Premessa
In
un lavoro
precedente (Abraxas
apparso nel
numero 15 di
Lex
Aurea), ho
affrontato
l’origine del
mito di
Abraxas,
la sua nascita
in ambito
esclusivamente
alessandrino, e
come questa
divinità
gnostica, la cui
conoscenza era
ristretta ad un
piccolo gruppo
iniziatico,
è riuscita a
preservarsi nel
corso dei
secoli,
affiorando a più
riprese nella
tumultuosa
storia dell'esoterismo
occidentale. Non
è quindi
intenzione di
questo lavoro
ripercorrere le
linee guida che
sono alla base
della storia di
Abraxas,
bensì quello di
approfondirne lo
studio
simbolico.
La domanda
Il presente
lavoro nasce in
realtà da una
domanda, o
meglio una
constatazione,
di un mio
corrispondente.
Osservando una
raffigurazione
di
Abraxas
ebbe a dire:"
I serpenti al
posto delle
gambe, non
infondono un
senso di
stabilità alla
figura" . Il
tono di voce
rivelava un
misto di
ammirazione
e di sconcerto,
innanzi a questa
figura così
contraddittoria,
ed avvolta dai
veli del mistero
e del tempo.
Posso ben
comprendere lo
sgomento di
colui che poco
avvezzo allo
gnosticismo si
trova davanti
Abraxas,
un'immagine
apparentemente
composita, che
sfida e rompe la
razionalità e la
logica di cui
siamo forgiati.
Apparentemente
composita,
dicevo, in
quanto in realtà
Abraxas
sviluppa
un’inquietante
armonia, dove i
singoli
elementi, se
colti
nell'insieme,
non presentano
nessun punto di
frattura, se non
nella mente di
chi osserva....
Ed è sicuramente
questo l'effetto
simbolico
ricercato:
silenziare
tramite l'orrore
e l'assurdo la
sfera
logica-dialettica,
in modo che
altro tipo di
funzione e
processo
percettivo-cognitivo
possa emergere.
Approfondimento
simbolico
L'impatto visivo
di
Abraxas è
assurdo. Due
serpenti in
movimento
reggono un
tronco di uomo
avvolto in una
corazza, le
braccia agitano
uno scudo e una
frusta, mentre
una testa di
gallo sembra
sfidare il mondo
intero.
La storia del
simbolo ha
definito tali
immagini
chimere,
composizioni
fantasiose e
perverse che
creano uno stato
di disagio in
chi le osserva,
quasi una sorta
di sovvertimento
dell'ordine del
reale. Ed è
infatti
dall'irreale,
dalla terra che
sta oltre le
forme che
affiorano
Abraxas,
la Chimera, la
Melusiana,
l'Ippogrifo,
il
Pegaso, e
gli altri
"capricci" della
storia
metafisica
umana.
Dobbiamo però
immediatamente
precisare la
definizione di
irreale, in
questo contesto,
ha solamente il
valore di non
tangibilità,
o in
altre parole di
non sensibile o
sensoriale
effetto, visto
che comunque la
nostra mente, il
nostro cuore, e
anche le nostre
viscere ne sono
inesorabilmente
colpite. E' su
questo "colpo
effettivo" che
tutto il lavoro
sui simboli
trova fulcro e
ragione. Il
simbolo, qui non
mi dilungherò, è
energia
concentrata nel
minor segno,
come la parola
di potere (mantra)
è la maggior
energia
concentrata nel
minor suono.
In
Abraxas
abbiamo simbolo
e parola di
potere, coese e
indissolubili.
Abraxas
ci appare come
fluttuante,
mentre si erge,
minaccioso, su
due serpenti.
Come è possibile
trovare slancio,
forza e possanza
ergendosi senza
l'ausilio di
gambe o zampe
? Sono
infatti
le
gambe il
perno attraverso
il quale l'uomo
si eleva dalla
polvere, ed è
sempre
attraverso le
gambe che l'uomo
trova movimento
eretto ( il
potere di
vincere la forza
della terra, la
capacità di
elevarsi verso
il cielo ).
.
Il serpente è
simbolo
iniziatico
universale. Lo
ricordiamo nella
tradizione
orientale ad
indicare i cicli
della
manifestazione,
e l'energia
vitale
dell'uomo, come
in quella
egiziana emblema
della regalità e
del potere, in
numerosi culti
come
manifestazione
dell'energia
sessuale.
Annotiamo anche
come
nell'antichità
era simbolo sia
della Saggezza
che proviene dal
divino, sia come
il sottile male
che può cogliere
improvvisamente.
In
Abraxas
sembra
accogliere,
nella sua voluta
indeterminatezza,
tutti questi
significati
aggiungendovi
quello della
conoscenza, che
in ambito
gnostico deriva
dal serpente
"liberatore"
dell'uomo dalla
schiavitù del
Eden.
Indubbiamente in
ambito gnostico,
l'immaginario
del serpente si
lega
principalmente a
questi passi
della genesi:
Genesi 3:1
Il serpente
era la più
astuta di tutte
le bestie
selvatiche fatte
dal Signore Dio.
Egli disse alla
donna: «È vero
che Dio ha
detto: Non
dovete mangiare
di nessun albero
del giardino?».
Genesi 3:2
Rispose la donna
al serpente:
«Dei frutti
degli alberi del
giardino noi
possiamo
mangiare,
Genesi 3:4
Ma il
serpente
disse alla
donna: «Non
morirete
affatto!
Genesi
3:13
Il Signore Dio
disse alla
donna: «Che hai
fatto?». Rispose
la donna: «Il
serpente mi
ha ingannata e
io ho mangiato».
Genesi
3:14
Allora il
Signore Dio
disse al
serpente:
«Poiché tu hai
fatto questo,
sii tu maledetto
più di tutto il
bestiame e più
di tutte le
bestie
selvatiche; sul
tuo ventre
camminerai e
polvere mangerai
per tutti i
giorni della tua
vita.
In numerose
scuole
gnostiche, ed
Abraxas
non finiremo mai
di ricordarlo
afferisce
a tale
patrimonio
iniziatico,
abbiamo un
rovesciamento
della gerarchia
dei "valori
cosmogonici,
morali e
sociali".
Rovesciamento
determinato
dalla
convenzione che
la
manifestazione
tutta, sia
null'altro che
un errore
ad opera
di una potenza
intermedia ( Il
demiurgo
identificato nel
Dio dell'Antico
Testamento ), ed
è quindi dal
serpente, che si
pone arrotolato
all'Albero della
Vita fra Adamo
ed Eva, che
trova inizio e
fine la libera
condizione umana
nella
speculazione
gnostica.
Quindi se nella
nascente
teologica
cristiana-romana
e
cristiana-ellenica,
legata a
dogmatismi e
alla sfera della
legge, il
serpente
viene
legato
indissolubilmente
al maligno
tentatore
dell'ordine
edenico, trova
collocazione
nell'immaginario
gnostico come
salvatore
dell'uomo dalla
prigionia
demiurgica.
Non è forse il
serpente la più
infida delle
creature, in
virtù del suo
strano muoversi,
del suo essere
privo di zampe,
dei suoi
movimenti
repentini, del
freddo del suo
corpo, e del
pericolo mortale
del veleno
? Il
serpente è da
sempre un
animale legato
alla
notte e alla
terra, un
animale che
incute maggior
timore di
qualsiasi altro,
in quanto
incarna la
diversità
dall'uomo e dal
regno animale.
Sulla terra
striscia e si
nasconde, ed è
durante la
notte, mentre
dormiamo, che
maggiormente
temiamo la sua
aggressione. In
ambito magico la
forma serpente
rappresenta
un'ente
che proviene da
un altro piano
manifestativo,
portatore di una
velenosa
conoscenza, che
"uccide"
l'indegno,
l'impuro, ed
elargisce
dono-potere al
meritevole.
Nella cosmogonia
egizia il
serpente è colui
che striscia
fuori da
Nu (
l'Abisso egizio
),
cristallizzandosi
nella Monade
Solare, da cui
tutto ebbe
inizio. Il
serpente è
quindi
un'intelligenza
che proviene da
"altro", da un
non luogo, in
quanto non posto
su questo piano
fenometico.
Un'intelligenza
istintiva, non
mediata da
nessuna ragione
o remora, volta
a creare o
distruggere
senza
compromesso:
rappresentando
al contempo sia
la Bestia, sia
la
la
conoscenza della
Bestia.
Il tronco è
umano è avvolto
in una corazza,
posto fra i
serpenti e il
gallo sembra
come sperduto.
Essa è un
simbolo di
guerra e di
protezione. Essa
avvolge il corpo
del soldato,
donando
sicurezza, e
permettendo che
ogni fibra del
suo essere sia
protesa a
colpire
l'avversario.
Indubbiamente la
corazza, unita
allo scudo e
all'arco o alla
frusta ( che
spesso
accompagnano
Abraxas,
come simboli di
potere effettivo
e personale ),
richiama ad una
lotta in corso o
avvenire. E'
Abraxas
un simbolo di
movimento di
cambiamento, di
effetto non
mediato da causa
precedente, ed è
quindi effetto e
causa, e come
senza ipocrisia
sappiamo ogni
cambiamento è un
atto di volontà,
che rompe una
quiete
precedente.
Questo ci
suggerisce
Abraxas,
questo e non
solo. Sorge
adesso la lecita
domanda di quale
volontà stiamo
parlando, e la
risposta va
ricercata nel
cuore, in questo
muscolo
involontario da
sempre indicato
come fulcro
della vita
fisica e
spirituale
dell'uomo, sede
dell'anima: del
vettore
attraverso il
quale muoverci
fra
i piani
grossolani e
sottile.
I serpenti,
duplici, al
plesso solare,
il tronco umano
e l’armatura al
plesso cardiaco,
mentre la testa
di gallo nella
zona
intracigliare.
Come ad indicare
chiaramente che
la le
armi ( scudo e
flagello )
devono essere
sorrette dalla
forza atavica
del serpente,
dal pensiero
superiore del
gallo e dalla
volontà pura del
cuore: dalla
purezza che in
esso alberga e
da esso si
manifesta.
I due
serpenti
contrapposti,
che tirano la
figura in due
direzioni
opposte, sono
si
simbolo di
movimento, ma
potenziale, ed è
quindi solamente
dalle braccia e
dagli utensili
che sollevano le
uniche
possibilità di
sicura azione.
E' nel cuore ciò
che è in alto (
intelletto ) e
ciò che è in
basso ( atavismo
), che avviene
la sintesi
suprema. Un
apparato che
deve essere
protetto da ogni
intromissione,
da ogni
intrusione
esterna ed
estrema.
L'armatura isola
il guerriero dal
mondo esterno,
preservando gli
organi dai
colpi, quindi il
simbolo
dell'armatura
indica la
capacità di
isolamento e
preservazione
spirituale dalla
caducità delle
cose. Al
contempo il
sostituire alla
carne ( in se e
per se caduca ),
lo scintillante
metallo, è
indicativo di
una
, in una
fulgente ed
immodificabile
spiritualizzazione
della stessa.
Quindi questo
tronco, avvolto
in una corazza,
non è il tronco
dell'uomo
avvolto nelle
luci e nelle
tenebre del
creato, ma
dell'uomo
antico,
imperituro e
inattaccabile.
Non siamo quindi
posti, noi,
sulla vetta di
un'evoluzione,
ma nella fase
discendente di
un'involuzione
spirituale, o
nella migliore
delle ipotesi
alcuni stanno
lentamente
rialzando lo
sguardo verso il
cielo.
Come
testa un gallo,
ad indicare
quindi
l'origine
e la valenza
solare della
sede del
pensiero e
dell'intelletto.
Il Gallo
all'alba del
chiaror di luce,
canta
annunziando alle
menti, ai cuori
e alle anime
ancora avvolte
nel sudario
della notte
dell'ignoranza,
il sorgere del
Sole ad Oriente.
Ed innanzi a
tale astro
luminoso che
nessuna ombra
potrà dilatare,
confondere,
sfumare ciò che
si è, o ciò che
potevamo essere.
Il Gallo è un
testimone che
avverte del
sopraggiungere
dell'inevitabile,
offrendo un
ultimo
momento ( ma
quanto può
durare un
momento ? ) per
il
catarchico
cambiamento.
E' il gallo un
incompiuto, un
uccello che ha
perso
l'attitudine al
volo, sospeso
fra la terra che
lo trattiene a
se, e il cielo
che lo richiama
a se. Testimone
di ciò che era,
di ciò che
passa, e di ciò
che giunge al
levarsi del
Sole: di una
rinascita
spirituale
attraverso
l'azione e
l'esercizio
dell'attenzione.
Ricordiamo
Platone nel
Timeo:"
La Testa umana è
l'immagine del
mondo". Ciò a
mio avviso, in
quanto è nella
testa, nel
locus
psichico, che è
possibile
racchiudere
l'universo
interno, e le
varie
oscillazioni
dello stesso.
Nei fatti la
testa magica, la
luce astrale,
non si deve
disperdere
nell'infinito,
ma raccogliere (
per quanto
impossibile
sotto il profilo
logico ),
l'infinito in
essa.
Lo gnosticismo
alessandrino,
colto e
complesso
rispetto a
quello di
matrice iranica
( poetico ), si
propone spesso
con precise e
ardite
costruzioni
cosmogoniche,
dando
l'illusione al
lettore, al
profano, di
poter quasi con
la logica, e la
mera
enumerazione, di
poter cogliere
il mistero
divino (che è
poi specchio del
mistero
dell'uomo),
illudendolo di
essere giunto
alla soglia del
Temp(i)o
. Appena
però il profano
è giunto quasi a
sfiorare i lembi
della veste
divina,
viene
frustrato e
abbattuto,
attraverso il
monito che
l'Ineffabile è
avvolto dal
Silenzio e
dall'Abisso ( il
Silenzio della
Mente, l'Abisso
che separa il
conscio
dall'inconscio).
Quasi a
suggerire nei
fatti che è
quindi
necessario un
balzo, un
mostruoso
perdersi della
nostra
dimensione
umana, legata a
pesi e misure (
tanto indicativi
della
degenerescenza
spirituale, se
rinvenuti in
ambito esoterico
).
Ecco quindi la
testa di gallo,
come mostruosa
abdicazione
finale della
ragione, a
favore del
potere
dell'immaginazione,
non quindi una
testa di Mostro,
ma una Testa
centro di
emanazione, del
fulcro della
capacità di
essere Altro.
Conclusioni
Ecco quindi
Abraxas
che appare come
composizione,
non mediata, non
diluita,
manifesta in
tutta la sua
potenza della
Triade che
compone l'Ente
Superiore,
a cui
l'uomo gnostico
è proteso. I
serpenti (due,
in quanto il
serpente è vita
e morte, in
eterno divenire
nel suo ipnotico
movimento ) al
plesso solare,
ad indicare la
potenza
tellurica degli
atavismi. La
corazza, lo
scudo e le armi,
al plesso
cardiaco,
indicando la
protezione e la
volontà, insite
nel cuore, come
espressione
dell'azione
creativa. Il
gallo nella zona
volitiva emblema
del pensiero
astrale.
Il simbolo di
Abraxas
calato su di un
piano razionale
e dialettico,
rappresenta un
elemento e un
momento ( quindi
Ente ) di
rottura. Capace
di lasciare
interdetto
l'osservatore,
che seppur non
cogliendo
prontamente
l'essenza dello
stesso, ne
intuisce la non
riconducibilità
e riducibilità a
schemi ordinari.
Perchè mai
dovrebbero i
serpenti di
Abraxas
donare stabilità
nell'interlocutore
? Essi
sicuramente non
furono fatti per
dare movimento
sulla terra, non
appartenendo
Abraxas a
questo piano
della
manifestazione.
Giova sempre
ricordare come
nella scuola
basilidiana
esso regna
sull'ultimo dei
365 cieli, ed in
un'espressione
piramidale
,e posto
al vertice ( lo
zero che diviene
1 ), della
manifestazione
stessa.
Abraxas
sembra emergere,
ed emerge, da
una regione
profonda ed
oscura, dove
archetipi
(gallo) ed agiti
(serpenti)
sembrano danzare
assieme,
incarnandosi nel
cuore dell'uomo.
Ed è sicuramente
più dal cuore,
che non dalla
testa, o dalle
viscere, che è
necessario
intraprendere il
cammino di
conoscenza e
coscienza di
Abraxas.
E' nel cuore
dell'uomo
stesso, sotto la
maschera delle
apparenze, della
personalità, e
di quanto
manifestato e
mediato
all'esterno, che
il simbolo di
Abraxas
pulsa
violentemente: è
nel cuore
dell'uomo che
slegati da ogni
principio
fisico, ideali
superiori di
perfezione ed
armonia e le
forze telluriche
primordiali sono
di due cose, una
cosa sola:
effetto senza
causa.