- L'Oriente
durante
l'ellenismo.
Dopo esserci
soffermati sulle
precondizioni,
ci resta ora da
considerare
brevemente il
destino
dell'Oriente
durante la nuova
economia
dell'ellenismo.
La prima cosa
che dobbiamo
notare è che
l'Oriente
divenne
silenzioso per
molti secoli e
fu quasi
invisibile nella
luce
predominante del
giorno ellenico.
Per quanto
riguarda gli
avvenimenti che
si susseguirono
dal primo secolo
d.C. in poi,
possiamo
chiamare questo
periodo iniziale
il periodo
latente della
mente orientale
e in base a tale
osservazione
possiamo
stabilire una
divisione
dell'età
ellenistica in
due distinti
periodi: il
periodo di
manifesta
predominanza
greca e di
sommersione
orientale, e il
periodo di
reazione di un
Oriente
rinascente che
avanzò
vittoriosamente
contro
l'Occidente in
una specie di
contrattacco
spirituale e
riformò la
cultura
universale.
Stiamo
evidentemente
parlando di
eventi di ordine
intellettuale e
non politico. In
questo senso,
l'ellenizzazione
dell'Oriente
prevalse nel
primo periodo,
l'orientalizzazione
dell'Occidente
nel secondo e
quest'ultimo
processo ebbe
termine intorno
al 300 d.C. Il
risultato dei
due processi
insieme è una
sintesi che si
protrasse lungo
tutto il Medio
Evo.
"L'Oriente
sommerso".
Possiamo
considerare
brevemente il
primo periodo.
E' l'epoca dei
regni dei
Seleucidi e dei
Tolomei,
caratterizzata
particolarmente
dal fiorire di
Alessandria.
L'ellenismo
trionfava
ovunque in
Oriente e
costituiva la
cultura
generale, i cui
canoni di
pensiero e di
espressione
erano adottati
da chiunque
desiderasse
partecipare alla
vita
intellettuale di
quel periodo.
Soltanto la voce
greca si faceva
udire: qualsiasi
composizione
letteraria era
in quella
lingua. In
considerazione
di ciò che
abbiamo detto
circa
l'immissione
degli orientali
nella corrente
di vita
intellettuale
greca, il
silenzio
dell'Oriente non
può essere
interpretato
come una
mancanza di
vitalità
intellettuale da
parte degli
individui, ma
piuttosto come
un non voler
parlare per sé,
in nome proprio.
Chiunque avesse
qualcosa da dire
non aveva altra
scelta che
esprimerla in
greco, non
soltanto come
lingua ma anche
come concetti,
idee, forme
letterarie, cioè
come parte
ostensibile
della tradizione
greca.
Indubbiamente
la civiltà
ellenistica,
aperta e
ospitale, si
offriva alle
creazioni della
mente orientale,
una volta che
queste avevano
assunto la forma
greca. Perciò
l'unità formale
di questa
cultura
abbracciava di
fatto una
pluralità, anche
se, per così
dire, sempre
sotto
l'etichetta
ufficiale greca.
Per quanto
riguarda
l'Oriente la
situazione
produsse una
specie di
mimetismo, che
ebbe conseguenze
di grande
portata per
tutto il suo
futuro.
La mentalità
greca da parte
sua non poteva
non rimanere
influenzata: fu
appunto la
costatazione
della differenza
tra ciò che
veniva chiamato
«greco» prima e
dopo Alessandro
che spinse
Droysen ad
introdurre il
termine
«ellenistico» in
contrapposizione
al classico
«ellenico».
«Ellenistico»
voleva
significare non
soltanto
l'allargamento
della civiltà
della polis in
una civiltà
cosmopolita e le
trasformazioni
inerenti a
questo processo,
ma anche il
cambiamento di
carattere
derivato
dall'accoglienza
delle influenze
orientali di
questa totalità
ampliata.
Tuttavia
l'anonimità dei
contributi
orientali rende
difficile
l'identificazione
di codeste
influenze nel
primo periodo.
Uomini come
Zenone, che
abbiamo
ricordato
precedentemente,
non volevano
essere altro che
elleni, e la
loro
assimilazione fu
tanto completa
quanto poteva
esserlo. La
filosofia in
genere seguì le
orme tracciate
dalle originarie
scuole greche;
ma verso la fine
del periodo,
circa due secoli
dopo Zenone,
cominciò a
mostrare segni
significativi di
cambiamento nel
suo sviluppo
fino a quel
momento
autonomo. I
segni all'inizio
non sono punto
chiari. La
controversia
tuttora
esistente
riguardo a
Posidonio di
Apamea (circa
135-50 a.C.)
illustra bene la
difficoltà di
una facile
attribuzione di
influenze e in
generale
l'incertezza su
ciò che in
questo periodo è
greco in modo
genuino e ciò
che è colorito
di orientalismo.
L'ardente pietà
astrale che
pervade la sua
filosofia è
un'espressione
della mentalità
orientale o no?
Sia l'una che
l'altra tesi
possono essere
sostenute e
probabilmente
continueranno ad
esserlo, sebbene
non sussistano
dubbi che a suo
giudizio il suo
pensiero era
realmente greco,
che poi egli
fosse o no greco
di nascita.
Ciò che è
stato detto per
questo singolo
caso, lo si può
dire per il
quadro generale:
non è possibile
chiedere una
certezza
maggiore di
quella che
comporta la
natura complessa
della
situazione. Di
fronte alla
singolare
anonimità, che
potremmo persino
chiamare
pseudonimia, che
riveste
l'elemento
orientale
dobbiamo
accontentarci
dell'impressione
generale che
influenze
orientali
fossero
all'opera, nel
senso più ampio,
nell'area del
pensiero greco
durante questo
periodo.
Un caso più
evidente è
offerto dalla
crescente
letteratura
sulla «sapienza
dei barbari» che
fece la sua
apparizione
nelle lettere
greche: a lungo
andare non
rimase una
materia di puro
interesse di
cose antiche, ma
assunse
gradualmente un
carattere di
propaganda.
L'iniziativa di
autori greci in
questo campo fu
accolta dagli
antichi centri
dell'Oriente,
Babilonia ed
Egitto, da
sacerdoti
indigeni che si
dettero a
comporre in
lingua greca
resoconti delle
loro storie e
culture
nazionali. I più
antichi potevano
sempre contare
su una
rispettosa
curiosità da
parte del
pubblico greco,
ma poiché questa
fu sempre più
accompagnata da
accoglienza
verso gli stessi
contenuti
spirituali, i
ricercatori di
cose antiche
furono
incoraggiati a
trasformarsi in
maestri e
predicatori.
Il più
importante
contributo,
tuttavia, dato
dall'Oriente
alla cultura
ellenistica in
questo periodo
non fu nel campo
della
letteratura, ma
in quello del
culto: il
"sincretismo"
religioso che
divenne il fatto
più decisivo
nell'ultima fase
cominciò a
prendere forma
in questo primo
periodo dell'età
ellenistica. Il
significato del
termine
«sincretismo»
può essere
esteso, e
generalmente lo
è, ad indicare
fenomeni
mondani; in
questo caso
infatti tutta la
civiltà
ellenistica può
essere chiamata
sincretistica,
in quanto
gradualmente
divenne una
cultura
eterogenea. In
senso stretto
però sincretismo
denota un
fenomeno
religioso che
l'antico termine
«teocràsi»,
ossia mescolanza
degli dèi,
esprime in modo
più adeguato. E'
questo un
fenomeno
dominante del
periodo, per il
quale noi non
abbiamo un
esatto parallelo
nella nostra
esperienza
contemporanea,
per quanto al
corrente di
mescolanze di
idee e valori
culturali.
Fu
l'estensione
sempre maggiore
e la profondità
di questo
processo che
causò il
passaggio dal
primo al secondo
periodo
dell'ellenismo,
quello
religioso-orientale.
La teocràsi si
espresse sia nel
mito che nel
culto ed uno dei
suoi strumenti
logici più
importanti fu
l'allegoria,
della quale si
era servita
anche la
filosofia nelle
sue relazioni
con religione e
mito. Tra tutti
i fenomeni che
abbiamo notati
in questa
descrizione del
primo periodo
dell'ellenismo,
è appunto in
quello religioso
che l'Oriente si
è mostrato più
attivo e più se
stesso. Il
prestigio
crescente di dèi
e culti
orientali nel
mondo
occidentale
annunziò la
funzione che
l'Oriente doveva
svolgere nel
secondo periodo,
quando il
comando passò
nelle sue mani.
Fu una funzione
religiosa,
mentre il
contributo greco
all'insieme
ellenistico fu
quello della
cultura
secolare.
In sintesi,
possiamo
affermare che la
prima metà
dell'ellenismo,
che durò fino al
tempo di Cristo,
è caratterizzata
soprattutto da
questa cultura
greca secolare.
Per l'Oriente è
un periodo di
preparazione per
il suo
risorgere,
paragonabile ad
un periodo di
incubazione.
Possiamo
soltanto
indovinare dalla
sua seguente
improvvisa
rinascita quanto
profonde
dovettero essere
le
trasformazioni
avvenute in
questo periodo
sotto la
superficie
ellenistica. A
parte l'unica
eccezione
importante della
rivolta dei
Maccabei, non vi
è quasi segno di
affermazione
orientale
nell'orbita
ellenistica
durante il
periodo che va
da Alessandro a
Cesare. Oltre i
confini, la
fondazione del
regno dei Parti
e la rinascita
del mazdeismo
rappresentano
casi analoghi a
quello ebraico.
Tali eventi non
alterano molto
il quadro
generale
dell'Ellade come
parte
assimilatrice e
dell'Oriente
come parte
assimilata
durante tutto
questo periodo.
"Concettualizzazione
greca del
pensiero
orientale".
Tuttavia questo
periodo di vita
latente ebbe un
profondo
significato
nella storia
della vita
dell'Oriente
stesso. Il
monopolio greco
di ogni forma di
espressione
intellettuale
ebbe per lo
spirito
orientale un
doppio aspetto
di soppressione
e di
liberazione:
soppressione
perché questo
monopolio lo
privò del suo
mezzo originario
e lo obbligò a
dissimulare i
propri contenuti
sotto una
diversa
espressione;
liberazione
perché la forma
concettuale
greca offrì alla
mente orientale
una possibilità
completamente
nuova di portare
alla luce la sua
eredità propria.
Abbiamo visto
che il sorgere
di princìpi
spirituali di
comunicabilità
generale fuori
della massa
delle tradizioni
popolari s'era
iniziato alla
vigilia
dell'ellenismo;
ma fu con i
mezzi logici
forniti dallo
spirito greco
che tale
processo giunse
a compimento.
Perché la Grecia
aveva scoperto
il "logos", il
concetto
astratto, il
metodo di
espressione
teorica, il
sistema
razionale, una
delle maggiori
scoperte nella
storia del
pensiero umano.
Questo strumento
formale
applicabile a
qualsiasi
contenuto,
l'ellenismo lo
mise a
disposizione
dell'Oriente, la
cui
autoespressione
poteva ora
trarre beneficio
da esso.
L'effetto,
ritardato nelle
sue
manifestazioni,
fu
incalcolabile.
Il pensiero
orientale era
stato non
concettuale,
espresso in
immagini e
simboli, più
incline a
travestire i
suoi oggetti
ultimi in miti e
riti anziché
esprimerli
logicamente.
Rimaneva
costretto nella
rigidità dei
suoi antichi
simboli e da
questo
imprigionamento
fu liberato dal
soffio
vivificante del
pensiero greco,
che dette un
impeto nuovo e
nello stesso
tempo strumenti
adatti ad
esprimere quella
tendenza
all'astrazione
che già
precedentemente
era all'opera.
In fondo il
pensiero
orientale rimase
mitologico, come
apparve
chiaramente
quando si
presentò di
nuovo al mondo;
ma aveva
imparato nel
frattempo a
manifestare le
sue idee sotto
forma di
"teorie" e ad
usare concetti
razionali,
anziché
impiegare per
esprimerle
soltanto
immagini
sensibili. In
tal modo con
l'aiuto della
concettualizzazione
greca si ebbe la
definitiva
formulazione dei
sistemi del
dualismo, del
fatalismo
astrologico e
del monoteismo
trascendente.
Avendo
acquistato la
condizione di
dottrine
metafisiche essi
acquistarono
corso generale e
il loro
messaggio poté
essere rivolto a
tutti. Perciò lo
spirito greco
liberò il
pensiero
orientale dalla
schiavitù del
suo stesso
simbolismo e lo
mise in grado di
scoprire se
stesso nella
riflessione del
"logos". E fu
precisamente con
le armi tolte
dall'arsenale
greco che
l'Oriente quando
venne il suo
momento lanciò
la sua
controffensiva.
"Il
«sottofondo»
orientale".
Naturalmente in
uno sviluppo di
questo tipo non
si presentano
solo circostanze
favorevoli, ma
vi sono anche
connessi dei
pericoli che
minacciarono la
sostanza genuina
del pensiero
orientale.
Anzitutto ogni
generalizzazione
o
razionalizzazione
la si sconta con
la perdita di
specificità. In
particolare,
l'influenza
greca indusse i
pensatori
orientali a
trarre profitto
dal prestigio di
tutto quello che
era greco e ad
esprimere le
loro idee non in
maniera diretta,
ma sotto il
travestimento di
altre analoghe
prese dalla
tradizione greca
di pensiero.
Così, per
esempio, il
fatalismo
astrologico e la
magia furono
rivestiti degli
ornamenti della
cosmologia
stoica con le
sue dottrine di
simpatia cosmica
e di legge
cosmica; il
dualismo
religioso
assunse la veste
del platonismo.
Per la mentalità
incline
all'assimilazione
ciò fu un
progresso, ma lo
scimmiottare
così iniziato
impedì
un'ulteriore
crescita della
mente orientale
e presenta
inoltre
specifiche
difficoltà di
interpretazione
per lo storico.
Il fenomeno che
Oswald Spengler
ha chiamato
«pseudomorfismo»,
con un termine
preso dalla
mineralogia,
richiamerà in
seguito la
nostra
attenzione
(confronta cap.
1, d).
Ci fu un
altro effetto,
forse ancora più
profondo, che
l'ascendente
della Grecia
ebbe sulla vita
interiore
dell'Oriente,
effetto che
divenne
manifesto
soltanto più
tardi: la
divisione dello
spirito
orientale che si
mosse in un
doppio piano,
uno di
superficie e
l'altro di
profondità,
venendosi a
formare una
tradizione
pubblica e una
tradizione
segreta. Perché
la forza del
modello greco
non ebbe solo un
effetto
stimolante, ma
anche un effetto
repressivo. Le
sue norme
selettive
agirono come un
filtro: ciò che
era suscettibile
di
ellenizzazione
passava e
guadagnava un
posto in piena
luce, cioè
diveniva parte
dello strato
superiore
articolato della
cultura
cosmopolita; il
rimanente, ciò
che era
radicalmente
diverso e
inassimilabile,
restava escluso
e continuava una
propria vita
sotterranea.
Questo «altro»
non poteva
sentirsi
rappresentato
dalle creazioni
convenzionali
del mondo
letterario, non
poteva
riconoscersi nel
messaggio
generale.
Per opporre
il suo messaggio
a quella
dominante
dovette trovare
un suo
linguaggio e il
trovarlo fu un
processo che
costò lunga
fatica. Per la
natura delle
cose, furono le
tendenze più
genuine e
originali dello
spirito
orientale,
quelle del
futuro piuttosto
che del passato,
che furono
costrette a tale
condizione di
esistenza
sotterranea.
Il monopolio
spirituale della
Grecia perciò
causò la
crescita di un
Oriente
invisibile la
cui vita segreta
formò una
corrente
nascosta
antagonistica,
al di sotto
della superficie
della pubblica
civiltà
ellenistica.
Processi di
profonda
trasformazione,
indirizzi nuovi
di ampia
portata, devono
aver preso le
mosse durante
questo periodo
di sommersione.
Non possiamo
naturalmente
conoscerli, e
tutta la nostra
descrizione,
fondata come è
su semplici
congetture,
sarebbe priva di
fondamento se
non fosse per
l'improvvisa
ricomparsa di un
nuovo Oriente di
cui abbiamo
testimonianza
all'inizio della
nuova èra e
dalla cui forza
e ampiezza
possiamo trarre
conseguenze
riguardo alla
sua incubazione.