Riporto un testo
notevole, una
testimonianza
del XII secolo
(correva l'anno
1147) che ci
permette di
capire come un
monaco della
Chiesa di Roma
vedeva i
Catari
che andavano
diffondendo i
loro
insegnamenti in
una regione
dell'Aquitania:
il
Périgord,
anticamente noto
come Diocesi
Petrocoricense.
"Io, monaco
Eriberto,
desidero che sia
noto a tutti i
cristiani quanto
debbono agira
accortamente con
gli
pseudoprofeti
che cercano di
sovvertire in
questi tempi la
cristianità.
Sono infatti
apparsi nella
regione di
Périguex
numerosi
eretici, i quali
affermano di
seguire la vita
apostolica. Essi
non mangiano
carne, non
bevono vino, se
non in piccola
misura ogni tre
giorni. Fanno
quotidianamente
centinaia di
genuflessioni,
ma non accettano
denaro in
elemosina.
Invece di dire
soltanto "Gloria
al Padre", essi
aggiungono
"perché tuo è il
regno, e tuo il
potere su tutta
la creazione, in
eterno, amen",
parole che non
sono nella
Scrittura.
Essi sostengono
che le opere di
carità sono
inutili, perché
nessuno dovrebbe
possedere
ricchezze con
cui fare
elemosina.
Considerano di
nessun valore la
messa, e
asseriscono che
il sacramento
dell'eucarestia
è unicamente la
consumazione di
un pezzo di
pane. Se
qualcuno di loro
celebra la
messa, per
ingannare i
fedeli, non
recita il canone
e non partecipa
al sacramento,
ma getta l'ostia
dietro l'altare
o la caccia
dentro il
messale. Essi
non adorano la
croce né
l'immagine del
Signore, anzi
trattengono
dall'adorarle,
per esempio,
pronunciando
davanti
all'immagine del
Signore queste
parole: "Come
sono meschini
coloro che ti
adorano!", e
recitando il
Salmo "Gli idoli
dei Gentili,
ecc.".
Già moltissime
persone si sono
lasciate sedurre
da queste
falsità, anche
tra i nobili,
che hanno
abbandonato i
loro averi e il
loro stato, e
persino tra i
membri del
clero, preti,
monaci e suore.
Non c'è tra
costoro nessuno
così incolto
che, se si mette
al loro seguito,
non possa
divenire nello
spazio di otto
giorni tanto
abile da non
lasciarsi
confondere né in
discussioni né
in citazioni.
Non c'è alcun
mezzo per
isolarli dagli
altri, perché,
anche se vengono
messi in
prigione, non
possono essere
tenuti da nessun
vincolo: il
diavolo stesso
scioglie le loro
catene. Essi
compiono pure
grandi prodigi:
anche se, legati
da manette di
fetto, vengono
ficcati dentro
una botte
capovolta, e
tenuti sotto
stretta
sorveglianza,
l'indomani non
sono più visti,
essendosi
liberati da
soli."
(Eriberto,
Epistola de
haereticis
Petragoricis, in
J.P. Migne,
Patrologia
latina, volume
CLXXXI)
Da questa vivida
descrizione
apprendiamo il
sacro terrore
che una parte
del clero
cattolico
nutriva verso i
portatori di una
tradizione
giudicata
incomprensibile,
di cui intuiva
però il
potenziale
antinomico. Il
monaco Eriberto
fotografa una
situazione di
incipiente
cambiamento
sociale: dalle
sue parole è ben
chiaro che
all'epoca in cui
scrisse il
Catarismo in
Dordogna era una
novità destinata
a mettere salde
radici.
Nonostante la
cultura e
l'intelligenza
del chierico, si
nota come la sua
inquietudine era
costantemente
minacciata da
cadute
nell'irrazionale.
L'attribuzione
ai Perfetti di
capacità
soprannaturali e
demoniache
ricorre in molti
altri testi.
Questo luogo
comune era
diffuso anche a
Oriente. Ad
esempio, quando
l'imperatore di
Bisanzio Alessio
Comneno fece
condannare al
rogo Basilio il
Bogomilo,
temette fino
all'ultimo che
questi potesse
essere liberato
con l'aiuto dei
demoni. Il clima
di superstizione
offuscava le
menti e
preparava le
peggiori
atrocità. La
cultura egemone
a quell'epoca
era dominata da
rapporti
complessi e
rigidi che non
ammettevano
infrazioni,
l'ostilità a
qualsiasi
cambiamento
permeava ogni
cosa. Anche solo
il tentativo di
applicare il
Vangelo nella
vita di tutti i
giorni, negando
le
stratificazioni
sociali, era
ritenuta follia
di ispirazione
diabolica. Come
dice a questo
proposito J.P.
Poly, studioso
di storia
medievale,
"coloro che
vogliono, molto
o poco,
modificare le
situazioni
esistenti, sono
considerati
ambiziosi senza
scrupoli e
spititi
sovversivi,
nella misura in
cui mettono in
causa l'ordine
voluto da Dio."
Eppure, anche in
mezzo a tanta
oscurità, una
scintilla di
luce riuscì a
trovare il
terreno per
attecchire e
svilupparsi.
La profondità
dottrinale di
questa comunità
catara appare
già
perfettamente
delineata.
Traspare
nitidamente la
concezione
docetica che
nega la
carnalità di
Cristo e la sua
passione sulla
croce,
attribuendo alla
Cena del Signore
un mero
significato
commemorativo.
E' evidente che
l'opera di Dio
menzionata nella
dossologia
"perché tuo è il
regno, e tuo il
potere su tutta
la creazione, in
eterno, amen"
non è il mondo
materiale e
sensibile,
creato da
Satana, ma il
mondo dello
Spirito in cui
le anime umane
hanno avuto
origine. Già vi
appare il
particolare modo
cataro di
intendere il
verbo "creare"
nonché i termini
"tutto" e
"nulla". Anche
la dieta seguita
dai Perfetti è
menzionata,
segno che la
religione
dualista era già
ben definita nei
suoi costumi e
nella sua
gerarchia, a
dispetto di
quanto sostenuto
da alcuni autori
che parlano di
movimenti
spontanei. Il
nome dato a
questi religiosi
eterodossi,
Eretici
Petragorici, fa
riferimento al
nome della
regione, che
trae la sua
origine dai
Celti Petrucorii
che la
abitarono. In
seguito
tuttavia, a
causa della
credenza nella
metempsicosi, il
nome Petracorici
sarebbe stato
mutato spesso in
Pitagorici.