La tradizione
religiosa vuole
che l'acronimo
tetragrammatico
posto sulla
Croce si traduca
con Gesù
Nazareno Re dei
Giudei. E’
sempre sulla
passione, morte
e resurrezione
che la
tradizione
religiosa fonda
il proprio
credo, che
unisce sacerdoti
e fedeli.
Questo
tetragramma, nel
corso dei
secoli, sia
divenuto
patrimonio
diffuso, e non
esclusivo, di
molteplici
comunità,
fratellanze, e
ordini
iniziatici e
magici . Essendo
impossibile
determinarne la
reale
interpretazione,
l'autentico
sviluppo di
queste quattro
(il quaternario)
lettere, in
virtù
dell'impiego
strumentale a
cui sono
soggette, è
forse utile
spendere alcune
riflessioni
sulle stesse.
In tutte le
epoche ermetisti
cristiani,
alchimisti,
rosacrociani,
liberi muratori
e tutto ciò che
si richiama al
cristianesimo
esoterico, si è
profuso in
molteplici
interpretazioni:
Igne Natura
Renovatur
Integra (Azoth =
A + Alpha e
Aleph, e poi
Zeta + Omega e
Thau)
Igne Nitrum
Roris Invenitur
Insignia Naturae
Ratio Illustrat
Jamaim, Nor,
Ruach, Jabashah
(estrazione
cabalistica)
Justitia Nunc
Reget Imperia
Ineffabile Nomen
Rerum Initium
Intra Nobis
Regnum Jehovah
Indefesso Nisu
Repellamus
Ignorantiam
Infinitas Natura
Ratioque
Immortalitas
Justum Necare
Reges Impios
Ignatii Nationum
Regumque
Inimici, (con
cui i Liberi
Muratori
"attaccano" i
Gesuiti di S.
Ignazio)
Come possiamo
notare l'enorme
varietà delle
"letture
esoteriche e
occulte" di INRI
non agevola il
ricercatore, se
non nei limiti
dell'appagamento
della propria
particolare
inflessione
operativa.
Inflessione
particolare che
porta a
considerare INRI
come "parola
sacra", "parola
di potere", o
"mantra"; e
quindi da
utilizzarla
durante pratiche
invocative o
evocative,
oppure
considerare INRI
un acronimo
legato ad
operatività
alchemica, ed
infine come
depositario di
una "verità"
alternativa a
quella
religiosa. Molto
dipende se si
decide di
contestualizzare
INRI al periodo
storico del
primo secolo
cristiano, o
traslarla
durante il
rinascimento
(periodo più
consono
all'alchimia),
oppure in epoca
moderna e
contemporanea
ove le quattro
lettere sono
associate a
pratiche di
mantralizzazione
(anche connesse
all'operatività
sessuale, su cui
non mi
dilungherò in
questa sede)
Ad aumentare la
varianza delle
interpretazioni,
è fatto però
osservare che
nella sintassi
latina,
tuttavia, si
vorrebbe che il
genitivo "dei
giudei" preceda
e non segua il
nominativo "re".
A quanto sopra
detto, inoltre
andrebbe
considerato che
non in tutte le
croci questo
acronimo è
riportato per in
modo lineare. In
alcune si trove
all'interno di
un quadrato o
rettangolo,
sviluppato nel
seguente modo:
E' inoltre
lecito e
doveroso
considerare come
le fonti
evangeliche non
sono concordi
attorno alla
dicitura posta
sulla sommità
della croce ( e
ciò potrebbe in
qualche modo
spiegare la
questione di
sintassi latina
)
Vediamole:
Matteo 27:37 Al
di sopra del suo
capo, posero la
motivazione
scritta della
sua condanna:
«Questi è Gesù,
il re dei
Giudei».
Marco 15:26 E
l'iscrizione con
il motivo della
condanna diceva:
Il re dei
Giudei.
Luca 23:38 C'era
anche una
scritta, sopra
il suo capo:
Questi è il re
dei Giudei.
Giovanni 19:19
Pilato compose
anche
l'iscrizione e
la fece porre
sulla croce; vi
era scritto:
«Gesù il
Nazareno, il re
dei Giudei».
Da cui deduciamo
quanto segue:
1. La frase più
prossima
all'acronimo è
quella
Giovannita.
2. L'acronimo è
una libera
riduzione della
frase
Giovannita.
Passando adesso
ad un secondo
livello di
approfondimento,
legato proprio
al Vangelo di
Giovanni
troviamo alcuni
informazioni di
notevole
interesse, che
se non danno
determinazione
autentica
all'acronimo,
possono però
aiutarci a
mettere a fuoco
il quadro ove
questo è
inserito.
Il Vangelo di
Giovanni pare
trovi "nascita"
nella comunità
di Efeso
(Provincia
romana, odierna
Turchia),
attorno al 100
d.c., ed è
quindi
improbabile che
sia stato
redatto dallo
stesso Giovanni.
Del resto è
scartata anche
la possibilità
che sia stato
Luca, il
discepolo di
Paolo. Potrebbe
quindi essere
espressione
autonoma ed
originale di una
comunità la cui
lingua era il
greco, e la cui
formazione
spirituale era
la filosofia
gentile
(platonica,
ermetica,
gnostica,
pitagorica
oppure una
miscela di
esse).
Faccio inoltre
notare che il
Vangelo di
Giovanni non è
corpo autonomo,
ma è raccolto
nelle LETTERE DI
GIOVANNI, fra
cui
l'Apocalisse.
Lasciando per un
attimo
l'Apocalisse e
il Vangelo di
Giovanni, è
interessante
appuntare come
gli Atti degli
Apostoli,
scritti
anch'essi da un
ellenista,
trattano la
città di Efeso:
Atti 18:24
Arrivò a Efeso
un Giudeo,
chiamato Apollo,
nativo di
Alessandria,
uomo colto,
versato nelle
Scritture.
Atti 18:25
Questi era stato
ammaestrato
nella via del
Signore e pieno
di fervore
parlava e
insegnava
esattamente ciò
che si riferiva
a Gesù, sebbene
conoscesse
soltanto il
battesimo di
Giovanni.
La "nuova
novella" non
sarebbe stata
portata ad Efeso
da un ebreo, e
neppure da
persona iniziata
nella cerchia
degli apostoli
(escludendo così
il retaggio
ebraico), ma da
un certo Apollo
( Espressione
Solare, del Sole
in Movimento ),
nativo di
Alessandria ( la
culla dello
Gnosticismo di
Valentino, che
da sempre
sostenne l'alternatività
fra l'antico e
il nuovo
testamento, e le
due nature fra
Cristo e Gesù ),
iniziato da
Giovanni (
Giovanni: fulcro
ed espressione
simbolica
dell'esoterismo
cristiano).
Tutto ciò è
indubbiamente
interessante, in
quanto fornisce
ancora una volta
un'interessante
traccia attorno
alle diverse
nature, e radici
che hanno
animato e ancora
oggi animano il
messaggio
cristico:
fornendo
invariabilmente
diverse chiavi
di lettura allo
stesso.
Continuando su
questa analisi,
tesa a suggerire
prossimi filoni
di
interrogazione e
di ricerca, è
giusto indicare
che il testo più
antico
pervenutici
dell'opera di
Giovanni, è
datato 125 d.c.
ed è chiamato
"P52", ovvero
Papiro 52. Le
misure del
frammento
pervenuteci sono
di cm. 8, 9 x 6
è conosciuto
anche come
Papiro Rylands
457, sicuramente
uno dei più
vecchi frammenti
di riguardante
il Nuovo
Testamento.
Ovviamente è
stato ritrovato
in Egitto ed è
in forma di
codice, e
contiene
Giovanni
18,31-33 e
18,37-38. Il
Vangelo di
Giovanni è
inserito anche
nel Papiro 66,
datato circa il
200 d.c.,
conosciuto come
papiro Bodmer
II, e nei Papiri
45 e 75 del 250,
e infine nel
Codex Sinaiticus
del 350.
Come possiamo
vedere torna
sempre
prepotente la
culla culturale
egizia, e
l'iniziazione
fuori dal gruppo
dei dodici
quando parliamo
del Vangelo di
Giovanni.
E' ancora
interessante
notare come il
primo
commentatore del
Vangelo di
Giovanni è stato
uno gnostico,
tale Eracleone,
il quale era
discepolo di
Valentino, che
ovviamente non
starò a dire che
era nativo di
Alessandria
d'Egitto, come
Apollo che portò
la buona novella
ad Efeso.
E' ancora
interessante
notare come
Eracletone
praticava
un'estrema
unzione per i
suoi discepoli,
utilizzando una
miscela di olio,
acqua e
balsamo.. e al
termine
un'invocazione
in lingua
sacra....
Osserviamo
l'Apocalisse di
Giovanni attorno
ad Efeso:
Apocalisse 1:11
Quello che vedi,
scrivilo in un
libro e mandalo
alle sette
Chiese: a Efeso,
a Smirne, a
Pèrgamo, a
Tiàtira, a
Sardi, a
Filadèlfia e a
Laodicèa.
Apocalisse 2:1
All'angelo della
Chiesa di Efeso
scrivi: Così
parla Colui che
tiene le sette
stelle nella sua
destra e cammina
in mezzo ai
sette candelabri
d'oro:
Pare che tutto
ha inizio da
Efeso, in qesta
triplice
preponderanza
del sette (sette
le Chiese, sette
le stelle, e
sette i
candelabri),
numero della
regola,
dell'incontro
fra divino e
umano, la cui
ricomposizione
geometrica dona
il cinque
(l'uomo
iniziato,
completo,
l'adepto al
mistero della
conoscenza)
Mi accorgo
adesso, in
conclusione, di
non aver parlato
di INRI; ma a
ben vedere forse
ne ho
abbondantemente
trattato. Questa
natura che
vogliamo
integrare,
rendere novella,
divina
magnificenza non
è quella del
mare, e neppure
del vento, e non
certo del fuoco
e della terra;
non appartiene
al quaternario
manifesto in
natura; bensì
alle acque
interne, al
soffio che
anima, al fuoco
che arde nel
cuore, e
all'atto che da
ciò si trae.
E' interessante
notare come tale
frammento lo
ritroviamo più o
meno eguale
nell'Apocrifo di
Giovanni;
evidenziando
quindi un legame
fra la corrente
barbelotiana
dello
gnosticismo, e
lo gnosticismo
di derivazione
di Simon Mago o
Simone di
Samaria.
A cui possiamo
dare identica
matrice, e
riscontrarne le
radici in ciò
che Giovanni, o
il gioannismo
rappresenta: il
sigillo e la
continuazione di
una tradizione
solare, che è
espressione
dello
zoroastrismo e
del mandeismo.
Antiche
religioni di
conoscenza, e
non di fede,
precedenti allo
stesso ebraismo;
ove la
conoscenza e non
la fede è
prossima non
solo ai
sacerdoti, ma
anche ai fedeli.
Antiochia, come
Efeso,
rappresenta
quindi una
particolare
matrice del
cristianesimo.
Un luogo ove la
filosofia
gentile, lo
zoroastrismo, e
il mandeismo (In
Siria si sono
soffermati i
mandei, nella
loro perenne
fuga dalle
persecuzioni che
hanno e
continuano a
subire nell'arco
di 2.000 anni)
si sono
incontrati.
Oppure (molto
più
realisticamente)
sono sempre
stati presenti
essendo essi
stessi
denominazioni
particolari e
parziali, di un
fenomeno
religioso
iniziatico più
antico.
Lo stesso
termine
cristiano e il
suo apparire
laddove esisteva
il fuoco di
Zoroastro e
l'acqua
iniziatica
Mandea e dove la
novella fu
portata non già
dagli apostoli,
ma bensì da
gnostici; lascia
intendere come
duemila anni fa
non tutto ciò
che sappiamo, e
soprattutto
assume forma di
verità, trova
collocazione nel
magistero e
nella docetica
della Chiesa
Pietrina.