Nostalgia Gnostica
di Filippo Goti
E' facile per il
lettore
esaltarsi nella
meraviglia, o
sprofondare
nello sconforto,
innanzi ai
raffinati miti
gnostici.Le
elaborate
teogonie, le
machiavelliche
cosmogonie, gli
oscuri nomi, gli
eoni infedeli,
le suicide
missioni
salvifiche, sono
gli ingredienti
comuni ad ogni
scuola e
comunità
gnostica,
realizzando così
un intricato,
quanto
raffinato,
ordito per mente
e anima.
All'estraneo, al
curioso,
potrebbe
sembrare che
nessuna di
queste
fratellanze
gnostiche
cristiane
avessero pace,
fino a quando
non si
differenziava
rispetto alle
altre per
qualche
peculiarità, per
un nuovo estroso
nome demoniaco,
o per qualche
particolare
mitologico. Vi è
però differenza
fra ciò che
appare
all'estraneo, e
la sostanza che
coglie l'adepto,
ed è proprio su
questo binomio (
apparenza
–sostanza) che
si fonda
l'intera
speculazione
gnostica
cristiana.
Prima di
proseguire nella
trattazione, è
però necessario
ricordare come
la comunicazione
gnostica non ha
mai avuto come
finalizzazione
l'universalità
umana, ma bensì
di trasmettere
all'interno
delle strette
fratellanze
nella luce, il
verbo, i
fondamentali,
della scuola.
Tale distinzione
ragionevolmente
ci porta a
considerare che
è l'uomo
moderno, il non
gnostico per
eccellenza, che
deve sforzarsi
di comprendere,
ciò che i
pneumatici
riservavano ai
loro simili, e
non stupirsi per
la presunta
incomunicabilità
di questi
ultimi, che
certamente non
volevano e non
potevano parlare
per colui che è
esterno al
cerchio.
Dobbiamo
costatare come
solitamente gli
studiosi, i
curiosi, gli
esterni in
generale, danno
lettura del mito
gnostico in
chiave
involutiva. Tale
chiave discende
dall'umana
tendenza di
ricercare ciò
che è fuori, e
non ciò che è
dentro, l'esatto
opposto
dell'azione
percettiva-cognitiva
gnostica, che si
muove
dall’esterno
verso l’interno.
La quiete del
Pleroma è rotta
dal desiderio di
un Eone ( Sophia
), che in virtù
della propria
colpa lunare,
crea un Dio
inferiore che a
sua volta plasma
altre potenze
psichiche, il
mondo, e l'uomo.
Nell'uomo è
prigioniera una
particola di
pneuma, che
anela a tornare
al mondo
celeste,
sfuggendo dalla
ferrea presa
degli Arconti.
Questo a grandi
linee, salvo
modifiche
formali, è il
tracciato del
mito gnostico
involutivo,
com’è stato
definito.
Purtroppo tale
lettura, o
meglio la
direzione della
stessa, non
corrisponde al
moto iniziale,
alla molla,
della
speculazione
gnostica. Essa
non è una
nevrotica
rappresentazione
della Creazione,
e della Genesi
della Creatura
per eccellenza
innanzi ad un
Dio prima di
Dio, ma bensì,
come mostreremo
a breve, una
risposta
intimistica, e
scevra
dall'onnipresente
fardello degli
dei, sul perché
pochi anelano a
non essere, a
liberarsi di
ogni umano
limite, di ogni
imposizione
posta dall’uomo
a se stesso.
Lo gnostico è
l'unità di
misura d’ogni
fenomeno, e ogni
fenomeno è
esterno allo
gnostico, in
tale prospettiva
intima è negata
ogni sostanza,
ogni
assolutezza,
ogni
immutabilità a
tutto ciò che lo
circonda. Lo
gnostico
intuisce (
attraverso i
doni divini,
conseguenti alla
propria naturale
condizione di
risveglio ), la
profonda
caducità della
creazione, il
vacillare della
mente nel
trovare
giustificazione
omnicomprensiva
a quanto la
circonda, la
persistente
insoddisfazione
che le cose di
questo mondo gli
procurano e, di
riflesso,
l'incapacità di
trovare nel
mondo ristoro
per l'anima.
Leggiamo:
<< L'anima erra
in un labirinto,
infelice, non
c'è via di
uscita davanti
al male.....
tenta di
sfuggire al caos
amaro, ma non sa
dove dirigersi
>> ( salmo
Naaseni )
L’anima gnostica
è racchiusa nel
corpo fisico, e
resa in catene
dalla percezione
dei sensi,
incapace di
trovare
soddisfazione,
appagamento, in
quanto la
circonda. Il
mondo esterno
assume forma di
intricato un
intricato
labirinto. Essa
non trova
linimento alcuno
al dolore, che
anzi è
amplificato
dalla
constatazione
che ad esso non
vi è uscita.
Questo salmo
Naaseno
rappresenta al
meglio l'origine
della
speculazione
gnostica, che
non è
riconducibile a
fenomeno
depressivo,
ammantato di
retorica o
aulico
fraseggio, ma
bensì attivo
interrogarsi su
di uno stato di
disagio, di
perenne
insoddisfazione,
d’intuizione che
vi è altro oltre
il fitto ordito
della realtà. Lo
gnostico
riconosce un
disagio intimo,
non dettato
dall’avere, ma
dall’essere, ed
ad esso vuole
dare risposta e
rimedio. Il
primo atto
dell'anima
gnostica è
rappresentato
dal
riconoscimento
di una prigione,
e dalla ricerca
di una via verso
la libertà. Non
è, infatti, il
primo atto di
colui che
desidera
evadere, quello
di rendersi
conto della
prigionia in cui
versa ? Questa
volontà di
trascendenza non
è forse ciò un
attivo relarsi ?
<< questo fuoco
è ingannevole,
poichè dà agli
uomini
un'illusione di
verità e li
imprigiona in
una dolcezza
tenebrosa >> (
tratto dal Libro
di Tommaso
l'atleta )
Una sorta di
profonda
malinconia
pervade tutto il
pensiero
gnostico, fino a
prendere la
forma della
nostalgia che
accompagna il
pneumatico lungo
il proprio
viatico terreno.
Se ogni aspetto
di questo mondo
è avvertito come
estraneo ed
alieno, è perché
lo gnostico
nella visione
che incarna, è
figlio di
un'altra terra,
di un reame
lontano, e si
trova per caso,
capriccio o
colpa,
proiettato in
una nazione
lontana dagli
usi
incomprensibili.
Attraverso i
sensi l'anima è
inebriata,
portata a
dimenticare una
condizione di
stato,
precedente a
questa in cui
adesso si
ritrova, ma che
persiste a
livello di
rimembranza.
Ecco che
individuiamo
nella nostalgia,
la radice di
ogni costruzione
mitologica
gnostica. E' la
nostalgia,
intesa sia come
profondo lamento
per ciò che fu,
sia come,
perenne,
richiamo verso
quella che sarà
definito il
Ritorno al
Pleroma.
<<1 Quand'ero un
piccolo
fanciullo
dimoravo nel mio
regno, nella
casa di mio
padre 2 lieto
della ricchezza
e del fasto dei
miei nutritori.
3 Dall'Oriente,
nostra casa, i
miei genitori mi
equipaggiarono e
mi
mandarono,....
(tratto
dall'Inno della
Perla)>>
Ritorno al
Pleroma, o casa
del Padre, è lo
Zenit del
percorso
gnostico, la
conclusione del
sentiero di
luce, e verso la
luce, che
l'anima deve
compiere,
guidata dalla
voce della
nostalgia,
potente Koan
interiore. La
nostalgia è la
creazione del
mito dal mito, o
per meglio dire
la germinazione
della mitologia
e cosmogonia
gnostica, dove
il Nadir è
rappresentato
dalla condizione
umana. Un mito
titanico, per
pochi eletti,
che dal basso
dalla prigionia,
cercano di
risollevarsi
verso ciò che è
perduto. E’
necessario
rilevare come
sia proprio la
nostalgia,
frutto della
considerazione
di ciò che si è,
e di ciò che si
prova a
divenire, la
pietra fondante
di tutto il
pensiero
gnostico, il
cardine attorno
cui tutto ruota.
E' nel dilemma
dell'uomo, nel
dramma di uno
spirito
incorruttibile
in un corpo
corruttibile che
si forgia il
pensiero
gnostico. Un
pensiero che si
articola nel
rapporto fra
uomo e uomo,
uomo e creazione
e uomo dio.
Lo gnostico non
trova risposte
nella Creazione,
nella ciclicità
del tempo, nel
deperimento
della materia,
alla propria
condizione. Egli
si pone domande,
cerca risposte,
che incarnano
uno spirito
antisociale,
anticomunitario,
in quanto non
vede nella
comunità, nel
sociale, negli
ideali, nella
religione,
soluzione al
lamento, termine
al movimento di
ricerca.
L'unica
soluzione ad un
universo feroce,
che divora la
vita per donarsi
la vita, è
volgere lo
sguardo
interiore verso
un Dio prima di
dio, estraneo al
dolore del
cosmo. Se
attorno all’uomo
vi è
disperazione, e
morte, ciò non
può essere
frutto del vero
Dio, ma di un
Demiurgo, di una
divinità
inferiore e di
maligna, che si
manifesta
nell'ordine
costituito,
nella catena
degli eventi.
Ecco quindi il
Dio oltre Dio:
Altissimo,
luminosissimo, e
assolutamente
incomprensibile
per l'uomo non
gnostico. Un Dio
così diverso e
lontano dal
carnale Dio del
mondo
monoteistico
giudaico,
circondato da un
Abisso di
Silenzio.
Come estremità
opposta lo
gnostico ha
un'idea infima
della materia e
della Creazione,
proprio in virtù
di quanto
esposto in
precedenza: la
non risposta che
essa fornisce al
dilemma umano.
L'indagare i
costrutti
gnostici attorno
a questo tema,
esulano
l'attuale
portata di
questo lavoro,
teso
esclusivamente
ad evidenziare
la molla che
tutto pone in
movimento: la
nostalgia.
<< Rifletto in
che modo questo
avvenuto. Chi mi
ha trasportato
in prigionia
lontano dal mio
luogo e dalla
mia dimora,
dalla casa dei
miei genitori
che mi hanno
allevato ? >> (
G 328)
L'anima gnostica
s’interroga sul
come e sul
perché è oggi
relegata in un
corpo. Ecco il
punto
fondamentale che
allontana ogni
ombra di
depressione
dall'universo
gnostico. Il
pneumatico si
pone delle
domande sulla
sofferenza che
attanaglia il
cuore, ed ad
essa cerca
risposta,
individuando una
via di uscita:
<< O quanto mi
rallegrerò
allora, io che
sono ora
afflitta e
paurosa
nell'abitazione
dei malvagi! O
quanto si
rallegrerà il
mio cuore fuori
delle opere che
ho fatto in
questo mondo!
Per quanto tempo
sarò vagabonda e
per quanto tempo
affonderò in
tutti i mondi?>>
(J 196)
L'anima gnostica
non si lascia
schiacciare dal
peso della vita
senza senso, ma
anzi individua
in essa un
momento di
purificazione,
per quanto
dolorosa
necessaria alla
risalita.
Constata lo
stato delle
cose, comprende
che deve darsi,
e mantenere al
contempo
coscienza di se.
<<Sono una vite,
una vite
solitaria che
sta nel mondo.
Non ho un
sublime
piantatore, non
ho un
coltivatore, non
un mite aiuto
che venga ad
istruirmi su
tutte le cose>>
(G.346)
L'anima gnostica
è sola, ma
questo non
l'abbatte, non
distrugge
l'anelito
salvifico.
Nessuna
indicazione
“diretta e
lineare” nella
creazione, della
via del ritorno,
ma ciò non le
impedisce di
essere una
pianta solare (
l'uva è un
frutto
cristico).
Apprendimento,
ecco la via di
uscita.
Attraverso il
porsi nel mondo,
nel trarre
esperienza da
ogni
accadimento, vi
è la risposta ad
ogni quesito. Se
manca
l’istruttore,
allora è lo
gnostico che si
istruisce.
I Sette mi hanno
oppressa e i
Dodici sono
diventati la mia
persecuzione. La
Prima Vita mi ha
dimenticato e la
Seconda non si
da pensiero di
me>> (J 62)
Oltre alle
considerazioni
che hanno
accompagnato il
nostro percorso
fino a questo
momento, non
possiamo
disconoscere
come emerga una
triplicità di
elementi, che
nelle loro
relazioni
determinano e
formano l'essere
gnostico: il suo
sentire.
Spirito,
Anima(gnostica)
e Creato, dove
la seconda
sostanza è posta
al centro,
dilaniata,
attratta,
dall'uno e
dall'altro polo.
Un polo
superiore che
avverte, che
intuisce, che
anela, e un polo
inferiore che la
invade, la
inebria tramite
il desiderio, i
sensi, i bisogni
della materia.
La nostalgia
gnostica perdura
per tutta la
vita, durante il
tragitto
infinito nel
labirinto dei
sensi, delle
ombre e luci
della mente...
Ad un passo
dalla follia, ad
un passo dalla
santità. In
quanto la gnosi
salvifica e
liberatoria non
è un tendere, è
un essere o non
essere, e fino a
quando non è
raggiunta
perdura lo stato
nostalgico, che
anzi tende a
dilaniare con
maggiore
violenza l'animo
dello gnostico
che più si
inerpica lungo
la via senza
ritorno.
Chi sono i sette
se non i le
pulsioni, i
desideri dei
sensi, e i
dodici non sono
forse la
ciclicità del
tempo attraverso
il ripetersi dei
giorni, dei mesi
e delle stagioni
? Tempo e
desideri ci
legano a questo
mondo.
Da questo
straziante
condizione di
essere e non
essere, da
questa amara
constatazione
sulla natura
umana, si
determina
la convinzione
nello gnostico,
di essere
diverso:
straniero, in
terra straniera.
Sulla nostalgia
gnostica, la
Mater del Mito,
incontriamo la
germinazione del
mito gnostico,
che oltre gli
Arconti, i
bisessuati, la
Sophia, la Zoe,
gli Eoni
Incorruttibili,
la Barbelo e il
Pleroma, trova
conclusione nel
ritorno, dopo
l'epica lotta
dei pochi, del
solo, contro la
moltitudine
delle cose
tutte. In un
titanico sforzo
di
ricomposizione
di ogni porzione
psicotica
dispersa, di
ogni brandello
di memoria, in
quel mosaico
chiamato Uomo,
in un anelito
sussurrato del
Dio prima di
Dio: dell'Uomo
prima dell'Uomo.
99 Chinai il
capo e adorai la
maestà del padre
mio che mi aveva
mandato:
100 io avevo
adempiuto i suoi
comandamenti ed
egli mantenne
quanto aveva
promesso
101 alla sua
porta mi
associai con i
suoi principi:
102 egli si
rallegrò di me e
mi accolse ed io
fui con lui, nel
suo regno,
103 mentre lo
lodava la voce
di tutti i suoi
servi.
104 Promise che
anche alla porta
del re dei re
sarei andato con
lui
105 con la mia
offerta e con la
perla mi sarei,
con lui,
presentato al
nostro re.
Sicuri che vi è
altro oltre i
sensi, la carne
e la mente, e
che vive in noi
attraverso il
ricordo di un
Ideale
Superiore.
Questa
reminescenza ci
anima, e ci
guida nella
follia di un
mondo che muore
ad ogni istante,
per poi
rinascere, come
un Dio cannibale
che si nutre dei
figli che ha
creato, per poi
crearne di
nuovi. Se questa
molla fa
difetto, se
questo ricordo è
assente, se
questa volontà è
un fuoco fatuo o
spento, allora
la nostra vita
non sarà altro
che un non
senso, che
un'occasione
sprecata, che un
servire da pasto
alla Luna vorace
e famelica. La
nostalgia non
come rammarico e
fuga, ma come
pallido ricordo
di ciò che fu, e
che può tornare
ad essere: peso
insostenibile
per alcuni, via
di redenzione
per altri.
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