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I CATARI DI PÉRIGUEUX

Marco Moretti

 

 

Riporto un testo notevole, una testimonianza del XII secolo (correva l'anno 1147) che ci permette di capire come un monaco della Chiesa di Roma vedeva i Catari che andavano diffondendo i loro insegnamenti in una regione dell'Aquitania: il Périgord, anticamente noto come Diocesi Petrocoricense. 

"Io, monaco Eriberto, desidero che sia noto a tutti i cristiani quanto debbono agira accortamente con gli pseudoprofeti che cercano di sovvertire in questi tempi la cristianità. Sono infatti apparsi nella regione di Périguex numerosi eretici, i quali affermano di seguire la vita apostolica. Essi non mangiano carne, non bevono vino, se non in piccola misura ogni tre giorni. Fanno quotidianamente centinaia di genuflessioni, ma non accettano denaro in elemosina. Invece di dire soltanto "Gloria al Padre", essi aggiungono "perché tuo è il regno, e tuo il potere su tutta la creazione, in eterno, amen", parole che non sono nella Scrittura.
 
Essi sostengono che le opere di carità sono inutili, perché nessuno dovrebbe possedere ricchezze con cui fare elemosina. Considerano di nessun valore la messa, e asseriscono che il sacramento dell'eucarestia è unicamente la consumazione di un pezzo di pane. Se qualcuno di loro celebra la messa, per ingannare i fedeli, non recita il canone e non partecipa al sacramento, ma getta l'ostia dietro l'altare o la caccia dentro il messale. Essi non adorano la croce né l'immagine del Signore, anzi trattengono dall'adorarle, per esempio, pronunciando davanti all'immagine del Signore queste parole: "Come sono meschini coloro che ti adorano!", e recitando il Salmo "Gli idoli dei Gentili, ecc.".
Già moltissime persone si sono lasciate sedurre da queste falsità, anche tra i nobili, che hanno abbandonato i loro averi e il loro stato, e persino tra i membri del clero, preti, monaci e suore.
Non c'è tra costoro nessuno così incolto che, se si mette al loro seguito, non possa divenire nello spazio di otto giorni tanto abile da non lasciarsi confondere né in discussioni né in citazioni. Non c'è alcun mezzo per isolarli dagli altri, perché, anche se vengono messi in prigione, non possono essere tenuti da nessun vincolo: il diavolo stesso scioglie le loro catene. Essi compiono pure grandi prodigi: anche se, legati da manette di fetto, vengono ficcati dentro una botte capovolta, e tenuti sotto stretta sorveglianza, l'indomani non sono più visti, essendosi liberati da soli."

(Eriberto, Epistola de haereticis Petragoricis, in J.P. Migne, Patrologia latina, volume CLXXXI)

Da questa vivida descrizione apprendiamo il sacro terrore che una parte del clero cattolico nutriva verso i portatori di una tradizione giudicata incomprensibile, di cui intuiva però il potenziale antinomico. Il monaco Eriberto fotografa una situazione di incipiente cambiamento sociale: dalle sue parole è ben chiaro che all'epoca in cui scrisse il Catarismo in Dordogna era una novità destinata a mettere salde radici. Nonostante la cultura e l'intelligenza del chierico, si nota come la sua inquietudine era costantemente minacciata da cadute nell'irrazionale. L'attribuzione ai Perfetti di capacità soprannaturali e demoniache ricorre in molti altri testi. Questo luogo comune era diffuso anche a Oriente. Ad esempio, quando l'imperatore di Bisanzio Alessio Comneno fece condannare al rogo Basilio il Bogomilo, temette fino all'ultimo che questi potesse essere liberato con l'aiuto dei demoni. Il clima di superstizione offuscava le menti e preparava le peggiori atrocità. La cultura egemone a quell'epoca era dominata da rapporti complessi e rigidi che non ammettevano infrazioni, l'ostilità a qualsiasi cambiamento permeava ogni cosa. Anche solo il tentativo di applicare il Vangelo nella vita di tutti i giorni, negando le stratificazioni sociali, era ritenuta follia di ispirazione diabolica. Come dice a questo proposito J.P. Poly, studioso di storia medievale, "coloro che vogliono, molto o poco, modificare le situazioni esistenti, sono considerati ambiziosi senza scrupoli e spititi sovversivi, nella misura in cui mettono in causa l'ordine voluto da Dio."
Eppure, anche in mezzo a tanta oscurità, una scintilla di luce riuscì a trovare il terreno per attecchire e svilupparsi.

La profondità dottrinale di questa comunità catara appare già perfettamente delineata. Traspare nitidamente la concezione docetica che nega la carnalità di Cristo e la sua passione sulla croce, attribuendo alla Cena del Signore un mero significato commemorativo. E' evidente che l'opera di Dio menzionata nella dossologia "perché tuo è il regno, e tuo il potere su tutta la creazione, in eterno, amen" non è il mondo materiale e sensibile, creato da Satana, ma il mondo dello Spirito in cui le anime umane hanno avuto origine. Già vi appare il particolare modo cataro di intendere il verbo "creare" nonché i termini "tutto" e "nulla". Anche la dieta seguita dai Perfetti è menzionata, segno che la religione dualista era già ben definita nei suoi costumi e nella sua gerarchia, a dispetto di quanto sostenuto da alcuni autori che parlano di movimenti spontanei. Il nome dato a questi religiosi eterodossi, Eretici Petragorici, fa riferimento al nome della regione, che trae la sua origine dai Celti Petrucorii che la abitarono. In seguito tuttavia, a causa della credenza nella metempsicosi, il nome Petracorici sarebbe stato mutato spesso in Pitagorici.

 

 

 

   




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