Il Mito
Gnostico
di Filippo Goti
« Il mito
racconta una
storia sacra;
riferisce un
avvenimento che
ha avuto luogo
nel tempo
primordiale, il
tempo favoloso
delle origini
[...] E' dunque
sempre il
racconto di una
"creazione": si
narra come
qualcosa è stato
prodotto, come
ha cominciato a
essere » (Mircea
Eliade, Aspects
du Mythe )
"Gli antichi
dei,
disincantati e
perciò
trasformati in
potenze
impersonali,
sorgono dalle
loro tombe e
riprendono la
lotta fra di
loro aspirando a
conquistare il
dominio sulla
vita".
(Max Weber)
Qualcuno
leggendo uno dei
testi di Nag
Hammadi potrà
avere il dubbio
che gli antichi
gnostici fossero
dei politeisti,
che
antropomorfizzavano
gli eoni o gli
arconti, e che
tutta la saga
della caduta
altro non fosse
che una
questione di un
amore ai limiti
dell’incesto.
Riducendo quindi
lo gnosticismo
ad una versione
romanzesca,
estremamente
elaborata e
sofisticata, di
un rapporto
amoroso
tragicamente
terminato fra
una divinità
femminile di
ordine
inferiore, e il
Padre del tutto.
Infine, come
ultima
estensione, si
potrebbe essere
successivamente
tentati di
fornire una
spiegazione
psicologica, o
di creare
archetipi di
interpretazione
psicanalitica
proprio
attraverso lo
gnosticismo.
Ipotesi che
potrebbe trovare
ulteriore
alimento dalla
constatazione
che lo gnostico
si ritiene
straniero al
mondo, il suo
continuo anelare
un mondo
superiore di
eterno
equilibrio,
potrebbe
suggerire una
qualche forma di
rifiuto o di
dissociazione,
da leggersi
proprio
attraverso i
miti proposti.
A mio avviso è
questa una
strada veramente
impervia, in
quanto ogni mito
umano è in
ultima analisi
l'ultimo rifugio
della capacità
di
rappresentare,
da parte
dell'uomo, il
perchè della
propria
esistenza.
Ricostruendo su
piani superiori
quel rapporto
affettivo e
creativo di cui
è esso stesso un
anello. E' nella
natura umana
leggere il mondo
circostante,
dare ordine allo
stesso, creare
dei punti fermi
di relazione, e
tracciare la
propria
posizione
presente,
passata e
futura, in tale
rappresentazione.
La quale
comprende
elementi
sensibili, ma
non per questo
reali, ed
elementi
interpretativi e
speculativi.
La grande novità
rappresentata
dallo
gnosticismo è la
rottura di ogni
legame con la
manifestazione
stessa, non
riconoscendo ad
essa dignità di
essere stata
creata da parte
della vera
divinità, ma
bensì da una
potenza di
ordine
inferiore. Tale
intuizione porta
l’uomo ad essere
finalmente
arbitro del
proprio destino,
in lotta perenne
contro forze
titaniche che
altro non sono
che forme
particolari
della
manifestazione.
Che nella sua
integralità è
avversa ed
ostativa al
desiderio
gnostico di
ascesa.
Lo gnostico
credendo che la
creazione è
ingannevole, non
ha fede verso il
dio che l'ha
partorita. Esso
intuisce in se
una particola
elementare, che
lo ricollega ad
un piano
superiore,
precedente a
questa
manifestazione
sensibile, e
possiamo trovare
in ciò forti
richiami al
pensiero
cabalistico
delle origini,
che del resto è
stato fortemente
influenzato
dallo
gnosticismo, ad
una parte del
pensiero
platonico, e non
per ultima ad
una certa
metafisica
orientale.
Comprendiamo
quindi che lo
gnosticismo si
collega da un
lato in modo
trasversale
rispetto a
movimenti
religiosi-spirituali,
e dall'altro che
si pone in
quella
tradizione
metafisica che
tratta ciò che è
reale ed irreale
rispetto alla
capacità
dell'uomo di
realizzarsi
attraverso il
risveglio
interiore.
In tale ottica
ecco quindi che
la
manifestazione
eonica è un
costrutto, un
immaginario
utile a
raffigurare una
moltitudine di
psichichismi per
spiegare cosa è
l'uomo e quale
dovrebbe essere
il suo fine.
Il degradare
degli eoni, la
rottura della
divina sigizia
(la coppia
maschile/femminile
eonica), altro
non è che la
rappresentazione
simbolica, in un
racconto
mitologico, atta
da un lato a
rappresentare il
passaggio da un
mondo di
pienezza e
realtà, ad un
mondo di
frammentazione
ed irrealtà.
Il problema che
si trova innanzi
un lettore
moderno dello
gnosticismo, è
relato al fatto
che oggi siamo
abituati a
comunicare in
forma
enunciativa. La
parola ha perso
completamente
ogni valore
simbolico ed
evocativo,
risultando
incapace di
stimolare
l'immaginazione
del lettore. La
nostra lente di
lettura è piatta
e moderna, e
difficilmente
comprendiamo che
in epoche ed
ambiti diversi
dai nostri la
comunicazione
poteva avvenire
in altre forme e
modi.
Anche negli
ambienti in cui
si vorrebbe
parlare in
chiave
simbolica, a
causa della
pressante
dialettica si
tende a
confondere il
simbolo con
segno. Ritenendo
che il
significante sia
rappresentato
dal segno, e che
le informazioni
abbiano per
propria stessa
esistenza
automatica
capacità di
formazione.
Gli antichi
gnostici
scelsero come
mezzo espressivo
la forma
mitologica, essi
comunicavano
attraverso
immagini,
cercando di
conseguire vari
obiettivi.
Il primo
permetteva loro
di veicolare un
maggior numero
di informazioni.
Prendiamo ad
esempio
l'immagine di
una rosa, essa
per sua stessa
natura solletica
i sensi, e
attraverso i
sensi la nostra
capacità
associativa.
Quindi con una
sola immagine
non richiamiamo
colore, forma,
composizione,
periodo
dell'anno di
fioritura, e una
serie di
sensazioni
collegate ad
ognuno di questi
elementi.
Il secondo
offriva uno
scrigno
simbolico a chi
aveva la giusta
chiave
interpretativa.
Gli ambienti
iniziatici,
hanno spesso
elaborato una
sorta di
linguaggio
riservato che
non si fondava
su di una
semplice
crittografia del
segno, ma bensì
di una
crittografia del
senso. Pensiamo
all'ermetismo
dei testi
alchemici, che
pongono in
profondo
imbarazzo gli
stessi studiosi
di simbolismo o
di alchimia
moderna. Così
gli gnostici
attraverso
parole e frasi
di apparente
significato
lineare,
offrivano
diversi livelli
di lettura ai
propri fratelli.
Il terzo poneva
a disposizione
all'interno
della comunità
elementi
simbolici,
onirici,
atavici,
archetipali su
cui lavorare.
Tramite una
progressione
associativa del
profondo. Una
sorta di estasi
filosofica
tramite la
costruzione del
pensiero e il
suo radicarsi in
immagini, con
cui sprofondare
lentamente su di
un piano
profondo e
avulso dalle
logiche del
mondo sensibile.
Per lo gnostico
antico niente
esisteva tranne
il proprio
spazio intimo, o
laboratorio
interiore per
colui che
maggiormente è
abituato a tale
termine. In tale
ottica deve
quindi essere
trattata la
comunicazione
gnostica, ossia
una serie di
miti cosmici,
con cui
affrescare le
membrane
psichiche dello
gnostico, in
modo tale che
essi siano il
giusto alambicco
ove l'anima e lo
spirito possano
trovare giusta e
degna unzione
celeste.
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