Dal Chronicon
Anglicanum di
Ralph (Radulfo)
di Coggeshall
traggo un
significativo
brano in cui si
parla
dell'incontro
tra alcuni
rappresentanti
della cultura
egemone e due
donne catare,
avvenuto intorno
al 1175 nei
pressi
dell'augusta
città di Reims.
"Ai tempi di
Luigi, Re di
Francia
che generò Re
Filippo, mentre
l'errore di
certi eretici,
che sono
chiamati
Publicani in
volgare, si
stava
diffondendo in
molte delle
province di
Francia, una
cosa portentosa
avvene nella
città di Reims
in relazione a
un'anziana donna
infettata da
quella piaga. Un
giorno,
mentre il
Signore
Guglielmo,
arcivescovo di
quella città e
zio del Re
Filippo, stava
facendo una gita
con i suoi
chierici fuori
della città, il
Maestro Gervasio
di Tilbury notò
una ragazza che
camminava da
sola in una
vigna. Spinto
dalla curiosità
di una gioventù
dal sangue
ardente, le si
avvicinò, come
più tardi
sentimmo per sua
bocca, quando
egli era
diventato un
canonico. Egli
la salutò e
indagò
attentamente di
chi fosse la
figlia, e cosa
stesse facendo
tutta sola in
quel luogo; e
poi, dopo aver
contemplato per
un po' la sua
bellezza, le
fece alla
maniera dei
cortigiani una
proposta di
amore lascivo.
Lei fu molto
imbarazzata
e, rivolgendo
gli occhi a
terra, gli
rispose con
gesti semplici e
una certa
gravità: "Buon
giovane, il
Signore non
desidera che io
sia tua amica o
amica di un
qualsiasi uomo,
perché se io
dovessi perdere
la mia verginità
e se il mio
corpo fosse
sporcato anche
una sola volta,
sarei dannata in
eterno senza
alcuna speranza
di porvi
rimedio."
Come udì queste
parole, il
Signore Gervasio
comprese
all'istante che
ella apparteneva
alla più empia
delle sette,
quella dei
Publicani, che a
quel tempo
venivano cercati
dovunque per
essere
annientati,
specialmente da
Filippo, Conte
delle Fiandre,
che li
perseguitava in
modo spietato,
con la giusta
crudeltà. Alcuni
di loro erano
giunti in
Inghilterra e
furono catturati
ad Oxford, dove
per ordine del
Re Enrico II
vennero
vergognosamente
marchiati a
fuoco sulla
fronte con una
chiave
incandescente.
Mentre il
suddetto
chierico stava
argomentando con
la ragazza,
cercando di
dimostrare
l'errore della
sua risposta,
l'Arcivescovo si
avvicinò al
corteo. Come
apprese la causa
della
discussione,
ordinò che la
giovane fosse
arrestata e
portata con lui
in città. Quando
le si rivolse in
presenza del suo
clero e le citò
molti passaggi
scritturali e
argomenti
ragionati in
modo da
confutare i suoi
errori, lei
rispose che non
aveva ancora
appreso
abbastanza per
dimostrare la
falsità degli
argomenti
presentati, ma
ammise che aveva
una maestra in
città che
avrebbe
confutato
facilmente le
obiezioni di
tutti.
Così, quando la
ragazza ebbe
rivelato il nome
e la residenza
della donna,
essa fu
immediatamente
cercata e
trovata, e
convocata
davanti
all'Arcivescovo
dai suoi
ufficiali.
Quando fu
attaccata da
tutti i lati
dall'Arcivescovo
stesso e dal
clero con
svariate domande
e con
testimoniande
delle Sacre
Scritture che
avrebbero dovuto
distruggere
l'errore,
tramite perverse
interpretazioni
ella alterò
tutti i testi
proposti, in
modo tale che
divenne evidente
a tutti come lo
Spirito di Tutti
gli Errori
parlasse per
bocca sua.
Invero rispose
facilmente a
tutti i testi e
le narrazioni
che le venivano
presentate, sia
dell'Antico che
del Nuovo
Testamento, a
menadito, come
se
padroneggiasse
la conoscenza di
tutte le
Scritture e
fosse stata ben
istruita a
questo tipo di
risposte,
mescolando il
falso al vero e
facendosi beffa
della vera
interpretazione
della nostra
fede con una
perspicacia
perversa.
Quindi, siccome
fu impossibile
richiamare le
menti ostinate
di queste due
persone dagli
errori delle
loro vie per
mezzo di
minaccia o
persuasione, o
di un qualsiasi
argomento o
passaggio
scritturale,
esse furono
messe in
prigione fino al
giorno seguente.
Al mattino
furono
richiamate alla
corte
arcivescovile,
davanti
all'Arcivescovo
e a tutto il
clero, e alla
presenza della
nobiltà, esse
furono di nuovo
messe di fronte
a molte buone
ragioni affinché
rinunciassero al
loro errore
pubblicamente.
Ma siccome non
ammisero in
alcun modo le
salutari
ammonizioni,
persistendo
testardamente
nell'errore
adottato, fu
decretato
all'unanimità
che entrambe
fossero
consegnate alle
fiamme.
Quando il fuoco
ebbe illuminato
la città e gli
ufficiali si
prepararono a
trascinarle alla
punizione
sentenziata, la
signora dei vili
errori esclamò:
"O giudici
stolti ed
iniqui, pensate
adesso di
bruciarmi nelle
vostre fiamme?
Non temo il
vostro giudizio,
né tremo
aspettando il
fuoco!". Con
queste parole,
estrasse
all'improvviso
un gomitolo
tratto dal suo
seno e lo scaglò
attraverso una
grande finestra,
afferrando
l'estremità del
filo con le
mani: allora ad
alta voce,
udibile da
tutti, esclamò:
"prendetemi!", e
fu sollevata da
terra prima che
gli occhi di
tutti potessero
seguire il
gomitolo nel suo
rapido volo,
sostenuto - come
crediamo - dal
potere degli
spiriti maligni
che
trasportarono
Simon Mago
nell'aria. Ciò
che avvenne a
quella donna
malefica, o dove
fu trasportata,
gli astanti non
poterono mai
scoprirlo in
alcun modo.
Ma la ragazza
non era ancora
coinvolta così a
fondo nella
follia della
setta; e,
siccome era
ancora presente,
si sarebbe
potuta salvare
dalla testarda
maledizione in
cui si era
imbarcata, ma
non fu distolta
né dalla
ragione, dalla
persuasione o
dalla promessa
di ricchezze.
Così fu
bruciata. Causò
grande stupore
in molti, perché
non emise un
solo sospiro, né
una lacrima, né
un gemito, ma
sopportò
l'intera agonia
della
combustione con
fermezza e
letizia, come
una martire di
Cristo."
Per comprendere
meglio il
contesto,
occorre fare
alcune
precisazioni sui
protagonisti di
questa
narrazione. Il
sovrano di cui
si parla in
questa
narrazione è
Luigi VII,
detto il
Giovane.
L'Arcivescovo
Guglielmo di
Reims
(1176-1202) era
il figlio del
Conte Thibaud (Tebaldo)
II di Champagne
e lo zio di
Filippo II di
Francia. Anche
il Maestro
Gervasio è ben
noto, anche se
la maggior parte
dei lettori
certo non lo ha
mai sentito
nominare. Era
inglese di
nascita ma era
un cosmopolita,
come a quei
tempi era la
norma delle
classi alte. Fu
cresciuto a Roma
e studiò legge
all'università
di Bologna.
Servì svariati
sovrani nella
sua lunga
esistenza, tra i
quali Ottone IV
e Guglielmo II
di Sicilia.
All'epoca i
Catari di
Francia erano
chiamati
Publicani o
Popelicani. Era
questo uno dei
molti nomi con
cui erano
conosciuti. Tra
gli altri vanno
menzionati
Piphles (di
origine oscura)
e Tisserands,
ossia Tessitori,
dalla
professione che
molti di loro
esercitavano. Il
nome Publicani
non allude ai
funzionari
incaricati di
esigere le tasse
nell'Impero
Romano (i
pubblicani), ma
è chiaramente
una deformazione
del bulgaro
Pavlikeni, ossia
Pauliciani.
Le Chiese Catare
più antiche
furono stabilite
dai Franchi che
ebbero a lungo
residenza in
Bulgaria e a
Costantinopoli.
La formazione
del Catarismo
avvenne proprio
nella terra che
fu un tempo
chiamata Tracia
dai Romani,
dall'incontro e
dalla lunga
convivenza di
elementi
manichei e
marcioniti
deportati a più
riprese
dall'Armenia. Le
comunità della
regione nota
come
Champagne
(dal latino
Campania) sono
tra le prime di
cui si abbia
notizia
nell'intero
Occidente, e
data la
consistenza che
già avevano
nella seconda
metà XII secolo,
si pensa che il
processo di
formazione debba
essere predatato
al secolo
precedente.
La cosa che più
stupisce
leggendo questi
tristissimi
fatti è già una
sfida al buon
senso comune di
molti moderni:
la figura del
monaco
libidinoso, un
autentico sileno
sbavante alla
vista di una
bella vergine,
del tutto
incapace di
trattenere gli
impulsi del suo
basso ventre.
Nonostante gli
scandali
sessuali di cui
si ha notizia
con cadenza
quasi
quotidiana, c'è
una riluttanza
nella maggior
parte delle
persone ad
associare una
condotta simile
a chi indossa le
vesti della
Chiesa di Roma.
Non
dimentichiamoci
che tra
quell'epoca
torbida e i
nostri giorni
c'è di mezzo il
Concilio di
Trento, con la
sua opera di
moralizzazione
esteriore dei
corrotti costumi
ecclesiastici.
Nei secoli del
Medioevo era del
tutto normale il
nicolaismo dei
chierici.
Moltissimi
frati, preti e
porporati
avevano amanti,
senza badare di
certo ai limiti
di età sanciti
dalla legge
odierna. Era
molto comune che
un uomo della
Chiesa
somministrasse
comunioni
oscene. Certo,
la cosa accade
anche oggi, e di
questo abbiamo
ampia
testimonianza
dai fatti di
cronaca. Il
punto è che nei
secoli di cui
stiamo
trattando questi
abusi erano
ritenuti un
diritto
inalienabile ed
esercitati alla
luce del sole
senza alcuna
vergogna.
La Chiesa Romana
incarnava la
morale
normativa, e
sanciva la
divisione delle
classi sociali
come giusta e
santa. Aveva la
funzione di
rendere
legittimo
l'arbitrio dei
regnanti. Il
contadino era
ritenuto dal
nobile poco più
di una bestia.
Se Catone il
Censore definì
lo schiavo
"instrumentum
vocale", per un
porporato del
XII il servo
della gleba era
un maiale dotato
di favella.
Pertanto una
ragazza di bassa
condizione
sociale era
soltanto
materiale di
soddisfacimento
e poteva essere
posseduta in
tutti i modi
possibili senza
che potesse
protestare. La
sua volontà, le
sue aspirazioni,
la sua stessa
morale, erano
tutte cose
irrilevanti.
Quello che
faceva scalpore
nel lettore
medievale non
era quindi il
comportamento
del chierico, ma
quello della
fanciulla. La
sua
ribellione era
ritenuta
semplicemente
inaudita!
I toni
superstiziosi
usati dal
canonico di
Coggeshall
indicano la
paura cieca
verso una
controcultura
tenebrosa che
lentamente andava
corrodendo le
fondamenta della
luminosa Città
di Dio. Un male
assoluto, verso
cui non poteva
esistere neppure
un larvato
tentativo di
comprensione.
Compare anche il
tema ormai
familiare
dell'identificazione
forzata tra
eresia e
stregoneria, con
conseguente
attribuzione di
portenti ai
dissidenti
religiosi. Ogni
dottrina
contraria
all'interpretazione
canonica delle
Scritture veniva
senza mezzi
termini identificata
con una
grossolana forma
di satanismo.
Sempre a
proposito dei
Catari della
Champagne, il
cronista di
Coggeshall ci
rivela che essi
"credono che un
angelo apostata,
che chiamano
Luzabel,
presieda a tutta
la creazione
fisica..." Quello
che all'inglese
parve pazzia, è
ora
identificabile
come uno dei
capisaldi della
teologia di
Concorezzo, di
diretta
filiazione
bogomila.
A dispetto della
demonizzazione
operata dalle
classi alte, il
pubblico ammirò
la martire
catara nella sua
agonia tra le
fiamme. A
dispetto delle
parole dei
principi e dei
preti, gli
spettatori
videro nella
giovane quella
purezza che non
apparteneva alla
religione
dominante.
Questo
sentimento è una
chiara prova del
terreno fertile
che permise la
crescita
esponenziale
dell'eterodossia,
finché lo stato
non si decise a
chiedere l'aiuto
del potere
pontificio per
compiere opere
di sterminio.
Notevole è anche
la menzione
degli sfortunati
Catari di
Oxford,
condannati da
Enrico II ad
essere marchiati
a fuoco ed
esposti a un
inverno rigido
senza poter
indossare alcun
abito. Siccome
la popolazione
li riteneva
maledetti e non
ammetteva alcun
contatto con
loro, essi non
trovarono cibo e
morirono
assiderati. Un
fatto atroce che
è soltanto una
delle tante
prove dell'odio
inestinguibile provato
dagli Inglesi
per la religione
dualista.
Anglo-francese
era anche Simon
de Montfort, il
Conte di
Leicester che
condusse la
funesta crociata
contro gli
Albigesi. In un
luogo della sua
opera, l'ormai
anziano Gervasio
di Tilbury ci
narra l'ardita
evocazione di un
fantasma da
parte di un
prete. A detta
sua, lo spettro
avrebbe rivelato
l'estrema gioia
di Dio per il
genocidio degli
Albigesi e la
condanna verso i
cattolici che
pur non aderendo
all'eresia si
erano mostrati
tolleranti verso
chi la
professava.
Eppure il
Catarismo
sopravvisse
anche in
condizioni così
ostili, al punto
di lasciare
traccia di sé: è
ben possibile
che John
Wycliffe fosse
un discendente
di Catari, visto
che incorporò
elementi
bogomili nella
sua dottrina.