che
pronunciava tali
parole e,
vedendo che in
lui c'era una
insuperabile
conoscenza della
virtù, ne rimase
addolorato e
incominciò a
parlare contro
Giuseppe in modo
indiscreto,
stolto, e senza
timore. Diceva:
"Non vuoi tu
affidare tuo
figlio affinché
sia istruito
nella scienza
umana e nel
timore? Vedo che
tu e Maria amate
vostro figlio
più che le
tradizioni degli
anziani del
popolo. É
infatti
necessario che
noi onoriamo
maggiormente i
sacerdoti di
tutta la chiesa
di Israele, e ci
preoccupiamo che
egli abbia amore
verso i bambini,
e sia da noi
istruito nella
dottrina
giudaica".
[30.2] Giuseppe
però gli
rispose: "E chi
è mai colui che
può tenere e
istruire questo
bambino? Se tu
lo puoi tenere e
istruire, noi
non siamo
contrari che tu
l'istruisca in
tutte quelle
cose che tutti
devono
imparare". Udito
quanto aveva
detto Zachia,
Gesù gli
rispose: "I
precetti della
Legge, dei quali
tu hai parlato
poc'anzi e tutte
le cose alle
quali tu ti sei
riferito bisogna
che siano
osservati da
coloro che sono
istruiti nelle
scienze umane;
ma io sono
estraneo ai
vostri
tribunali, e non
ho un padre
carnale. Tu che
leggi la Legge e
sei istruito,
resta nella
Legge; io invece
ero prima della
Legge. Mentre tu
ritieni di non
avere alcun
uguale nella
dottrina, sarai
istruito da me:
nessun altro,
infatti, può
insegnare le
cose alle quali
tu hai fatto
cenno; lo può
soltanto colui
che ne è degno.
Quando io sarò
esaltato da
terra, porrò
fine a ogni
menzione della
vostra
genealogia. Tu
non sai quando
sei nato: io
solo so quando
siete nati e
quanto tempo
durerà la vostra
vita sulla
terra".
[30.3] Tutti
coloro che
udivano queste
chiare parole,
si stupivano e
esclamavano:
"Oh, oh, oh,
questo è un
mistero
magnificamente
grande e
mirabile. Non
abbiamo mai
udito cose
simili. Mai da
alcun altro, né
dai profeti, né
dai farisei, né
dagli scribi, è
stato udito o
detto qualcosa
di simile. Noi
sappiamo dove è
nato costui; e
ancora non ha
raggiunto i
cinque anni: e
come mai sa dire
tali cose". I
farisei
risposero: "Noi
non abbiamo
udito mai simili
parole da un
bambino della
sua età".
[30.4] Gesù
rispose loro:
"Voi vi
meravigliate che
un bambino dica
cose simili?
Perché dunque
non credete a me
per quelle cose
di cui vi ho
parlato? Siccome
vi ho detto che
so quando siete
nati, tutti vi
meravigliate: vi
dirò cose più
grandi, e ne
resterete ben
più
meravigliati. Io
vidi Abramo, che
voi dite essere
vostro padre, ho
parlato con lui
ed egli mi ha
visto". Ciò
udito, si
tacquero e più
nessuno di loro
osava parlare.
Gesù disse loro:
"Sono stato in
mezzo a voi con
i bambini, e non
mi avete
conosciuto. Vi
ho parlato come
a persone sagge,
e non avete
distinto la mia
voce perché
siete minori di
me, e di poca
fede".
[31.1] Il
maestro Zachia
disse di nuovo a
Giuseppe e a
Maria: "Datemi
il ragazzo e io
l'affiderò al
maestro Levi
affinché gli
insegni le
lettere e lo
istruisca".
Allora Giuseppe
e Maria,
accarezzando
Gesù, lo
condussero a
scuola affinché
fosse istruito
nelle lettere
dal vecchio
Levi. Entrato
che fu, Gesù
taceva. Il
maestro Levi
diceva a Gesù
una lettera
iniziando dalla
prima, la
lettera aleph e
gli diceva:
"Rispondi!". Ma
Gesù taceva e
non rispondeva.
Il precettore
Levi, adirato,
prese una verga
di storace e lo
percosse sulla
testa.
[31.2] Ma Gesù
disse al maestro
Levi: "Perché mi
percuoti? Sappi
che, in verità,
io che sono
percosso
ammaestro colui
che mi percuote
assai più di
quanto io possa
essere
ammaestrato. Io,
infatti, ti
posso insegnare
quelle cose che
tu stesso dici.
Ma tutti costoro
che parlano sono
ciechi e
ascoltano, come
bronzo risonante
o cembalo
squillante, nei
quali non ci
sono quelle cose
delle quali si
intende il
suono". Gesù
soggiunse poi a
Zachia: "Ogni
lettera,
dall'aleph fino
al tav, si
distingue dalla
disposizione.
Prima, dunque,
tu dì che cos'è
la tav, e io poi
ti dirò che
cos'è l'aleph".
Disse ancora
loro Gesù:
"Coloro che non
conoscono
l'aleph, come
possono
insegnare la
tav, ipocriti?
Dite prima che
cosa è l'aleph
ed io poi vi
crederò quando
parlerete della
beth". Gesù
iniziò così a
domandare i nomi
delle singole
lettere, e
chiese: "Il
maestro della
Legge dica che
cos'è la prima
lettera, perché
ha molti
triangoli
graduati,
subacuti, divisi
in mezzo,
opposti,
allungati,
eretti, giacenti
e in curva".
All'udire
questo, Levi
restò stupefatto
di una così
molteplice
disposizione dei
nomi delle
lettere.
[31.3]
Incominciò
allora a gridare
a quanti
l'udivano,
dicendo: "Come
può vivere sulla
terra costui? Al
contrario, è
degno di essere
appeso a una
grande croce.
Può, infatti,
spegnere il
fuoco ed eludere
altri tormenti.
Ritengo che egli
esisteva prima
del cataclisma,
ed è nato prima
del diluvio.
Qual ventre mai
l'ha portato? O
quale madre l'ha
generato? O
quali mammelle
l'hanno
allattato?
Davanti a lui io
fuggo, non
potendo
resistere alla
parola della sua
bocca, e il mio
cuore resta
stupito
all'udire simili
parole. Credo
che nessun uomo
possa intendere
la sua parola, a
meno che Dio non
sia con lui.
Proprio io,
infelice, mi
sono dato in
balia delle sue
derisioni.
Mentre pensavo
di avere un
discepolo, ho
incontrato il
mio maestro, che
ignoravo. Che
dirò? Non riesco
a sopportare le
parole di questo
ragazzo: fuggirò
da questo
comune, non
riuscendo a
comprendere
queste cose. Io,
vecchio, sono
stato vinto da
un bambino,
poiché non
riesco a trovare
né l'inizio né
la fine delle
cose che egli
dice. É, invero,
difficile, da
soli, trovare il
principio. Non
mento, asserendo
che ai miei
occhi, l'operare
di questo
ragazzo, gli
inizi del suo
parlare e gli
scopi delle sue
intenzioni non
hanno nulla di
comune con gli
uomini. Non so
se questo è un
mago o se è un
dio; o,
certamente, un
angelo di Dio
parla in lui.
Donde sia, donde
venga, che ne
sarà di lui, non
lo so".
[31.4] Allora
Gesù, con il
volto sereno,
sorrise di lui e
disse con
autorità a tutti
i presenti figli
di Israele in
ascolto: "Gli
infruttuosi
fruttifichino, i
ciechi vedano,
gli zoppi
camminino
dritti, i poveri
godano dei beni,
e i morti
rivivano
affinché
ciascuno ritorni
al suo stato
primitivo e
resti in esso,
questo è la
radice della
vita e della
dolcezza
perpetua". Dopo
che il bambino
Gesù ebbe così
parlato, subito
guarirono tutti
coloro che erano
caduti in
maligne
infermità. E più
non osavano
dirgli qualcosa
o ascoltarlo.
[32.1] Altri
prodigi di Gesù.
Dopo ciò,
Giuseppe e Maria
se ne andarono
con Gesù nella
città di
Nazaret: e lì
egli restò con i
suoi genitori.
Un giorno di
sabato, Gesù
giocava con dei
bambini sulla
terrazza di una
casa, e avvenne
che uno dei
bambini gettò un
altro dalla
terrazza giù a
terra, e questo
morì. I genitori
del morto, non
avendo visto la
cosa, gridavano
contro Giuseppe
e Maria,
dicendo: "Vostro
figlio gettò per
terra il nostro,
ed è morto".
Gesù taceva e
non rispondeva
nulla. Giuseppe
e Maria vennero
di corsa da Gesù
e sua madre lo
supplicò,
dicendo:
"Signore mio,
dimmi se sei
stato tu a
gettarlo per
terra". Subito
Gesù discese
dalla terrazza
per terra e
chiamò il
ragazzo per
nome, Zenone. E
quello gli
rispose:
"Signore". Gli
disse Gesù:
"Sono forse
stato io a
buttarti giù per
terra dalla
terrazza?". E
quegli rispose:
"No, Signore". I
genitori del
ragazzo che era
stato ucciso si
meravigliarono,
e in seguito a
questo prodigio
resero onore a
Gesù. Giuseppe e
Maria con Gesù
se ne andarono
di là a Gerico.
[33.1] Gesù
aveva sei anni e
sua madre lo
mandò con una
brocca ad
attingere acqua
alla fontana
assieme a dei
bambini. E
avvenne che,
dopo avere
attinto l'acqua,
uno dei bambini
gli diede una
spinta e
rovesciò la
brocca
rompendola. Ma
Gesù stese il
mantello di cui
si serviva, e
raccolse nel
mantello tanta
acqua quanta ne
conteneva la
brocca, e la
portò a sua
madre. A questa
vista lei fu
presa da
meraviglia:
meditava tra sé,
e riponeva tutto
in cuor suo.
[34.1] Un giorno
prese un po' di
grano dal
granaio di sua
madre e lo
seminò in un
campo: il grano
nacque, crebbe e
si moltiplicò in
gran quantità;
alla fine, egli
stesso lo mieté,
ne raccolse i
frutti, ne fece
tre cori e li
donò ai suoi
molti discepoli.
[35.1] C'è una
strada che esce
da Gerico e va
verso il fiume
Giordano ove
passarono i
figli di
Israele: si dice
che lì si sia
fermata l'arca
del testamento.
Gesù aveva otto
anni, quando
uscì da Gerico e
andò verso il
Giordano; lungo
la strada,
vicino alla riva
del Giordano,
c'era una
caverna nella
quale una
leonessa nutriva
i suoi piccoli,
e perciò nessuno
poteva camminare
sicuro per
quella strada.
Gesù, dunque,
venendo da
Gerico, sapeva
che nella
caverna c'era
una leonessa con
i suoi piccoli,
tuttavia vi
entrò alla
presenza di
tutti. Appena i
leoni videro
Gesù, gli
andarono
incontro e
l'adorarono;
Gesù si pose a
sedere nella
caverna e i
leoncelli
correvano qua e
là intorno ai
suoi piedi, lo
accarezzavano e
scherzavano con
lui.
[35.2] I leoni
più vecchi se ne
stavano discosti
a testa bassa,
adorandolo e
facendogli festa
con la coda.
Allora il popolo
che se ne stava
discosto, non
vedendo Gesù,
disse: "Se
costui, o i suoi
genitori, non
avesse compiuto
dei peccati
gravi non si
sarebbe offerto
ai leoni".
Mentre il popolo
pensava queste
cose ed era in
preda a grande
timore, ecco
che, al cospetto
di tutti, Gesù
uscì dalla
caverna
preceduto dai
leoni mentre i
leoncelli
giocavano tra i
suoi piedi. I
genitori di
Gesù, a testa
bassa, e un po'
discosti, se ne
stavano ad
osservare; anche
il popolo, a
causa dei leoni,
se ne stava
discosto, ma non
osavano
congiungersi ad
essi. Allora
Gesù prese a
dire al popolo:
"Quanto le
bestie sono
migliori di voi!
Esse conoscono
il loro Signore
e lo glorificano
mentre voi,
uomini, che
siete fatti a
immagine e
somiglianza di
Dio, lo
ignorate. Le
bestie mi
riconoscono e si
fanno mansuete
gli uomini mi
vedono e non mi
riconoscono".
[36.1] Poi Gesù,
sotto gli occhi
di tutti, passò
il Giordano con
i leoni e
l'acqua del
Giordano si
divise a destra
e a sinistra.
Disse allora ai
leoni, ma lo
sentirono tutti:
"Andate in pace
e non fate male
a nessuno; ma
anche l'uomo non
vi rechi
molestia fino a
che siate
ritornati là
donde siete
usciti". Essi lo
salutarono non
soltanto con la
voce, ma anche
con il corpo, e
poi se ne
andarono nei
loro luoghi. E
Gesù se ne
ritornò da sua
madre.
[37.1] Giuseppe,
essendo
falegname,
faceva attrezzi
di legno, gioghi
per buoi,
aratri,
strumenti per
smuovere la
terra e adatti
alle colture,
letti di legno,
e un giorno andò
da lui un
giovane che gli
commissionò un
letto di sei
cubiti. Giuseppe
ordinò al suo
garzone di
tagliare il
legno con una
sega di ferro,
secondo la
misura
comandata. Ma
questi non seguì
in tutto la
misura
prescritta, e
fece una parte
del legno più
corta
dell'altra.
Giuseppe, tutto
impensierito,
incominciò a
escogitare che
cosa gli
conveniva fare.
[37.2] Quando
Gesù lo vide
così
impensierito,
poiché la cosa
fatta gli pareva
irrimediabile,
gli rivolse una
parola
consolatoria:
"Vieni, disse,
teniamo i capi
delle assi,
accostiamole
insieme capo con
capo, e
pareggiamole
tirandole verso
di noi: così
potremo renderle
uguali".
Giuseppe obbedì
a colui che
comandava:
sapeva che egli
poteva fare
tutto quello che
voleva. Giuseppe
prese i capi
delle assi e le
appoggiò a un
muro, presso di
sé; Gesù tenne i
due capi opposti
di quelle assi,
e tirò a sé
l'asse più
corta,
uguagliandola
all'asse più
lunga. Poi disse
a Giuseppe: "Ora
vai a lavorare,
e fai quanto
avevi promesso
di fare".
Giuseppe fece
quanto aveva
promesso.
[38.1] Gesù a
scuola. Avvenne
che, per la
seconda volta,
Giuseppe e Maria
furono pregati
dal popolo
affinché
mandassero Gesù
a scuola per
istruirsi nelle
lettere. Essi
assecondarono
questo invito e,
secondo il
precetto dei
vecchi, lo
condussero da un
maestro affinché
lo istruisse
nella scienza
umana. Il
maestro iniziò
con autorità ad
ammaestrarlo
dicendo: "Dì
alfa". Gesù però
gli rispose: "Tu
dimmi prima che
cos'è beta ed io
ti dirò che
cos'è alfa".
Irato da questo,
il maestro
percosse Gesù,
ma poco dopo
averlo percosso
morì.
[38.2] E Gesù se
ne ritornò a
casa da sua
madre. Giuseppe
si intimorì e
chiamò a sé
Maria; le disse:
"Sono veramente
triste per
questo ragazzo
fino a morirne.
Può, infatti,
accadere che un
giorno o l'altro
qualcuno lo
percuota
maliziosamente
ed egli muoia".
Maria gli
rispose: "Non
pensare, uomo di
Dio, che ciò
possa avvenire.
Ritieni anzi per
certo che colui
che lo ha
mandato a
nascere tra gli
uomini, lo
custodirà da
ogni malignità
e, nel suo nome,
lo preserverà
dal male".
[39.1] I Giudei,
per la terza
volta,
supplicarono
Maria e Giuseppe
di condurlo, con
le loro
carrozze, a
studiare da un
altro maestro.
Temendo il
popolo,
l'insolenza dei
principi e le
minacce dei
sacerdoti,
Giuseppe e Maria
lo condussero
nuovamente a
scuola, pur
sapendo che non
poteva imparare
alcunché dagli
uomini colui che
solo da Dio
aveva una
scienza
perfetta.
[39.2] Entrato
nella scuola,
Gesù, sotto la
guida dello
Spirito santo,
dalla mano del
maestro che
stava insegnando
la Legge davanti
a tutto il
popolo che
vedeva e udiva,
prese il libro e
incominciò a
leggere non già
quanto era
scritto nel loro
libro, ma a
parlare nello
spirito del Dio
vivo come se da
una viva
sorgente
sgorgasse un
torrente di
acqua e la
sorgente
restasse sempre
piena. Insegnava
al popolo le
grandezze del
Dio vivo con
tale forza che
lo stesso
maestro cadde a
terra e lo
adorò. Il cuore
del popolo che
era seduto là e
l'aveva udito
dire tali cose
fu preso dallo
stupore.
Giuseppe, udito
tutto questo,
corse da Gesù
nel timore che
morisse lo
stesso maestro;
ma appena lo
vide, il maestro
gli disse: "Tu
non mi hai dato
un discepolo, ma
un maestro: chi
può resistere
alle sue
parole?". Si
compì allora
quanto era stato
detto dal
salmista: "Il
fiume di Dio fu
ripieno di
acqua. Hai
preparato il
loro cibo,
poiché tale è la
sua
preparazione".
[40.1] Dopo di
ciò, Giuseppe se
ne andò via di
là insieme a
Maria e Gesù per
recarsi alla
marittima
Cafarnao, a
causa della
malizia degli
uomini suoi
avversari.
Mentre Gesù
abitava a
Cafarnao, nella
città c'era un
uomo molto
ricco, di nome
Giuseppe; a
motivo di una
sua persistente
malattia, egli
morì sul suo
letto. Gesù,
avendo uditi i
lamenti, i
pianti e le
grida elevate
dalla gente sul
morto, disse a
Giuseppe:
"Perché non
offri l'aiuto
della tua bontà
a costui che ha
lo stesso tuo
nome?". Giuseppe
rispose: "Che
potere e che
facoltà ho io da
offrire bontà a
costui?". Gesù
allora gli
rispose: "Prendi
il fazzoletto
del tuo capo, va
a porlo sulla
faccia del morto
e digli: "Cristo
ti salvi!". E
subito il
defunto sarà
salvo e si
alzerà dal suo
letto". Udito
ciò, Giuseppe,
al comando di
Gesù, andò
subito correndo,
entrò in casa
del defunto,
prese il
fazzoletto che
aveva sul suo
capo e lo pose
sulla faccia di
colui che
giaceva sul
letto,
dicendogli: "Ti
salvi Gesù!". E
subito il morto
si levò da letto
e domandò chi
fosse Gesù.
[41.1] E da
Cafarnao se ne
andarono nella
città di
Betlemme:
Giuseppe era a
casa sua con
Maria, e Gesù
con loro. Un
giorno Giuseppe
chiamò a sé il
suo figlio
primogenito,
Giacomo, e lo
mandò nell'orto
della verdura a
raccogliere
legumi per
preparare una
pietanza. Gesù
seguì suo
fratello Giacomo
nell'orto, senza
che Giuseppe e
Maria se ne
accorgessero.
Mentre Giacomo
raccoglieva
legumi, da un
buco uscì una
vipera e morse
una mano di
Giacomo, che per
l'atroce dolore
si mise a
urlare. Stava
svenendo, e
diceva con voce
amara: "Ahi,
ahi, una vipera
infame mi ha
morso la mano".
[41.2] Gesù, che
se ne stava
dalla parte
opposta,
all'udire quella
voce amara corse
da Giacomo, gli
prese la mano, e
non fece altro
che soffiarvi
sopra, e la
rinfrescò:
subito Giacomo
guarì, il
serpente invece
morì. Giuseppe e
Maria ignoravano
quanto era
avvenuto; ma al
grido di Giacomo
e al comando di
Gesù corsero
nell'orto e
trovarono il
serpente già
morto e Giacomo
guarito bene.
[42.1] Gesù in
famiglia. Quando
Giuseppe andava
a un convito con
i suoi figli
Giacomo,
Giuseppe, Giuda,
Simone e le sue
due figlie, ci
andavano pure
Gesù e Maria,
sua madre, con
sua sorella
Maria di Cleofa
- data dal
Signore Dio a
suo padre Cleofa
e a sua madre
Anna perché
avevano offerto
al Signore
Maria, madre di
Gesù -: questa
Maria fu
chiamata con lo
stesso nome
"Maria", a
conforto dei
genitori.
[42.2] Quando
erano insieme,
Gesù li
santificava e
benediceva, ed
egli era il
primo che
cominciava a
mangiare e a
bere. Nessuno di
loro osava,
infatti,
mangiare o bere,
sedere alla
mensa o spezzare
il pane, fino a
quando egli non
avesse fatto ciò
per primo,
santificandoli.
Se, per caso,
era assente,
aspettavano fino
a quando lo
facesse. Quando
poi egli non
voleva prendere
cibo, se ne
astenevano anche
Giuseppe, Maria
e i suoi
fratelli, i
figli di
Giuseppe. Questi
fratelli, avendo
davanti ai loro
occhi la sua
vita, come un
faro luminoso,
lo rispettavano
e lo temevano.
Quando Gesù
dormiva, fosse
di giorno o di
notte, lo
splendore di Dio
splendeva su di
lui. Al quale
sia ogni lode e
gloria nei
secoli dei
secoli. Amen.
Amen.
|