- Caino e il
Creatore.
Appartiene
ugualmente al
circolo ofitico
l'esempio
seguente, tratto
dalla relazione
di Ippolito sui
Perati (Refut.
V, 16, 9 s.):
«Questo serpente
universale è
anche la Parola
sapiente di Eva.
Questo è il
mistero
dell'Eden:
questo è il
fiume che scorre
dall'Eden.
Questo è anche
il segno con cui
è stato marcato
Caino, il cui
sacrificio non
fu accettato dal
dio del mondo,
mentre egli
accettò il
sacrificio
sanguinoso di
Abele perché il
signore di
questo mondo si
diletta del
sangue. Questo
serpente è
quello che
apparve in forma
umana negli
ultimi giorni al
tempo di
Erode...».
L'elevazione di
Caino a simbolo
pneumatico e ad
una posizione
onorata nella
linea che porta
a Cristo, Caino
che è il
prototipo del
reietto,
condannato da
Dio ad essere
«fuggitivo e
vagabondo» sulla
terra, è senza
dubbio una sfida
intenzionale a
valutazioni
inveterate.
Questo optare
per l'«altra»
parte, per ciò
che è
tradizionalmente
infame, è un
metodo eretico,
molto più serio
di una presa di
posizione
puramente
sentimentale per
la parte più
debole, senza
considerare il
puro indulgere
alla libertà
speculativa. E'
evidente che
l'allegoria,
mezzo di per sé
rispettabile per
armonizzare, è
diventata in
questo caso una
bravata di
non-conformismo.
Forse si
dovrebbe parlare
qui non di
allegoria, ma di
una forma di
polemica, cioè
non di esegesi
del testo
originale, ma di
una tendenziosa
rielaborazione
del testo. In
realtà, gli
Gnostici in tali
casi non avevano
la "pretesa" di
chiarire il vero
significato
dell'originale,
se con «vero» si
vuol significare
il senso
"inteso"
dall'autore,
visto che questo
autore,
direttamente o
indirettamente,
era il loro
grande
avversario,
l'ignorante
dio-creatore. La
loro
inconfessata
pretesa era
piuttosto quella
di ritenere che
l'autore di
scarsa vista
avesse
involontariamente
immesso qualche
cosa della
verità nella sua
visione
partigiana della
realtà, e che
questa verità
potesse essere
portata in luce
sovvertendo
completamente il
senso inteso
dall'autore .
La figura di
Caino, da cui
una setta
gnostica ha
preso il nome (a
proposito dei
Cainiti,
confronta Iren.
I, 31, 2), è
soltanto
l'esempio più
evidente della
messa in opera
del metodo.
Nella
costruzione di
una serie
completa di tali
controfigure,
che si prolunga
per secoli, una
visione da
ribelli della
storia come un
tutto viene
deliberatamente
opposta a quella
ufficiale.
Codesto
parteggiare per
Caino viene
esteso in modo
coerente a tutte
le figure
scritturistiche
di «reietti»: il
passo citato
prima continua
con un'analoga
elevazione di
Esaù, il quale
«non ricevette
una benedizione
cieca, ma
divenne ricco di
fuori senza
accettare nulla
dal cieco» (loc.
cit. 9); e
Marcione, che
l'odio per il
dio-creatore
dell'Antico
Testamento aveva
portato alle
conclusioni più
radicali sotto
tutti gli
aspetti, insegnò
che Cristo era
disceso
all'inferno al
solo scopo di
redimere Caino e
Korah, Dathan e
Abiram, Esaù e
tutte le nazioni
che non avevano
riconosciuto il
Dio degli Ebrei,
mentre Abele,
Enoch, Noè,
Abramo,
eccetera, i
quali avevano
servito il
creatore e la
sua legge e
avevano ignorato
il vero Dio,
erano stati
lasciati giù
(confronta cap.
5, nota 11).