"L'uomo è un
accampamento di
molti spiriti
diversi"
(Basilide)
1. Breve
biografia.
Basilide è
nativo di
Alessandria di
Egitto, dove ha
raggiunto la
massima
notorietà fra il
120 d.c. e il
140 d.c. in
corrispondenza
degli Imperatori
Adriano e
Antonio. E'
considerato uno
dei massimi
padri dello
Gnosticismo,
propriamente
detto ed
individuato come
fenomeno, e su
testimonianza di
Epifanio
sappiamo che la
sua dottrina,
compiuta, si
propagò in tutto
l'Egitto, e si
diffuse, tramite
i suoi
discepoli, nel
mondo ellenico
dell'Impero
Romano. Notizie
certe ed estese
sulla vita di
Basilide non vi
sono, eccetto
quelle derivanti
dagli scritti,
spesso
contrastanti,
dei primi
eresiologi.
Epifanio di
Salamina afferma
che Basilide fu
discepolo di
Menandro ad
Antiochia di
Siria,
suggerendone
quindi una
natalità siriana
e solo
successivamente
trasferendosi ad
Alessandria
d'Egitto fondò
una propria
scuola. Mentre
Eusebio e
Teodorete
sostengono che
la sua patria
fosse
Alessandria di
Egitto. Ancora
lo si vorrebbe
studente assieme
ad un certo
Galuco, che
professava di
essere stato
iniziato ai
misteri del
Cristo
direttamente da
San Pietro. Ciò
che sicuramente
sappiamo è che
ebbe un figlio
di nome Isidoro,
che continuò
l'insegnamento
paterno.
Pare, così come
Pitagora,
Basilide
imponesse ai
suoi discepoli
un voto di
raccoglimento e
di silenzio
dalla durata di
5 anni, la
polemica dei
primi padri
della Chiesa lo
vuole
suggeritore di
apostasia (
abbandono della
religione
cristiana, a
favore del
politeismo
tradizionale )
in un periodo di
persecuzione
religiosa, e non
vincolato a
particolari
obblighi
alimentari né
morali. Specie
per quanto
concerne queste
due "accuse" si
evidenzia il
forte retaggio
giudaico nella
Chiesa delle
Origini.
2. La dottrina
di Basilide in
Ireneo
La dottrina di
Basilide è
emanazionistica,
e presuppone
quindi che da un
Punto di Origine
Ineffabile e
Sconosciuto, dal
nome mistico di
Abraxas, (In
virtù di una non
chiarezza delle
fonti
pervenutaci,
altri vorrebbero
che Abraxas sia
il "duce"
supremo dei 365
cieli) sia nata
Nun o Nous
(Mente), da cui
ha preso
sostanza il
Logos (Verbo), a
seguire
Phronesis
(Prudenza).
Dalla prima
triade
manifesta, è
stata emanata
una coppia di
eoni Sophia
(Saggezza) e
Dynamis (Forza).
Da questi sono
poi stati
emanati le
Virtù, i
Principati, gli
Angeli Primi ( i
costruttori del
primo cielo ), e
successivamente
gli altri 365
cieli ( uno per
i giorni
dell'anno ). Gli
angeli
dell'ultimo
cielo, che
contiene la
manifestazione
tutta, si
divisero il
dominio ma fra
loro ve ne era
uno più forte di
tutti gli altri
e che
corrisponde al
Dio degli Ebrei.
Questo duce
volle
sottomettere
tutte le genti
del mondo, al
proprio potere e
al popolo a se
prediletto,
muovendo così
l'opposizione di
tutti gli altri
Domini, per
Basilide è per
questo che tutte
le altre genti
del mondo hanno
in odio gli
ebrei. il Padre
Ineffabile per
sanare la
situazione inviò
l'eone Nous
(Cristo) sulla
Terra. Compito
del Cristos era
quello di
liberare coloro
(gli gnostici)
che credevano in
lui, dal potere
di YHWH.
Basilide elaborò
una delle prime
forme di
docetismo (la
doppia natura di
Gesù Cristo),
asserendo che
esso non fu
messo in croce,
e non patì la
passione, che
invece fu
sopportata
da
Simone Cireneo.
Il
Cristo facendosi
beffa dei suoi
persecutori, e
degli angeli di
YHWH compiuta la
missione
redentrice fece
ritorno alla
dimora del
Padre. Secondo
questa
impostazione
sulla natura del
Cristo e della
missione da esso
svolta, coloro
che credono
nella passione e
nella morte in
Croce, sono essi
stessi servi del
di YHWH, e di
coloro che
racchiusero le
anime nei corpi
fisici, mentre
chi nega la
passione e la
morte in Croce
del Cristo
possiedi il
mistero della
Provvidenza del
vero Padre.
3. Dal Non
Essere
all'Essere
Se quanto sopra
è quanto
tramandatoci
della dottrina
di Basilide da
Ireneo, non
possiamo adesso
non proporre ciò
che Ippolito ne
riporta.
Evidenziando,
come altri, le
profonde
differenze che
emergono nel
racconto dei due
Padri della
Chiesa.
Ippolito
attorno alla
dottrina di
Basilide riporta
quanto segue:"
Ci fu un tempo
in cui nulla
esisteva, non la
sostanza, non la
forma, non
l'accidente, non
il semplice, non
il composto, non
l'inconoscibile,
non
l'invisibile,
non l'uomo, non
l'angelo, non
Dio, né alcuna
di quelle cose,
che sono
indicate con
nomi; e che sono
percepite sia
dalla mente, sia
dalle facoltà
sensitive; Iddio
non ente ( che
Aristotele
chiama pensiero
del pensiero, e
questi eretici
non Ente ) senza
riflessione,
senza
percezione,
senza proposito,
senza programma,
senza passione,
senza cupidigia,
volle creare il
mondo. Dico
volle, tanto per
esprimermi;
perchè non aveva
volontà, né
idee, né
percezioni; e
per mondo, non
intendo quello
attuale, sorto
per estensione e
scissione, bensì
il seme del
mondo. Il seme
del mondo,
comprendeva in
sè, come il
grano di senapa,
tutte le cose,
sorte poi per
evoluzione, come
le radici, i
rami, le foglie,
sorgono dal
grano della
pianta. Era
questo il seme
che racchiude in
sè i semi
universali, e
che Aristotele
indica come il
genere suddiviso
in infinite
specie............"
Basile spiega il
passare dal Non
Essere
Primordiale,
all'Essere della
manifestazione,
attraverso la
lenta
germinazione del
seme. Una
germinazione
causata dalla
triplice natura
del seme
universale,
consunstanziale
al Padre
Ineffabile.
Questo seme
aveva una
filiazione
sottile che
appena maturata
salì
immediatamente
al Non Ente.
Un'altra
filiazione era
composta, e per
questo impura,
tentò di salire
al Non Ente ma
non vi riuscì
cone le sole
forze che le
erano proprie.
Essa maturò ed
armandosi di
Spirito Santo,
come di ali,
salì al Non
Ente, ma a
questo punto lo
Spirito Santo
non
consunstanziale
al Padre ne
rimase escluso,
sospeso fra il
mondo inferiore,
e la soglia
paterna. La
terza filiazione
era invece
grossolana e
bisognosa di
purificazione e
rettificazione,
rimase quindi
dispersa fra i
germi cosmici
generici.
Durante un
numero infinito
di Eoni, il
firmamento (
impregnato dallo
Spirito Santo )
si squarciò
dando vita al
Grande Arconte,
il Dio degli
Ebrei, che per
un numero
imprecisato di
cicli cosmici
rimase in
solitudine, fino
a dimenticare la
radice della
propria
esistenza,
credendosi
l'Unico Supremo
fra gli Esseri.
Il Demiurgo
plasmando gli
elementi che lo
circondavano
creò la
manifestazione,
che raccoglie la
Natura e l'Uomo,
e tutti i cieli
che sono
compresi fra la
terra e la
soglia divina.
Sempre dalla
terza
figliolanza, il
Demiurgo plasma
il primo
Arconte, e lo
pone su di un
trono, da questi
si generò un
altro figlio, e
via a seguire.
Quando però la
terza filiazione
arse dal
desiderio di
ricongiungersi
al Non Ente,
ecco che il
Vangelo discese
nel mondo,
pervadendo tutti
i principati, le
dominazioni, le
potenze, e i
nomi di tutte le
cose. Come un
fuoco che arde
ed illumina, dal
figlio del
Demiurgo, giunse
la narrazione al
Demiurgo che
scoprì quindi di
non essere il
Dio Unico che
aveva proferito
a Mosè:" Ego
Deus Abraham et
Isaac et Jacob
et nomen Dei non
indicavi eis ".
Il nome del
Primo figlio era
Cristo, che
insegnò al Padre
Demiurgo i
misteri oltre la
Soglia, così
come egli li
aveva appresi
tramite la
narrazione che
dalla prima
figliolanza, si
era trasmessa
alla seconda, e
dalla seconda
alla terza in un
movimento di
ritorno della
Gnosi dall'alto
verso il basso,
per compiere
così l'ascesa
dal basso verso
l'alto... Come
un moto di
pressione sempre
maggiore.
Una redenzione
che avviene
tramite la Luce
che scende
dall'alto, e il
timore che si
insinua nel
basso per il
proprio peccato
di Orgoglio e
Ignoranza, e
avrà termine
solamente quando
tutte le
scintille
saranno
ricongiunte al
Padre oltre la
Soglia, in modo
che non esista
più altro oltre
la stessa.
4. I due Sistemi
e una possibile
spiegazione.
Quanto sopra
indicato nei
paragrafi 3 e 4,
la narrazione
del sistema
basilidiano da
parte di Ireneo
ed Ippolito,
indubbiamente
due sistemi
difficilmente
compatibili:
abbiamo visto
Ireneo mostra un
Basilide
dualista e
docetista,
mentre Ippolito
tratteggia un
Basilide
Panteista.
Seppur riportati
a grandi linee,
lasciando ad
altre fonte
maggior
dettaglio,
questi sistemi
sono fra loro
difficilmente
conciliabili,
sia per quanto
concerne il moto
di emanazione,
che quello di
ricomposizione,
oltre al
rapporto che
lega il Demiurgo
o Dio degli
Ebrei alla
manifestazione.
Notiamo come il
racconto di
Ippolito , sia
più ampio e
dettagliato di
Ireneo, ad
indicare che i
due polemisti
hanno attinto da
fonti diversi, e
la ragionevole
spiegazione a
tali differenze
è che in realtà
i due padri
della Chiesa
narrano di due
sistemi diversi
afferenti l'uno
a Basilide e
l'altro ad un
suo allievo, o
conoscitore di
Basilide ma di
formazione
aristotelica.
Ad essi si
aggiunge
Clemente
Alessandrino,
che cerca di
tracciare la
valenza etica
del sistema di
Basilide. Per
questo maestro
la fede, e
il suo strumento
la preghiera,
erano fondamento
della salvezza;
ma la vera fede
non era cieca
sottomissione
dell'intelletto,
ma anzi una
rivelazione
superiore insita
in alcune anime,
e giunta loro
prima
dell'unione con
il corpo fisico.
E' l'arrivo del
Salvatore e
della Narrazione
che innesca
questa forza
latente, quasi
dimentica, e
mette in moto il
processo di
salvezza. Cosè
come la fede
anche il peccato
era insito
nell'uomo, e non
era dovuto tanto
all'uso o abuso
del libero
arbitrio quanto
piuttosto alla
sua originale
preesistenza
frutto del
movimento
emanativo che
dalle sfere
spirituali, si
era protratto
fino a quelle
grossolane.
I Padri della
Chiesa narrano
come i
basilidiani
fossero
licenziosi nei
costumi,
depravati
moralmente, e
scandalosi
intellettualmente,
in virtù della
loro convinzione
che sussisteva
una preesistenza
e persistenza
della
rivelazione
redentrice in
pochi, e che
quindi essa
fosse disgiunta
da ogni condotta
morale o
socialmente
accettabile.
5. Conclusioni
Ciò che a mio
avviso emerge
con estremo
interesse,
specie dal
racconto di
Ireneo, è
l'esistenza di
una forte
polemica verso
la religione,
l'etica, la
cultura, e il
concetto del
divino propria
del mondo
ebraico, già
duemila anni fa.
Tale
impostazione,
del resto
speculare al
sentimento che i
tradizionalisti
ebrei
riservavano ai
gentili e ai
cristiani, sarà
poi ripresa ed
accentuata sia
in Valentino che
in Marcione,
come in altri
gnostici e
cristiani
eterodossi,
mentre rimarrà
fino ad oggi un
nodo insoluto,
con rigurgiti
spesso violenti,
nella tradizione
giudaico-cattolica.
Con ogni
evidenza e
logica
constatazione,
siamo innanzi a
due diversi
modi, e non sono
certi esaustivi,
del modo di
percepire il
rapporto fra
Creatura e
Creatore, reale
ed irreale,
oltre ovviamente
a ruotare
attorno a
concetti quali
l'Antropoformismo
del divino, e i
binomi
fede-conoscenza
e bene-male.
Posso solamente
evidenziare,
lasciando ad
altri ulteriori
osservazioni
religiose e
sociali, come lo
gnosticismo
prima del
cattolicesimo
avesse una
chiaramente
formata non solo
una teologia, ma
anche una
completa
metafisica
dell'Essere.
Inserendosi a
pieno titolo in
un solco
tradizionale
attorno alla
dialettica che
lega l'Essere e
il Non Essere,
il reale e
l'irreale.