Carpocrate
di Filippo Goti
Carpocrate era
un filosofo
neoplatonico,
discepolo del
docetista
Cerinto ( il
quale era nato
ad Efeso, anche
se alcuni
propendono che
fosse di origine
egizia ).
Carpocrate
divulgò il suo
insegnamento,
che riuniva i
fondamenti
platonici al
verbo del
Cristo, in
Alessandria di
Egitto, sotto il
regno
dell'imperatore
Adriano
(117-138d.c.),
dalle poche
informazioni che
ci sono giunte,
in virtù degli
strali di Ireneo
e Epifanio,
sappiamo che non
è mai giunto in
Roma, anche se
in epoca più
tardi una
comunità che a
lui si ispirava
si insidiò nella
città.
Prima di
addentrarci
nella sua
dottrina, è
interessante
notare come
Carpocrate in
realtà non
rappresenti un
nome proprio di
persona, ma
forse un
attributo, un
titolo. Infatti
Harpocrates,
assonante, è la
parola greca che
traduce la
divinità greca
Oro, votata ai
misteri e ai
riti. Tale
riferimento
potrebbe quindi
ben fornire sia
un'utile traccia
che riconduce la
comunità
carpocraziana
all'esoterismo
egizio, sia
spiegare la loro
familiarità con
pratiche
magiche.
La dottrina
carpocraziana
presenta tre
particolari
spunti di
interesse e di
originalità.
1. Il mondo
sensibile, dei
fenomeni, non è
frutto della
volontà del
Padre, che
assume il titolo
di ingenerabile
e sconosciuto,
ma bensì di
edificatori
inferiori.
Potenze
intermedie che
hanno creato un
mondo ad
immagine di
quello divino,
ma in se
imperfetto e
corrotto. Le
anime sono in
esso trattenute,
nella prigione
rappresentata
dai corpi,
anch'essi
edificati da
queste potenze.
( troviamo
assonanza con la
cosmogonia della
Gnosi e il Mondo
)
2. Gesù è
effettivamente
il figlio di
Maria e
Giuseppe, ma in
virtù delle
qualità della
sua anima è
stato investito
di un potere
magico da parte
del Padre.
L'anima di Gesù
ha compiuto
innumerevoli
cicli attorno al
Perenne Stabile,
e quindi è
dotata della
reminescenza di
cosa era, e con
essa dei poteri
conferiti dal
Padre. Questi
poteri saranno
conferiti agli
stessi apostoli
durante la
pentecoste,
attraverso la
discesa dello
Spirito Santo.
3. Ogni uomo
attraverso una o
più vite
(metempsicosi:
reincarnazione
delle anime,
secondo la
credenza
professata da
alcune dottrine
religiose;
trasferimento di
un’anima in un
altro corpo),
vivendo ogni
accadimento, e
tramutandolo in
esperienza, in
quanto riflesso
di un
accadimento
spirituale
superiore, ha la
possibilità di
essere investito
degli stessi
poteri di Gesù,
e quindi essere
cristificato.
Tale stato
comporta poteri
magici, che
permettono di
liberare l'anima
dal giogo delle
rinascite, e
risalire i sette
cieli dominati
dagli
edificatori. (
troviamo
contatto con il
Libro Egiziano
dei Morti )
L'anima umana,
quindi deve
immergersi ed
emergere da ogni
tipo di
accadimento, per
ricordarsi donde
essa viene, ove
essa è, e dove
essa va. Per
ottemperare a
ciò ha a
disposizione il
ciclo dei
ritorni. Alcune
anime,
particolarmente
rivestite di
poteri (aventi
natura magica),
nel corso di una
sola vita
potevano
rimettere tutto
il loro debito
di oblio e di
ignoranza.
«Le anime nella
trasmigrazione
di corpo in
corpo devono
passare
attraverso ogni
genere di vita e
ogni tipo di
azioni, a meno
che qualcuno non
abbia già
compiuto tutto
in una sola
venuta...
Secondo i loro
scritti, le
anime prima di
partire dal
corpo devono
aver provato
ogni modo di
vita e non
devono aver
lasciato residuo
di sorta da
compiere:
altrimenti
devono essere
mandate di nuovo
in un altro
corpo perché
qualche cosa
manca ancora
alla loro
libertà. Gesù ha
indicato ciò con
le parole:
'...Ti dico che
tu non uscirai
di là, finché tu
non abbia pagato
fino all'ultimo
spicciolo'
("Luca" 12,
59)... Ciò
significa che
egli non potrà
essere liberato
dal potere degli
angeli che hanno
fatto il mondo,
ma dovrà sempre
reincarnarsi
finché non abbia
compiuto tutte
le azioni che ci
sono nel mondo,
e soltanto
quando non ci
sia più niente
da compiere sarà
libero di
giungere a quel
Dio che è al di
sopra degli
angeli creatori
del mondo. Così
le anime sono
liberate e
salvate... dopo
che hanno pagato
il loro debito e
reso il dovuto»
(Iren. I, 25, 4;
confronta Eus.,
"Hist. eccl."
IV, 7).
Non possiamo
rivolgere il
nostro ricordo
alla pesatura
del cuore,
tratta dai
misteri egizi.
Dove l'anima
giunge fino al
tribunale
presieduto dalla
dea Maat (
divinità della
giustizia ), ed
essa stessa si
accusa e si
discolpa,
riepilogando i
propri meriti e
demerti. Il
rettore in tale
raffigurazione è
Anubi stesso,
che pesando il
cuore ( il
debito di
ignoranza, o il
credito di
conoscenza ),
decide se
l'anima è pronta
per il grande
ritorno, o se
deve essere
gettata nelle
fauci della
bestia immonda:
i submondi
inferini.
La lettura
gnostica di
questo brano non
può prescindere
dall'etimologia
del termine
diavolo, che è
parola derivante
dal tardo latino
e significa
calunniatore o
accusatore, e
quindi il nemico
con cui si apre
lo stralcio.
Ecco quindi che
l'accusatore è
il diavolo
stesso, nostro
fedele ed eterno
compagno in
questa vita, e
nelle altre
vite, che
detiene il libro
della
conoscenza, di
cui ci dobbiamo
impadronire.
Esso rappresenta
la nostra natura
psichica
inconscia,
velata, dove
sono racchiusi i
segreti di chi
eravamo e di
cosa siamo
diventati. Egli
è il custode
della
conoscenza, ma
anche
l'avversario
della soglia, e
la conoscenza
stessa. Il
Giudice
rappresenta il
novero delle
leggi, dei pesi
e delle misure
che ci legano a
questo mondo, e
il rettore
l'artigiano che
plasma il nuovo
corpo ( la
prigione ), in
caso di nostra
inadeguatezza
rispetto al
giudizio imposto
e ricercato.
Tutto deve
essere pagato,
con la moneta
del lavoro e
della ricerca,
affinchè il
passo di Caronte
sia superato.
L'immersione nei
vari
accadimenti,
così come
professata dai
carpocraziani,
ha portato nel
corso dei secoli
ad additarli
come libertini
ed immorali,
attirandosi le
ire e le
contumele della
nascente Chiesa,
che di altre
comunità
gnostiche. Oggi
è impossibile,
salvo
ritrovamenti di
testi antichi,
riuscire a
scindere gli
strali dei
patriarchi della
chiesa,
dall'effettiva
realtà dei
fatti, visto che
la feroce
persecuzione a
cui è stata
sottoposta tale
setta gnostica,
non ha lasciato
praticamente
niente, a parte
gli scritti di
Ireneo, che
certo non
brillava per
acume e
imparzialità.
Supposto che
però tali accuse
dovevano, per
essere
quantomeno
verosimilmente
credibili,
basarsi su di un
substrato di
realtà
sicuramente
possiamo
desumere che la
loro via verso
la Gnosis,
certamente non
implicava il
rifiuto
ascetico, la
mortificazione
della carne, in
quanto tali, ma
il
riconoscimento
ad ogni
accadimento di
vita vissuta, di
valore
supersostanziale
ai fini del
ricordo perduto.
Altre
informazioni
giunti a noi ci
confermano il
loro rifiuto
verso la legge
giudaica,
l'antico
testamento, e
l'ordinamento
sociale.
SOCRATE -
Capisco ciò che
vuoi dire,
Menone. vedi
come ci riduci a
quel
ragionamento
eristico,
secondo il quale
ad un uomo non è
possibile
cercare né ciò
che sa né ciò
che non sa? Non
cerca ciò che
sa, perché lo sa
e non ha affatto
bisogno di
cercarlo, né
cerca ciò che
non sa; perché
non sa neppure
cosa cercare.
[...] Poiché
tutta la natura
è congenere e
l'anima ha
appreso tutto,
nulla impedisce
che chi si
ricordi di una
sola cosa - che
è poi quello che
si chiama
apprendimento -,
trovi da sé
tutto il resto
se è coraggioso
e instancabile
nella ricerca,
perché il
ricercare e
l'apprendere,
nella loro
interezza, non
sono che
reminiscenza.
Non bisogna,
dunque, prestar
fede a quel
ragionamento
eristico: esso
ci renderebbe
pigri ed
ascoltarlo è un
piacere che
fiacchi; mentre
questo rende
alacri alla
ricerca.
(Platone, Menone,
80d5-81c,
Dialoghi
filosofici, a
cura di G.
Cambiano,
Torino, Utet,
1970, pp.
489-491)
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