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L'Oriente durante l'ellenismo.

Hans Jonas

 

 

- L'Oriente durante l'ellenismo.

Dopo esserci soffermati sulle precondizioni, ci resta ora da considerare brevemente il destino dell'Oriente durante la nuova economia dell'ellenismo. La prima cosa che dobbiamo notare è che l'Oriente divenne silenzioso per molti secoli e fu quasi invisibile nella luce predominante del giorno ellenico. Per quanto riguarda gli avvenimenti che si susseguirono dal primo secolo d.C. in poi, possiamo chiamare questo periodo iniziale il periodo latente della mente orientale e in base a tale osservazione possiamo stabilire una divisione dell'età ellenistica in due distinti periodi: il periodo di manifesta predominanza greca e di sommersione orientale, e il periodo di reazione di un Oriente rinascente che avanzò vittoriosamente contro l'Occidente in una specie di contrattacco spirituale e riformò la cultura universale. Stiamo evidentemente parlando di eventi di ordine intellettuale e non politico. In questo senso, l'ellenizzazione dell'Oriente prevalse nel primo periodo, l'orientalizzazione dell'Occidente nel secondo e quest'ultimo processo ebbe termine intorno al 300 d.C. Il risultato dei due processi insieme è una sintesi che si protrasse lungo tutto il Medio Evo.

"L'Oriente sommerso". Possiamo considerare brevemente il primo periodo. E' l'epoca dei regni dei Seleucidi e dei Tolomei, caratterizzata particolarmente dal fiorire di Alessandria. L'ellenismo trionfava ovunque in Oriente e costituiva la cultura generale, i cui canoni di pensiero e di espressione erano adottati da chiunque desiderasse partecipare alla vita intellettuale di quel periodo. Soltanto la voce greca si faceva udire: qualsiasi composizione letteraria era in quella lingua. In considerazione di ciò che abbiamo detto circa l'immissione degli orientali nella corrente di vita intellettuale greca, il silenzio dell'Oriente non può essere interpretato come una mancanza di vitalità intellettuale da parte degli individui, ma piuttosto come un non voler parlare per sé, in nome proprio. Chiunque avesse qualcosa da dire non aveva altra scelta che esprimerla in greco, non soltanto come lingua ma anche come concetti, idee, forme letterarie, cioè come parte ostensibile della tradizione greca.

Indubbiamente la civiltà ellenistica, aperta e ospitale, si offriva alle creazioni della mente orientale, una volta che queste avevano assunto la forma greca. Perciò l'unità formale di questa cultura abbracciava di fatto una pluralità, anche se, per così dire, sempre sotto l'etichetta ufficiale greca. Per quanto riguarda l'Oriente la situazione produsse una specie di mimetismo, che ebbe conseguenze di grande portata per tutto il suo futuro.

La mentalità greca da parte sua non poteva non rimanere influenzata: fu appunto la costatazione della differenza tra ciò che veniva chiamato «greco» prima e dopo Alessandro che spinse Droysen ad introdurre il termine «ellenistico» in contrapposizione al classico «ellenico». «Ellenistico» voleva significare non soltanto l'allargamento della civiltà della polis in una civiltà cosmopolita e le trasformazioni inerenti a questo processo, ma anche il cambiamento di carattere derivato dall'accoglienza delle influenze orientali di questa totalità ampliata.

Tuttavia l'anonimità dei contributi orientali rende difficile l'identificazione di codeste influenze nel primo periodo. Uomini come Zenone, che abbiamo ricordato precedentemente, non volevano essere altro che elleni, e la loro assimilazione fu tanto completa quanto poteva esserlo. La filosofia in genere seguì le orme tracciate dalle originarie scuole greche; ma verso la fine del periodo, circa due secoli dopo Zenone, cominciò a mostrare segni significativi di cambiamento nel suo sviluppo fino a quel momento autonomo. I segni all'inizio non sono punto chiari. La controversia tuttora esistente riguardo a Posidonio di Apamea (circa 135-50 a.C.) illustra bene la difficoltà di una facile attribuzione di influenze e in generale l'incertezza su ciò che in questo periodo è greco in modo genuino e ciò che è colorito di orientalismo. L'ardente pietà astrale che pervade la sua filosofia è un'espressione della mentalità orientale o no? Sia l'una che l'altra tesi possono essere sostenute e probabilmente continueranno ad esserlo, sebbene non sussistano dubbi che a suo giudizio il suo pensiero era realmente greco, che poi egli fosse o no greco di nascita.

Ciò che è stato detto per questo singolo caso, lo si può dire per il quadro generale: non è possibile chiedere una certezza maggiore di quella che comporta la natura complessa della situazione. Di fronte alla singolare anonimità, che potremmo persino chiamare pseudonimia, che riveste l'elemento orientale dobbiamo accontentarci dell'impressione generale che influenze orientali fossero all'opera, nel senso più ampio, nell'area del pensiero greco durante questo periodo.

Un caso più evidente è offerto dalla crescente letteratura sulla «sapienza dei barbari» che fece la sua apparizione nelle lettere greche: a lungo andare non rimase una materia di puro interesse di cose antiche, ma assunse gradualmente un carattere di propaganda. L'iniziativa di autori greci in questo campo fu accolta dagli antichi centri dell'Oriente, Babilonia ed Egitto, da sacerdoti indigeni che si dettero a comporre in lingua greca resoconti delle loro storie e culture nazionali. I più antichi potevano sempre contare su una rispettosa curiosità da parte del pubblico greco, ma poiché questa fu sempre più accompagnata da accoglienza verso gli stessi contenuti spirituali, i ricercatori di cose antiche furono incoraggiati a trasformarsi in maestri e predicatori.

Il più importante contributo, tuttavia, dato dall'Oriente alla cultura ellenistica in questo periodo non fu nel campo della letteratura, ma in quello del culto: il "sincretismo" religioso che divenne il fatto più decisivo nell'ultima fase cominciò a prendere forma in questo primo periodo dell'età ellenistica. Il significato del termine «sincretismo» può essere esteso, e generalmente lo è, ad indicare fenomeni mondani; in questo caso infatti tutta la civiltà ellenistica può essere chiamata sincretistica, in quanto gradualmente divenne una cultura eterogenea. In senso stretto però sincretismo denota un fenomeno religioso che l'antico termine «teocràsi», ossia mescolanza degli dèi, esprime in modo più adeguato. E' questo un fenomeno dominante del periodo, per il quale noi non abbiamo un esatto parallelo nella nostra esperienza contemporanea, per quanto al corrente di mescolanze di idee e valori culturali.

Fu l'estensione sempre maggiore e la profondità di questo processo che causò il passaggio dal primo al secondo periodo dell'ellenismo, quello religioso-orientale. La teocràsi si espresse sia nel mito che nel culto ed uno dei suoi strumenti logici più importanti fu l'allegoria, della quale si era servita anche la filosofia nelle sue relazioni con religione e mito. Tra tutti i fenomeni che abbiamo notati in questa descrizione del primo periodo dell'ellenismo, è appunto in quello religioso che l'Oriente si è mostrato più attivo e più se stesso. Il prestigio crescente di dèi e culti orientali nel mondo occidentale annunziò la funzione che l'Oriente doveva svolgere nel secondo periodo, quando il comando passò nelle sue mani. Fu una funzione religiosa, mentre il contributo greco all'insieme ellenistico fu quello della cultura secolare.

In sintesi, possiamo affermare che la prima metà dell'ellenismo, che durò fino al tempo di Cristo, è caratterizzata soprattutto da questa cultura greca secolare. Per l'Oriente è un periodo di preparazione per il suo risorgere, paragonabile ad un periodo di incubazione. Possiamo soltanto indovinare dalla sua seguente improvvisa rinascita quanto profonde dovettero essere le trasformazioni avvenute in questo periodo sotto la superficie ellenistica. A parte l'unica eccezione importante della rivolta dei Maccabei, non vi è quasi segno di affermazione orientale nell'orbita ellenistica durante il periodo che va da Alessandro a Cesare. Oltre i confini, la fondazione del regno dei Parti e la rinascita del mazdeismo rappresentano casi analoghi a quello ebraico. Tali eventi non alterano molto il quadro generale dell'Ellade come parte assimilatrice e dell'Oriente come parte assimilata durante tutto questo periodo.

"Concettualizzazione greca del pensiero orientale". Tuttavia questo periodo di vita latente ebbe un profondo significato nella storia della vita dell'Oriente stesso. Il monopolio greco di ogni forma di espressione intellettuale ebbe per lo spirito orientale un doppio aspetto di soppressione e di liberazione: soppressione perché questo monopolio lo privò del suo mezzo originario e lo obbligò a dissimulare i propri contenuti sotto una diversa espressione; liberazione perché la forma concettuale greca offrì alla mente orientale una possibilità completamente nuova di portare alla luce la sua eredità propria.

Abbiamo visto che il sorgere di princìpi spirituali di comunicabilità generale fuori della massa delle tradizioni popolari s'era iniziato alla vigilia dell'ellenismo; ma fu con i mezzi logici forniti dallo spirito greco che tale processo giunse a compimento. Perché la Grecia aveva scoperto il "logos", il concetto astratto, il metodo di espressione teorica, il sistema razionale, una delle maggiori scoperte nella storia del pensiero umano. Questo strumento formale applicabile a qualsiasi contenuto, l'ellenismo lo mise a disposizione dell'Oriente, la cui autoespressione poteva ora trarre beneficio da esso. L'effetto, ritardato nelle sue manifestazioni, fu incalcolabile. Il pensiero orientale era stato non concettuale, espresso in immagini e simboli, più incline a travestire i suoi oggetti ultimi in miti e riti anziché esprimerli logicamente. Rimaneva costretto nella rigidità dei suoi antichi simboli e da questo imprigionamento fu liberato dal soffio vivificante del pensiero greco, che dette un impeto nuovo e nello stesso tempo strumenti adatti ad esprimere quella tendenza all'astrazione che già precedentemente era all'opera.

In fondo il pensiero orientale rimase mitologico, come apparve chiaramente quando si presentò di nuovo al mondo; ma aveva imparato nel frattempo a manifestare le sue idee sotto forma di "teorie" e ad usare concetti razionali, anziché impiegare per esprimerle soltanto immagini sensibili. In tal modo con l'aiuto della concettualizzazione greca si ebbe la definitiva formulazione dei sistemi del dualismo, del fatalismo astrologico e del monoteismo trascendente. Avendo acquistato la condizione di dottrine metafisiche essi acquistarono corso generale e il loro messaggio poté essere rivolto a tutti. Perciò lo spirito greco liberò il pensiero orientale dalla schiavitù del suo stesso simbolismo e lo mise in grado di scoprire se stesso nella riflessione del "logos". E fu precisamente con le armi tolte dall'arsenale greco che l'Oriente quando venne il suo momento lanciò la sua controffensiva.

"Il «sottofondo» orientale". Naturalmente in uno sviluppo di questo tipo non si presentano solo circostanze favorevoli, ma vi sono anche connessi dei pericoli che minacciarono la sostanza genuina del pensiero orientale. Anzitutto ogni generalizzazione o razionalizzazione la si sconta con la perdita di specificità. In particolare, l'influenza greca indusse i pensatori orientali a trarre profitto dal prestigio di tutto quello che era greco e ad esprimere le loro idee non in maniera diretta, ma sotto il travestimento di altre analoghe prese dalla tradizione greca di pensiero. Così, per esempio, il fatalismo astrologico e la magia furono rivestiti degli ornamenti della cosmologia stoica con le sue dottrine di simpatia cosmica e di legge cosmica; il dualismo religioso assunse la veste del platonismo. Per la mentalità incline all'assimilazione ciò fu un progresso, ma lo scimmiottare così iniziato impedì un'ulteriore crescita della mente orientale e presenta inoltre specifiche difficoltà di interpretazione per lo storico. Il fenomeno che Oswald Spengler ha chiamato «pseudomorfismo», con un termine preso dalla mineralogia, richiamerà in seguito la nostra attenzione (confronta cap. 1, d).

Ci fu un altro effetto, forse ancora più profondo, che l'ascendente della Grecia ebbe sulla vita interiore dell'Oriente, effetto che divenne manifesto soltanto più tardi: la divisione dello spirito orientale che si mosse in un doppio piano, uno di superficie e l'altro di profondità, venendosi a formare una tradizione pubblica e una tradizione segreta. Perché la forza del modello greco non ebbe solo un effetto stimolante, ma anche un effetto repressivo. Le sue norme selettive agirono come un filtro: ciò che era suscettibile di ellenizzazione passava e guadagnava un posto in piena luce, cioè diveniva parte dello strato superiore articolato della cultura cosmopolita; il rimanente, ciò che era radicalmente diverso e inassimilabile, restava escluso e continuava una propria vita sotterranea. Questo «altro» non poteva sentirsi rappresentato dalle creazioni convenzionali del mondo letterario, non poteva riconoscersi nel messaggio generale.

Per opporre il suo messaggio a quella dominante dovette trovare un suo linguaggio e il trovarlo fu un processo che costò lunga fatica. Per la natura delle cose, furono le tendenze più genuine e originali dello spirito orientale, quelle del futuro piuttosto che del passato, che furono costrette a tale condizione di esistenza sotterranea.

Il monopolio spirituale della Grecia perciò causò la crescita di un Oriente invisibile la cui vita segreta formò una corrente nascosta antagonistica, al di sotto della superficie della pubblica civiltà ellenistica. Processi di profonda trasformazione, indirizzi nuovi di ampia portata, devono aver preso le mosse durante questo periodo di sommersione. Non possiamo naturalmente conoscerli, e tutta la nostra descrizione, fondata come è su semplici congetture, sarebbe priva di fondamento se non fosse per l'improvvisa ricomparsa di un nuovo Oriente di cui abbiamo testimonianza all'inizio della nuova èra e dalla cui forza e ampiezza possiamo trarre conseguenze riguardo alla sua incubazione.

 

Tratto da LO GNOSTICISMO edizioni Sei







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