Al mondo
medioevale
mancava quella
unità che
costituiva uno
dei tratti
caratteristici
dell'età romana,
ma nonostante
ciò e malgrado
tutte le
difficoltà di
comunicazione,
gli scarsi mezzi
di trasporto e
la poca
sicurezza delle
vie, i popoli
europei
mantenevano dei
rapporti
reciproci assai
stretti e
stabili. Questi
rapporti però
non si
realizzavano
unicamente come
contatti,
pacifici o di
guerra, fra i
vari stati,
oppure come
legami
nell'ambito
della vita
ecclesiastica.
Esistevano,
accanto ad essi,
varie sfere
dell'attività
umana, dove -
per vie quasi
ignote o almeno
a stento
identificabili -
s'intrecciavano
altri contatti
vastissimi e
durevoli. I
tratti comuni
nel folklore
oppure nel
linguaggio
popolare
risultavano da
contatti fra i
vari popoli che
si svolgevano al
di fuori dei
"rapporti
ufficiali",
sotto lo sguardo
indifferente del
potere temporale
e spirituale. Vi
era tuttavia un
campo della vita
spirituale in
cui i popoli
europei
s'ingegnavano di
stabilire fra di
loro molteplici
contatti e di
creare una
grande unità,
contro il volere
degli stati e
dell'organizzazione
ecclesiastica:
tale era
esattamente il
caso dei
movimenti
ereticali.
Sotto
quest'aspetto la
storia di certe
eresie - come ad
esempio il
manicheismo, il
bogomilismo ed
il catarismo
-acquista un
significato del
tutto nuovo. Le
eresie ricordate
possono essere
studiate non
solo come un
fenomeno
importante dal
punto di vista
puramente
religioso o
dottrinale,
sociale o
politico, ma
anche come una
forma di
contatti e di
influssi
reciproci fra i
vari popoli e
paesi, ad
esempio fra
l'Oriente e
Bisanzio, fra
Bisanzio ed i
popoli balcanici
ed in genere i
popoli slavi,
infine fra
questi ultimi e
l'Occidente
europeo. Qualche
studioso moderno
ebbe l'idea di
dichiarare il
bogomilismo come
"the first
European link"
di una catena
millenaria, che
incomincia con
la predica di
Mani in
Mesopotamia nel
III secolo e
giunge sino alla
Crociata degli
Albigesi in
Francia
meridionale nel
secolo XIII.
Nonostante la
sua troppa
semplicità,
quest'affermazione
appare assai
seducente. Prima
di considerarla
al di sopra di
ogni dubbio,
sarebbe
necessario un
esauriente e
vasto studio
comparativo
delle grandi
correnti
ereticali del
Medio Evo,
verificando i
singoli nessi di
questa
presupposta '
catena ' sia
nella loro
sostanza che nel
modo di
concatenarsi,
attraverso i
secoli e gli
ampi territori
del mondo
medioevale.
Durante tutto il
periodo
medioevale gli
Slavi della
Penisola
Balcanica erano
prevalentemente,
se non anche
esclusivamente,
nell'ambito
dell'Impero
bizantino, e per
mezzo di esso
venivano in
contatto con
l'Oriente, con
il suo
germogliare
continuo di
eresie. Non è
difficile perciò
rintracciare i
legami che
univano tali
correnti
ereticali
dell'Oriente,
come il
manicheismo e il
paulicianismo,
con il
bogomilismo. Per
vari secoli però
i popoli
balcanici
vivevano privi
di contatti con
l'Occidente.
Accettando la
ipotesi di una
certa unità e
continuità delle
correnti
ereticali del
Medio Evo, e
parlando di un
vasto movimento
"neomanicheistico"
realizzato
attraverso la
mediazione dei
bogomili
balcanici,
sembra più che
necessario
badare non
soltanto ai
tratti di unità
dottrinale, ma
comprovare anche
l'esistenza dei
rapporti storici
fra questi
popoli.
Come per tanti
altri movimenti
ereticali, uno
sguardo sulla
storia e
particolarmente
sull'essenza
dottrinale del
bogomilismo
viene ostacolato
da una
difficoltà
primordiale: la
mancanza totale
di fonti dirette
e genuine di
provenienza
bogomila. Non è
inutile
avvertire che
tutto ciò che
conosciamo di
più importante
della dottrina
dei bogomili
viene dagli
scritti dei loro
nemici. Ben poco
si può ricavare
da certi
apocrifi di
origine
presupposta
bogomila, dalla
cosidetta
"Interrogatio
Iohannis>,
conservataci
unicamente in
veste latina di
epoca
relativamente
tarda,
finalmente dalla
tradizione orale
in fiabe
popolari,
diffuse fra i
Bulgari e fra
altri popoli
balcanici quasi
sino ai giorni
nostri. Essendo
il bogomilismo
spuntato
inizialmente fra
i Bulgari e
rimasto, per
quanto si può
sapere, limitato
per vari decenni
fra di essi, la
prima menzione
delle fonti
storiche
sull'eresia
spetta agli
scritti di
origine bulgara,
supponendo in
detti scritti
un'informazione
diretta e
copiosa. La
speranza dello
studioso di
scoprire, fra le
opere assai
numerose della
letteratura
bulgara del
Medio Evo, fonti
abbondanti sulla
storia e la
dottrina degli
eretici, rimarrà
delusa. In
ordine
cronologico come
fonti della
storia dei
bogomili bulgari
si possono
menzionare
soltanto alcuni
scritti di
valore
disuguale:
alcuni passi
nell'Esamerone
composto dallo
scrittore
Giovanni Esarca
verso la fine
del secolo IX o
all'inizio
stesso del
secolo decimo,
il del Vescovo
Cosma I,
composto nel
periodo 969-972,
poi il Sinodico
redatto per
ordine del re
Boril
(1207-1218) in
occasione del
sinodo
antibogomilistico
convocato nella
capitale bulgara
di allora,
Turnovo,
all'inizio del
1211, finalmente
la vita del
vescovo della
regione di
Muglen (in
Macedonia)
Ilarione, dei
tempi
dell'imperatore
bizantino
Manuele I
Comneno
(1143-1180),
scritta
dall'ultimo
patriarca della
Bulgaria
medioevale
Eutimio di
Turnovo
(13751393). Fra
tutti questi
scritti quello
di maggior
valore è senza
dubbio l'opera
di Cosma, resa
pienamente
accessibile agli
studiosi
occidentali in
una versione
francese ed in
un'altra non
meno utile in
lingua latina,
assai recenti
ambedue.
Contemporaneo
agli stessi
inizi
dell'eresia,
connazionale del
primo grande
promotore ed
eresiarca e dei
suoi immediati
seguaci, il
vescovo Cosma
era naturalmente
informato in
modo ampio e
diretto per il
periodo forse
più importante
della formazione
del bogomilismo.
Le sue
testimonianze
sono non solo le
più dettagliate
e originali, ma
hanno anche il
singolare pregio
di essere date
in modo concreto
e abbastanza
oggettivo. Una
trentina di
anatematismi,
formulati in
forma più che
schematica nel
testo del
Sinodico
bulgaro,
confermano le
testimonianze di
Cosma e rilevano
certi
particolari di
carattere
storico o
dottrinale
nuovi. Giovanni
Esarca ben
cinque volte fa
cenno ai
manichei e agli
"Slavi pagani":
due delle sue
testimonianze
riproducono, in
versione
paleo-bulgara,
passi di autori
patristici
greci, le altre
tre fanno
menzione del
culto solare
presso i
manichei e,
salvo una lectio
erronea del
testo, presso
gli "Slavi
pagani", come
anche della
conczione
negativa del
mondo visibile
dei manichei. In
nove capitoli
della Vita di S.
Ilarione il
vescovo Eutimio
ha voluto dare
piuttosto prova
della sua
cultura
letteraria,
invece di
offrire qualche
notizia diretta
e autentica.
Parlando dei
manichei, degli
armeni (=
pauliciani) e
dei bogomili in
Macedonia
Centrale egli
nelle dispute
reali o fittizie
con loro non ha
fatto altro che
ripetere gli
argomenti
dell'apologeta
bizantino
Eutimio
Zigabeno.
Per indagare la
storia del
bogomilismo
siamo costretti,
come per tanti
altri momenti
nella storia
degli Slavi
meridionali, a
ricorrere alle
fonti di origine
bizantina.
Relativamente
più copiose,
queste fonti
nella loro
maggioranza si
riferiscono al
periodo
posteriore della
storia del
bogomilismo,
quando il
movimento
ereticale varcò
i confini della
Bulgaria, per
diffondersi
nell'Impero
bizantino.
Considerati gli
stretti legami
storici e
dottrinali che
riallacciano il
bogomilismo alle
dottrine dei
manichei, dei
pauliciani, dei
massaliani e di
alcune eresie in
Bisanzio e
nell'Oriente, le
fonti storiche
di detti
movimenti
ereticali
diventano più
che
indispensabili
anche per lo
studio del
bogomilismo. Per
una curiosa
coincidenza due
delle fonti
bizantine più
antiche sono
legate, in certo
modo, con
l'Italia. Così,
la "Historia
Manichaeorum" di
Pietro Siculo,
composta verso
l'872,
testimonia della
penetrazione di
missionari
pauliciani fra i
Bulgari o almeno
di legami
esistenti fra i
pauliciani
dell'Asia Minore
e la Bulgaria in
quel periodo.
Scritta sulla
base di una
esperienza
personale,
quest'opera
offre,
d'altronde,
preziose
corrispondenze
dottrinali fra
le due eresie.
In un codice
della Ambrosiana
(cod. 270, E. 9
sup., olim T
89), del sec.
XIV, ci è
pervenuto il
testo unico
della fonte
bizantina più
antica, dove si
danno notizie,
benché senza
nominare
esplicitamente
il bogomilismo,
dell'eresia
bulgara. Si
tratta di una
lettera del
patriarca
costantinopolitano
Teofilatto
(2.II.933-27.II.956),
diretta al re
bulgaro Pietro
(927-969).
Conosciuta, come
pare, dagli
eruditi europei
già all'inizio
del '700 e
rimasta inedita,
a causa di una
falsa
attribuzione,
sino al secondo
decennio del
nostro secolo,
tale epistola fu
inviata in
risposta ad una
domanda del
sovrano bulgaro,
turbato dal
propagarsi
dell'eresia nel
suo regno. Il
patriarca, o
meglio
quell'ignoto
Giovanni,
"chaytophytax"
della Chiesa di
Costantinopoli,
che scrisse in
vece sua la
lettera, si
basava sulle
informazioni
fornitegli dal
re bulgaro. Le
autorità
ecclesiastiche e
civili in
Bulgaria però
non riuscivano
ancora ad
afferrare le
particolarità
della "nuova
eresia", e
perciò la loro
informazione non
aveva fornito al
patriarca un
materiale sicuro
e chiaro, per
distinguere bene
il movimento.
Formulando i
tratti
essenziali
dell'eresia in
una serie di
anatematismi, la
lettera rimaneva
piuttosto a ciò
che si conosceva
sul manicheismo
e sui
pauliciani.
Nonostante
tutto, dal
contenuto di
questa epistola
si possono
trarre alcune
conclusioni
fondamentali
rispetto alla
storia del
bogomilismo nel
periodo della
sua formazione
iniziale. Priva
di qualsiasi
indicazione
cronologica
esplicita, ma
databile al
primo decennio
del patriarcato
di Teofilatto,
l'epistola
costituisce un
vero "teyminus
ante quem" per
il sorgere
dell'eresia.
Sebbene non
disponesse di
una informazione
sufficiente,
l'autore della
lettera aveva
definito
l'eresia come un
neomanicheismo -
un manicheismo
cioè congiunto
con
paulicianismo -
e questa sua
definizione non
fu smentita
dalle
testimonianze
delle altre
fonti storiche,
e tanto meno
dagli studi
moderni, che la
modificarono
solo
parzialmente.
La maggior parte
delle fonti
bizantine dei
tempi posteriori
hanno un valore
minore e
relativo. Così,
lo scritto di
Michele Psello
"De operatione
daemonum",
composto verso
l'inizio della
seconda metà del
sec. XI, non è
altro che una
fonte torbida,
il cui pregio
maggiore
consiste forse
nell'indicare la
propagazione
dell'eresia in
Tracia. Verso la
stessa epoca il
monaco del
monastero della
Peribleptos
Eutimio compose
la sua e
Costantino
Armenopulo,
nella sua opera
"De haeresibus",
composta verso
la metà del
'300, si
accontentarono
di riprodurre le
testimonianze
dello Zigabeno,
come fece del
resto
parzialmente
anche il
metropolita di
Salonicco
Simeone
all'inizo del
'400 nel suo '
Dialogo' contro
tutte le eresie.
Per il secolo
XIII si hanno
due altri
scritti, una
"Epistula ad
Constantinopolitanos
contra
Bogomilos" del
patriarca
Germano II
(1222-1240), e
uno scritto del
cartofilace
della chiesa
costantinopolitana
Giorgio
Moschabar, della
seconda metà del
secolo, con
alcune notizie
sulla diffusione
dell'eresia e su
certi tratti
dottrinali poco
chiari. Dopo il
1363 il
patriarca
costantinopolitano
Callisto I
(1350-54,
1355-63) scrisse
la vita
dell'esicasta
bulgaro Teodosio
di Turnovo (m.
1363),
conosciuta oggi
solo nella
versione bulgara
medioevale.
Confondendo
massalianismo e
bogomilismo, il
patriarca ci dà
alcune notizie
sul movimento
dei bogomili in
Bulgaria in
quell'epoca.
Come ultime
fonti di origine
bizantina si
devono
rammentare un
certo numero di
atti sinodali,
alcune formule
di anatematismi
e di abiura,
finalmente
qualche cronaca.
Gli scritti di
origine
serbo-croata e
russa
costituiscono
piuttosto delle
testimonianze
della vitalità e
della
propagazione
dell'eresia che
fonti di notizie
nuove e
originali.
Sfruttando con
acuto senso
critico e
spassionata
oggettività
tutte queste
fonti si
giungerà a
ricostituire,
almeno nei suoi
tratti
essenziali,
l'evoluzione
storico-dottrinale
del movimento
bogomilistico
che agitò un
vasto spazio del
mondo europeo
per oltre cinque
secoli.
Il nome slavo
"Bogomil", che
divenne famoso
per cagione
dell'eresia
omonima, non è
altro che un
semplice calco
dal greco
"teofilos", cioè
a "amato da Dio
" ossia "caro a
Dio". Detto nome
slavo appare
presso i Bulgari
già nella
seconda metà del
sei. IX. Così,
la più antica
menzione di
questo nome si
legge in una
nota marginale
sul celebre
codice
pergamenaceo di
Cividale (Cod.
Sacri, I, f. 4),
del sei. V-VI,
dove un nobile
bulgaro, Sadak,
inviato nell'867
dal principe
Boris (852-889)
al pontefice
Nicolò I, ha
segnalato i nomi
dei suoi
familiari e fra
l'altro di sua
figlia, "filia
eius Bogomilla".
Cosma, che
conosceva bene
il significato
di esso nome,
parlando nella
sua opera degli
eretici
bogomili, non li
nomina mai con
tale
denominazione:
invece di essere
un biasimo, il
nome tornerebbe
a onore e
elogio. Per
primi usarono
detto nome come
appellativo
dell'eresia gli
autori
bizantini, per i
quali,
nonostante i
tentativi di
spiegarlo, esso
rimaneva
estraneo e
oscuro. L'eresia
prese il suo
nome da un capo
eponimo - il
prete (pop)
Bogomil, la cui
esistenza
storica viene
attestata dalle
due fonti fra le
più autorevoli,
il "Discorso"
cioè di Cosma e
il Sinodico
della chiesa
bulgara.
L'informazione
delle due fonti
è per caso
quanto mai
concisa: non ci
insegna altro
che il pop
Bogomil visse
nei tempi del re
bulgaro Pietro,
cioè fra il 927
e il 969.
Appoggiandosi
sulle
testimonianze di
Cosma, del
Sinodico e
dell'epistola di
Teofilatto, gli
studiosi, fra i
quali anche i
più recenti,
giunsero alla
conclusione che
il nascere
dell'eresia si
deve datare
"dans le premier
quart du Xe
siècle" oppure
"at the
beginning of the
reign" del re
Pietro, dioè
poco dopo il
927. Non pochi
indizi inducono
però a formulare
l'ipotesi che
l'eresia aveva
anche la sua
'protostoria' e
che la sua
origine si deve
cercare già
verso la metà
del secolo IX,
all'epoca della
conversione
ufficiale del
popolo bulgaro
al
cristianesimo.
Il movimento
ereticale
germogliò sul
fondo di una
complicata
realtà storica,
quando un
fermento interno
tentava di
concretizzarsi
sotto influssi
esterni. I
missionari
cristiani, nella
loro attività,
ebbero a
combattere
contro varie
correnti
religiose, in
uno stato dove
mancava
qualsiasi unità
di fede. Al
paganesimo slavo
si gli Uiguri ed
i Protobulgari
mantenessero dei
rapporti fra di
loro, malgrado
le enormi
distanze, anche
nel periodo dal
sec. VII al sec.
IX. Conoscendo
lo zelo
eccezionale dei
missionari
manichei, si
potrebbe
supporre che
durante la
seconda metà del
sec. VIII e sino
all'840 essi non
avevano
interrotto i
legami con gli
affini
Protobulgari.
Non è del tutto
impossibile che
dopo la
soppressione del
manicheismo
verso la metà
del sec. IX, e
specialmente
dopo le grandi
persecuzioni,
missionari
manichei abbiano
cercato rifugio
presso i parenti
lontani, tanto
più che le
frontiere dello
stato
protobulgaro
giungevano molto
a nord-est,
lungo la costa
settentrionale
del Mar Nero.
Disponendo di
alcuni indizi
sui contatti che
esistevano in
quell'epoca fra
i Protobulgari e
gli Slavi, da un
lato, e l'Iran
dall'altro, non
sembra
impossibile che
missionari
manichei
potessero
giungere in
Bulgaria anche
dall'Iran e
dall'Iraq. Ad
onta dei dubbi
formulati da
certi studiosi
circa la
possibilità di
un influsso
diretto del
manicheismo sui
Bulgari, bisogna
supporre con
grande
verosimiglianza
che la religione
di Mani penetrò
fra di loro
insieme con
l'eredità
antica, assunta
dopo lo
stabilirsi nei
territori
balcanici, come
anche tramite
contatti diretti
nei secoli
seguenti con gli
Uiguri, con
Irak, Iran e
perfino con gli
Armeni. Non
desta dubbi
invece la
penetrazione di
missionari
pauliciani fra i
Bulgari. I
cronisti e gli
storici
bizantini
parlano della
colonizzazione
di eretici in
Tracia nel sec.
VIII, a più
riprese (nel
746, 756, 778).
I Responsa ad
consulta
Bulgarorum di
papa Nicolò I,
dell'866,
confermano che a
duella epoca fra
i Bulgari erano
giunti
missionari
armeni. Una
iscrizione
protobulgara
della prima metà
del sec. IX
menziona un
personaggio di
nome
indubbiamente
armeno fra i
capi
dell'esercito
bulgaro. Infine,
la 'Historia
Manichaeorum' di
Pietro Siculo
testimonia di
legami fra i
pauliciani e le
terre bulgare
solo pochi anni
dopo la
conversione
ufficiale
nell'865. Questa
conversione,
effettuata in
parte con
violenza, non
riuscì a
sradicare il
paganesimo.
Numerosi cenni
nelle fonti
storiche parlano
della
persistenza di
credenze e riti
pagani anche
dopo
l'introduzione
del
cristianesimo
come religione
ufficiale nello
stato. Sino agli
ultimi due
decenni del sec.
IX, quando nel
paese fu
introdotto
l'alfabeto
slavo, fu creata
una letteratura
in lingua slava
e si organizzò
un clero slavo,
la
cristianizzazione
rimaneva più o
meno alla
superficie, la
nuova religione
veniva
considerata una
manifestazione
pericolosa
dell'influsso
bizantino ed il
clero bizantino
un elemento
estraneo, se non
anche ostile.
I,'aggravarsi
progressivo
della vita
sociale ed
economica
rendeva ancora
più ardente il
malcontento. Su
questo terreno
di reazione
latente contro
la fede
cristiana e la
chiesa
ufficiale,
contro il
bizantinismo e
le miserie della
vita, ogni
semente di
pensiero eretico
e eterodosso
germogliava
copiosamente. La
constatazione di
"une
recrudescence
des écrits
antimanichéens"
nella
letteratura
bizantina del
sec. IX vale
ugualmente anche
per la giovane
letteratura
paleobulgara.
Certamente,
l'apparire in
essa, già verso
la fine del sec.
IX e all'inizio
del decimo, di
alcuni scritti,
di origine
bizantina e di
contenuto
apologetico, non
si deve spiegare
come una mera
moda letteraria
e attribuirsi al
puro caso. Basta
citare qualche
titolo, per
persuadersi che
i primi
scrittori
bulgari e slavi
foggiavano armi
contro le eresie
ed in difesa
della nuova
fede. Tale fu,
ad esempio, la
traduzione
paleoslava di
alcuni scritti
di Metodio di
Olimpo ed in
primo luogo
della sua opera
"De libero
arbitrio",
diretta contro
il determinismo
della gnosi
valentiniana, ma
utilizzabile
egualmente
contro i
manichei. Io
scrittore
paleobulgaro
Costantino di
Preslav
tradusse,
all'inizio
stesso del sec.
X, i quattro
"Sermoni contro
gli Ariani" di
Atanasio
Alessandrino
evidentemente
non per
interesse
puramente
storico-letterario,
e nemmeno per
lottare contro
un fantasma
scomparso ormai
da secoli, ma
giacché le
correnti
ereticali nella
Bulgaria di
quell'epoca, non
ancora bene
identificate,
offrivano certe
analogie con la
"Arriana
haeresis" e
potevano essere
confutate con
argomenti
simili.
All'epoca
paleobulgara
appartiene anche
la traduzione
slava delle di
Cirillo di
Gerusalemme, il
quale polemizza
ampiamente non
solo contro le
altre eresie, ma
in modo
particolare
contro il
manicheismo. Con
la realtà
storica in
Bulgaria
probabilmente si
deve connettere
anche il
riassunto sulle
eresie che il
patriarca Fozio
scrisse, ad una
data che non si
può stabilire
con precisione,
per rispondere
alla richiesta
di un certo
monaco, di nome
Arsenio. Ora, da
una lettera di
Fozio sappiamo
ch'egli inviò al
`monaco ed
esicasta
'Arsenio alcuni
Bulgari, per
istruirli nella
vita monastica.
Se si tratta del
medesimo
personaggio, non
sarebbe forse
troppo
inverosimile
ammettere che
dietro il suo
interessamento
per le eresie si
nascondeva, in
realtà,
l'informazione
da parte dei
suoi allievi
circa la
situazione nel
paese
neoconvertito.
Senza menzionare
qui anche le
altre
testimonianze,
talvolta poco
chiare,
sull'attività
degli eretici,
manichei e
pauliciani, in
Bulgaria nel
sec. IX, occorre
concludere che,
secondo ogni
probabilità,
l'agitazione
ereticale
cominciò in
questo paese
molto prima
dell'inizio del
sec. X, cioè già
verso la metà
del secolo
precedente o un
po' più tardi, a
causa della
propagazione del
manicheismo, del
paulicianismo e
forse del
massalianismo.
Il prete bulgaro
Bogomil fu poi
colui il quale,
verso i primi
decenni del sec.
X, concretizzò e
formulò con più
grande chiarezza
e precisione i
dommi
fondamentali
dell'eresia, che
appariva 'nuova'
in quanto
portava certi
tratti
specifici, ma in
realtà sorgeva
da una corrente
ormai secolare.
Il nome proprio
di questo
riformatore -
`Bogomil', cioè
'amato da Dio' -
ben presto, a
quanto pare, fu
adottato dai
suoi seguaci,
giacché
parimenti a
qualche altra
loro
denominazione
manifestava la
loro convinzione
di essere i
"veri cristiani"
e i "prediletti
di Dio".
Si hanno scarse
notizie per dare
una risposta
precisa a due
quesiti circa la
storia iniziale
del bogomilismo:
quale era la
regione dove
esso nacque e si
sviluppò
inizialmente, e
a quale ambiente
sociale
appartenevano i
suoi promotori e
primi seguaci.
Cosma c'informa
semplicemente
che il prete
Bogomil svolse
la sua attività
"in terra
bulgara", senza
precisare di
più, mentre il
Sinodico,
ripetendo
sostanzialmente
la medesima
notizia,
aggiunge che il
manicheismo,
mescolato con
massalianismo,
fu "disseminato
in tutta la
terra bulgara".
Le affermazioni
di qualche
studioso che la
patria
dell'eresia si
dovrebbe
cercare, ad
esempio, in
Macedonia, non
sono altro che
pure ipotesi.
Altrettanto
difficile è la
risposta circa
l'ambiente
sociale del
movimento nei
suoi inizi.
Basandosi sulle
testimonianze
delle fonti più
antiche e,
possiamo
concludere con
grande
verosimiglianza
che i suoi
promotori, come
lo stesso
Bogomil,
appartenevano al
clero bulgaro.
Senza dubbio
però i seguaci
dell'eresia si
raccoglievano
anche da altri
ambienti e
classi sociali.
I principi
fondamentali del
bogomilismo
iniziale si
possono
ricostituire
innanzitutto
sulla base
dell'opera di
Cosma, molto
meno sulle
testimonianze
dell'epistola di
Teofilatto. Come
si può dedurre
da alcune frasi
di Cosma, egli
non aveva
inserito nella
sua polemica
tutto ciò che
conosceva
intorno al
bogomilismo. In
tal modo,
naturalmente, le
nostre
cognizioni
dell'eresia,
basate - per
quanto riguarda
la sua fase
iniziale - su
una tale fonte
come lo scritto
di Cosma, non
possono
considerarsi
definitive e
assolutamente
complete. Il
silenzio di
Cosma su certi
particolari ci
permette,
d'altronde, di
precisare la
dottrina
ereticale qua e
là, sulla base
di fonti
posteriori,
senza presumere
però che si
tratti sempre di
qualche
innovazione,
dovuta
all'evoluzione
storica
dell'eresia. Al
pari dei seguaci
di certe altre
eresie
medioevali,
anche i bogomili
si dichiaravano
'cristiani' e
pretendevano di
essere loro i
portatori del
vero
cristianesimo
evangelico,
basato sulla
tradizione
neotestamentaria.
Da una
indiscrezione di
Cosma si deve
concludere che,
malgrado tutte
le
raccomandazioni
del patriarca
costantinopolitano
circa il
trattamento
degli eretici,
già nella prima
metà del sec. X
contro di essi
furono
intraprese dure
persecuzioni. La
dichiarazione di
professare il
cristianesimo
era dunque, per
loro, non una
forma di
simulazione,
come li
accusavano gli
apologeti
medioevali e,
dietro di loro,
autori moderni.
Come viene
rilevato
parecchie volte
da Cosma, la
base dell'eresia
veniva dal Nuovo
Testamento, cioè
dai Vangeli e
dalle epistole
apostoliche.
Secondo
testimonianze
esplicite, i
bogomili
rinnegavano
tutta la
tradizione
vetero-testamentaria:
i libri di Mosè,
i profeti ecc.,
insieme con gli
stessi
personaggi
biblici. Non di
meno essi
negavano qualche
personaggio che
stava al limite
fra il Vecchio
ed il Nuovo
Testamento,
quale ad esempio
Giovanni
Battista,
considerato
dagli eretici `
precursore di
Satana', oppure
dell'Anticristo.
I bogomili
negavano,
inoltre, tutta
la tradizione
ecclesiastica,
enormemente
ricca, con la
letteratura
patristica, in
Bisanzio.
Limitando in tal
modo il
complesso delle
fonti della
fede, gli
eretici bulgari
differivano
dalla Chiesa
ufficiale anche
nell'esegesi di
detti scritti.
La loro
interpretazione
si può definire,
rispetto alla
ricchissima
letteratura
teologica dei
Bizantini, non
tanto
semplicistica,
quanto - se si
crede alle
affermazioni di
Cosma e agli
esempi forniti
da lui -
allegorica. Come
si vede da
qualche passo
nell'opera di
Cosma, la
dottrina dei
bogomili bulgari
ai suoi tempi
non aveva
raggiunto la sua
unità riguardo
al principio
fondamentale, il
dualismo. Stando
sempre alle
testimonianze
della medesima
fonte, si
potrebbe
formulare
l'ipotesi che
già si erano
formate le
divergenze fra
il dualismo
assoluto e
quello più
moderato - le
quali divergenze
dovevano
accentuarsi
ancora più
chiaramente nei
secoli
posteriori. La
concezione del
principio del
male, del
diavolo quale
creatore del
mondo visibile,
come viene
testimoniato
tante volte da
Cosma, era la
vera base
dell'atteggiamento
degli eretici
verso il 'mondo
terrestre' in
genere.
L'apologeta
bulgaro ritorna,
nel suo scritto,
varie volte sul
problema del
'libero
arbitrio'; e ciò
vuol dire che si
doveva
rifiutare,
secondo lui, un
determinismo
estremista e
chiaramente
espresso dagli
eretici. Una
volta egli parla
di certe fiabe
degli eretici,
accennando
probabilmente
alle loro
concezioni
cosmologiche,
senza entrare
nei dettagli,
cosicché su
queste
concezioni
possiamo
informarci
soltanto dalle
fonti
posteriori.
Merita rilievo
il fatto che
Cosma non parla
quasi mai, salvo
in un passo non
del tutto
chiaro, del
docetismo
bogomilistico,
il duale invece
viene
testimoniato,
sul modello
evidentemente
delle eresie
precedenti,
nella lettera di
Teofilatto. Si
accenna soltanto
a certe
concezioni
ereticali
riguardo alla
Madonna, senza
fornirci
dettagli
precisi. Gli
eretici negavano
ugualmente i
dogmi
fondamentali
della Chiesa
ortodossa: la
Trinità, la
Redenzione ecc.
Come presso
certi eretici
dell'Occidente,
presso i
bogomili mancava
ogni culto della
Croce, che
veniva
considerata
piuttosto uno
strumento di
tormento del
Signore, non
degno di
venerazione.
Insieme con ciò
i bogomili erano
assolutamente
ostili agli
edifici del
culto
ecclesiastico,
alle icone, che
consideravano
come degli
idoli, alle
reliquie e alla
loro
venerazione,
come anche verso
gli stessi santi
e verso i
miracoli
attribuiti non
solo a loro, ma
anche a Gesù.
Lottando contro
le cerimonie
religiose
bizantine troppo
complicate, i
bogomili
negavano tutto
il culto in
genere, sia la
liturgia che le
molteplici
preghiere e i
riti. Da qualche
accenno in fonte
posteriore' si
deve dedurre che
anche gli
eretici avevano
un loro culto e
certi
'sacramenti',
non conosciuti
bene oppure
soltanto grazie
a qualche
testimonianza
più tarda.
Pretendendo di
ritornare alla
chiesa primitiva
con la sua
presupposta
semplicità, i
bogomili
abolivano tutte
le preghiere e
gli inni
ecclesiastici,
limitandosi
all'unica
preghiera
domenicale
'Pater noster',
dalla quale
abitudine i loro
seguaci, i
Patereni (ossia
Patareni,
Patarini),
ricevettero,
come pare, la
denominazione
popolare'. Si
negava il
battesimo come
anche la
comunione,
interpretando in
modo allegorico
le testimonianze
evangeliche su
di essa, mentre
la confessione
si faceva senza
la
partecipazione
di sacerdoti,
dando anche alle
donne il diritto
di eseguirla.
Insieme con il
culto dei santi,
i bogomili
negavano tutte
le festività
ecclesiastiche.
le critiche più
aspre venivano
rivolte al clero
ortodosso ed al
suo mal costume,
insistendo per
una vita più
aderente ai
precetti del
Vangelo. Pur
riconoscendo
l'ascetismo duro
degli eretici,
con i digiuni
continui, con la
negazione del
matrimonio e di
ogni atto
sessuale, con
l'astensione dai
cibi animali e
dal vino, Cosma
tenta di
sprezzarlo,
essendo basato
sui principi
dualistici,
diversi dai
motivi
dell'ascetismo
ortodosso.
Invece di
meritare elogi,
l'aspetto
esterno degli
asceti veniva
perciò
vituperato come
segno di
ipocrisia. Nella
opera di Cosma
manca ogni
accenno
all'organizzazione
ecclesiastica e
sociale degli
eretici, forse
giacché tale
organizzazione
ancora non
esisteva oppure
egli non la
conosceva. Da
fonti posteriori
sappiamo che
anche in questo
i bogomili si
adoperavano ad
imitare certi
particolari
della vita dei
cristiani
primitivi,
facendo, ad
esempio,
accompagnare i
loro capi da
'apostoli',
uguali di numero
agli apostoli di
Gesù.
Per tutti questi
particolari si
potrebbero
indicare delle
corrispondenze
negli
atteggiamenti
dei manichei,
dei pauliciani e
dei massaliani
e, senza
desumere da ciò
un'identità
totale del
bogomilismo con
dette eresie e
negare i suoi
tratti
specifici. Fra
questi ultimi si
deve rilevare,
in primo luogo,
una
caratteristica
che derivava
dallo stato
politico,
sociale ed
economico del
popolo bulgaro
all'epoca in cui
il movimento dei
bogomili prese
inizio. Secondo
Cosma, gli
eretici
spronavano verso
la disobbedienza
dinanzi ai
signori,
ingiuriavano i
ricchi, odiavano
il sovrano,
oltraggiavano i
superiori,
biasimavano i
nobili (bolfayi),
dichiaravano
detestabili da
Dio quei che
lavoravano per
il re e, infine,
predicavano che
nessuno schiavo
dovesse servire
il suo padrone.
Insieme con
questi elementi
di rivolta
politica e
sociale il
bogomilismo
manifestava una
reazione
nazionale contro
il bizantinismo
in Bulgaria. La
dottrina
ereticale
scaturiva, nei
suoi principi
fondamentali, da
correnti
analoghe in
Bisanzio, come
il manicheismo,
il paulicianismo
e il
massalianismo,
ma in fin dei
conti, per una
evoluzione
dialettica, si
rivolgeva contro
la stessa
Bisanzio e tutto
ciò che si
immedesimava con
Bisanzio nella
vita bulgara,
prima di tutto
l'ortodossia,
l'organizzazione
ecclesiastica,
il culto ed i
riti. Così,
l'influsso
bizantino
'popolare' e
'democratico'
`non ufficiale'
finiva per
opporsi
all'influsso
'ufficiale ',
sempre di
carattere
bizantino, ma
effettuato
tramite la
Chiesa ufficiale
ed il potere
temporale. La
opposizione fra
le due correnti
si manifestava
in maniera assai
chiara, fra
l'altro, nel
campo
letterario. Alle
opere , di
provenienza
prevalentemente
bizantina o
sotto l'influsso
bizantino, i
bogomili
contrapponevano
una ricchissima
produzione
letteraria
apocrifa, la
quale però
spessissimo non
era altro che
traduzioni di
testi bizantini
oppure di opere
di origine
orientale, ma
tramandate
attraverso
Bisanzio. Per i
Bulgari, infine,
il bogomilismo
era anche un
appello verso la
riforma nella
vita
ecclesiastica.
Quasi
contemporaneamente
all'attività del
pop Bogomil,
nella montagna
di Rila, nella
Bulgaria
sudoccidentale,
viveva in una
ascèsi durissima
il più famoso
anacoreta del
medio evo
bulgaro S.
Giovanni di Rila,
il fondatore del
monastero
dedicato oggi al
suo nome. La
riforma era però
necessaria e lo
prova, fra
l'altro, lo
stesso Cosma, il
quale, nella sua
opera, colpisce
con le sue
frecce gli
eretici, ma non
risparmia
nemmeno il clero
ortodosso. La
parola dei
bogomili trovava
dunque fra i
Bulgari, nel
secolo X ed
alcuni secoli di
seguito, un
terreno quanto
mai fertile, si
divulgava e
agitava gli
spiriti. La sua
vitalità si
dimostrò nei
secoli XI-XII,
quando il
bogomilismo
trovò seguaci
perfino nella
capitale
bizantina, fra
il clero, e
penetrò in
alcune regioni
dell'Asia
Minore, per
perpetuarsi nei
territori
dell'Impero per
alcuni secoli.
La persecuzione,
intrapresa ad
esempio nei
tempi di Alessio
I Comneno, non
riuscì, a quanto
pare, ad
arrestare la
propagazione
dell'eresia.
I,'unificazione
di vasti
territori
balcanici sotto
il potere
bizantino
all'epoca dei
Comneni
contribuì a
rendere più
facile la
divulgazione del
bogomilismo
nelle parti
occidentali
della Penisola
balcanica. La
persecuzione dei
bogomili,
organizzata
verso la fine
del sec. XII dal
principe serbo
Stefano Nemanja
(1168-1196),
testimonia che
l'eresia era già
penetrata nei
territori serbi
ed aveva trovato
fedeli seguaci.
Non più tardi
dell'inizio del
'200 il
bogomilismo si
era propagato
fra la
popolazione
della Bosnia,
per raggiungere
in quei
territori uno
sviluppo
vastissimo ed
una persistenza
ultrasecolare.
Il problema
della pretesa -
e probabile -
divulgazione
delle idee
bogomilistiche,
con tutte le
innova-zioni
dovute alla
lunga evoluzione
storica, verso
regioni più
remote dalla
Penisola
balcanica -
verso l'Italia
settentrionale e
verso la Francia
meridionale -
impone uno
studio
particolare,
paziente e
spassionato.
"Questo articolo
è stato
originariamente
pubblicato su
Osservatorio
Balcani e
Caucaso"
tratto da
MEDIOEVO
SLAVO-BIZANTINO